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 2025  maggio 05 Lunedì calendario

Musei e biblioteche finanziati con 160 mln (solo che non esistono)

Sono arrivati altri 6,5 milioni per il Museo Nazionale della Resistenza di Milano, in piazza Baiamonti: confermati, con ottimo tempismo mediatico, dal ministro Alessandro Giuli il 25 aprile 2025. “È nostro dovere garantire che la memoria di quel periodo resti viva, come da impegno assunto dal mio predecessore”. Fondi che portano il costo totale del Museo (per ora) a 24,5 milioni di euro. Qualche chilometro più in là, a Porta Vittoria, c’è il cantiere della Beic, la biblioteca europea di arte e cultura, gigante da 130 milioni di euro, la cui gara, secondo i pm milanesi, fu truccata. Gemelli diversi, Beic e Museo della Resistenza, che dopo anni dall’avvio del cantiere e dalla progettazione – dovevano essere pronti nel 2025 – non solo vedono un cantiere ancora alle fondazioni, ma non sanno ancora come riempire l’edificio una volta in piedi.
Il Museo Nazionale della Resistenza è nato con corposo finanziamento nel 2019, ma la gara da 18 milioni di euro bandita nel 2022 non comprendeva un solo euro per fare un Museo: i fondi erano tutti, interamente, per il palazzo che avrebbe dovuto contenerlo, cioè la seconda piramide di Herzog&Meuron a Porta Volta, progetto contestatissimo ma “blindato” dall’allora ministro Dario Franceschini, insieme al sindaco Sala, proprio grazie al Museo Nazionale della Resistenza.
Lavori rallentati per una battaglia a difesa dello storico glicine di piazza Baiamonti, poi via al cantiere. Un micromuseo, come già raccontato dal Fatto: 1.012 mq (un quarto del museo dell’Ara Pacis a Roma), suddiviso in spazi modulari da 13,5 mq ciascuno. Pochi cimeli e per il resto schermi e video: una gara per la progettazione esecutiva multimediale è stata pubblicata dalla direzione regionale musei a marzo, ma la documentazione online non è più accessibile. Un piano del Museo dovrebbe essere dedicato a contenere un archivio: la struttura, è stato dichiarato, dovrebbe ospitare il centro di documentazione dell’archivio Ferruccio Parri, ma l’archivio Parri, che ha recentemente trovato spazio per intero nella rinnovata Casa della Memoria (aperta nel 2015), lì non ci sta. Quindi si dovrebbe spezzare in due. Tra due istituzioni, perché il Museo, nonostante sia “nazionale”, dovrebbe essere gestito da una fondazione. Il condizionale è d’obbligo, dopo sei anni: non esiste e ancora si tratta su chi dovrebbe farne parte e chi meno.
Esiste eccome, invece, una fondazione per la Beic: dal 2003, nonostante la biblioteca che le dà il nome non ci sia. Perché il progetto della biblioteca è del 1999: le mire immobiliari dei primi anni 2000 sono finite, ma dopo anni di silenzio la Beic è stata rivitalizzata nel 2021 con 101 milioni di fondi del Piano nazionale complementare del Pnrr. Via ai cantieri, poi un’indagine per turbativa d’asta e falso sugli architetti Boeri e Zucchi riguardo alla scelta del progetto vincente. Ora la Beic vive il rischio di un ennesimo stop: impossibile rispettare i tempi previsti, il ministero ha concesso una proroga di due anni (così come per tutti i 14 “grandi attrattori culturali” pensati da Dario Franceschini) e tolto 10 milioni al progetto, che dovrebbero tornare nel 2028. Ma forse non a tutti dispiace il ritardo: a quanto risulta al Fatto non esiste un progetto esecutivo su cosa fare dei 30 mila mq. Dovrebbe diventare la nuova biblioteca centrale di Milano, svuotando la Sormani, che però è molto più… centrale. E poi c’è il nodo fondazione: essendo la Beic, dal 2003, gestita (in potenza) da un soggetto pubblico-privato, spostare le collezioni bibliotecarie comunali lì dentro non sarebbe semplice. “Locale e internazionale, fisico e virtuale, memoria e futuro, persona e comunità sono intrecci attorno ai quali si andrà a definire il valore del progetto”, dice il presidente della fondazione Beic Giovanni Fosti, bocconiano, ex presidente di Cariplo (succeduto a Francesco Paolo Tronca). Fonti ben informate però raccontano una grande confusione, tra Comune e Fondazione, per dare un senso pratico a un edificio, nella prima periferia, che per ora si giustifica prendendo volumi all’attuale biblioteca centrale.
Va pure peggio, va detto, al Museo Nazionale dell’Arte Digitale, che esiste, sulla carta, dal 2021: ha un direttore da allora, un finanziamento di 6 milioni di euro, ma non ha una sede. Perché si era deciso di metterlo dentro l’Albergo Diurno a Porta Venezia, gioiello liberty (di proprietà del Comune) bisognoso di restauro e inagibile. Per ora, nel 2024, sono partiti solo alcuni bandi di consulenza. Poi il museo “fantasma” è stato accorpato (sulla carta) a Brera. Tante idee e milioni, musei pochi.