Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  maggio 04 Domenica calendario

La misura del Pil? Va aggiornata

La statistica non è una scienza esatta in senso stretto, si dice. Mancasse una prova, basti vedere le correzioni all’andamento del prodotto interno lordo, che l’Istat è costretto ad applicare a distanza di tempo. Sono revisioni al rialzo con dati che, se fossero stati resi noti subito, avrebbero mostrato una salute del Paese probabilmente migliore. Non succede solo in Italia. Perché? Perché al calcolo del Pil sfugge parte del terziario.
I servizi sarebbero sottostimati. Gli strumenti di misurazione della ricchezza sembrano insufficienti per un’economia più immateriale. Lo sostiene Ferruccio de Bortoli che sull’Economia del Corriere della Sera, in edicola domani con il quotidiano, analizza il fenomeno, raccontato in uno studio di Innocenzo Cipolletta e Sergio De Nardis sul 2005-2023. Si chiede de Bortoli: «Siamo in grado di racchiudere tutti i cambiamenti intervenuti nel modo di produrre e di scambiare beni e servizi, il cui valore è sempre più intangibile?». O «siamo ancora troppo condizionati dall’inerzia di un mondo materiale, concentrato più sui mondi della produzione e del consumo (la fabbrica e la famiglia) e meno sui soggetti individuali?».
Dove i consumi individuali sono quelli online, e la fabbrica è spesso superata, per valore aggiunto, dai servizi. Un esempio è la revisione straordinaria dei conti economici, «avvenuta lo scorso settembre, da parte dell’Istat e in sintonia con l’Eurostat». «Il livello del Pil – scrive de Bortoli —, a prezzi correnti, è stato corretto per il 2021 al rialzo dell’1,1%. La revisione è stata ampliata, per il 2023, al 2%. Con una diminuzione, di colpo, dei rapporti di deficit e debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo». Se l’economia cambia, insomma, gli strumenti che la misurano dovrebbero seguire.