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 2025  maggio 05 Lunedì calendario

La supercazzola del Ponte come opera militare strategica

Non sapendo più cosa inventarsi per giustificare il Ponte sullo Stretto, l’opera pubblica più costosa e rischiosa mai realizzata, il governo la dichiara necessaria per “Imperative Reasons of Overriding Pubblic interest” (IROPI, cioè per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico). Dimostrare all’Unione europea che questo interesse sussista è indispensabile dopo che la Commissione VIA, all’interno del parere formalmente positivo con prescrizioni, dichiara però che esiste un impatto ambientale certo sulle aree dello Stretto vincolate a livello comunitario.
La relazione IROPI ripropone le tesi già espresse sulla necessità del Ponte, dal rilancio dell’economia del territorio alla strategicità trasportista, spesso supportate da numeri virtuali ampiamente contestati e contro-dedotti. Avanza poi la tesi della necessità strategica del Ponte per “motivi inerenti alla difesa del territorio nazionale ed europeo”. Per la verità nel decreto legge 23/2023 (con cui il governo Meloni ha rilanciato il progetto e con esso la società che lo sostiene e il sistema d’interessi che vorrebbe realizzarlo) si afferma che il Ponte è “infrastruttura fondamentale” per la “mobilità militare tenuto conto delle presenza di importanti basi Nato nell’Italia meridionale”; cosa ben diversa, però, è trasformare questa dichiarazione politica in un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico.
La questione dell’interesse militare del Ponte era stata accennata negli anni 80 ma accantonata grazie anche ad una puntuale presa di posizione del periodico Rivista Militare, numero di agosto-settembre 1987. Con un articolo a firma del generale di corpo d’armata Gualtiero Corsini si dimostrava come il cosiddetto “coefficiente D” dell’opera, cioè il coefficiente di “Difesa” cioè di sicurezza e difendibilità, fosse sostanzialmente nullo. Scrive il generale Corsini: “L’opera sarebbe esposta ad ogni tipo di offesa condotta con vettori navali, aerei e missilistici, divenendo punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non comparabile – sotto questo aspetto – con alcun altro obiettivo oggi esistente nel territorio nazionale”, argomenta poi perché sotto il profilo miliare questa sarebbe “la soluzione meno valida per l’attraversamento stabile dello Stretto”. Argomentazioni oggi ancor più valide date le nuove tecnologie militari.
Secondo la relazione IROPI il Ponte oggi, invece, “potrebbe contribuire al elevare notevolmente i livelli di efficienza ed efficacia dei processi organizzativi e funzionali” connessi alla sicurezza soprattutto in relazione al “Military Mobility Action Plan per rafforzare la capacità di spostamento rapido delle truppe all’interno del Continente”. A quanto pare, però, neanche chi scrive ne è convinto, come dimostra l’uso di un pudico condizionale (“potrebbe contribuire”) al posto di affermazione precise che i motivi imperativi d’interesse pubblico richiederebbero. L’uso del condizionale è così reiterato: il Ponte “potrebbe facilitare la logistica e i movimenti di supporto per le operazioni NATO”, “potrebbe consentire una più celere risposta alle crisi”. Un crescendo di condizionali che conduce ad un’unica domanda: ma la NATO ha mai discusso di tutto ciò?
Volendo mettere da parte ogni facile ironia – e qui la definizione di “supercazzola” sembra cucita su misura – si deve ritenere che un’opera militare strategica di imperativo interesse pubblico sia stata lungamente discussa dagli apparati militari. A differenza di altre opere d’interesse militare di minor costo e problematicità, come ad esempio la base di San Rossore a Pisa approvata con lo stesso decreto legge del Ponte, di questo dibattito non esiste traccia.
Volendo ritenere che le preoccupazioni del generale Corsini siano oggi superabili, dovremmo immaginare che il progetto Ponte preveda come resiste ad eventuali attacchi: nelle relazioni tecniche, però, non c’è una parola su come torri e impalcato resisterebbero a missili, sabotaggi ecc., né sulle misure di prevenzione e difesa. E ancora, quando mai s’è vista un’opera strategica militare dove i miliari non hanno alcun ruolo nella progettazione, nell’esecuzione e gestione? Sarebbe utile che il ministro della Difesa Crosetto spieghi lui la strategicità dell’opera.
Negli ultimi mesi abbiamo visto quanta fatica facciamo come Unione europea sul tema di una strategia militare comune. A differenza di altri temi le questioni militari sono, infatti, rimesse all’autonomia dei singoli Stati, fatti salvi gli obblighi Nato (che sono ben altra cosa rispetto a quelli comunitari). La carta che il governo Meloni, dunque, prova a giocare è quella di far rientrare il Ponte come un tema su cui l’Ue non avrebbe titolo per pronunciarsi per bypassare procedure e normative.
Anche qui, però, il condizionale resta d’obbligo, perché in realtà l’IROPI richiama esplicitamente un contesto di difesa europeo e l’Unione europea potrebbe non concordare con la lettura italiana, contestandola: a Bruxelles potrebbero avere difficoltà a tradurre il concetto di supercazzola