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 2025  maggio 04 Domenica calendario

Proporzionale e premio, sulla legge elettorale FdI accelera e sonda il Pd

Sottotraccia, il cantiere è avviatissimo. La nuova legge elettorale è in incubazione, anche se alla scadenza naturale della legislatura in teoria mancano due anni e mezzo (ma FdI vuole anticipare almeno alla primavera del 2027, forse prima). Persino qualche esponente del Pd è stato sondato dai big della fiamma in questi giorni, prima del ponte del primo maggio, per capire informalmente come verrebbe accolto il pacchetto che ha cominciato a confezionare il centrodestra. E che ha già diversi punti fermi. Il primo: via i collegi uninominali, anche per evitare che l’opposizione metta a punto un gioco d’incastri con desistenze mirate sui territori, in caso di alleanze scombinate a livello nazionale. Secondo: la legge sarà proporzionale, con un premio di maggioranza alla coalizione, che scatterà una volta superata una soglia ancora da fissare con precisione, ma che secondo le ipotesi formulate da FdI sarebbe intorno al 40-42%. Scavallato quel tetto, il raggruppamento in testa si accaparrerebbe il 55% dei seggi di Camera e Senato. Terzo: le coalizioni dovranno indicare il candidato premier sulla scheda, opzione voluta dai meloniani, perché si avvicinerebbe all’idea di premierato parcheggiato da dieci mesi a Montecitorio e che nei piani di via della Scrofa ormai dovrebbe diventare realtà con un referendum confermativo dopo le Politiche, non prima.
Quest’ultima opzione ha già mandato in fibrillazione un pezzo dei dem. E pure dei 5 Stelle, che de relato sono stati messi a parte delle manovre a destra. Il motivo è chiaro (e sarebbe ingenuo pensare che la maggioranza non ne avesse contezza): per l’opposizione non sarà facilissimo trovare prima del voto un nome da piazzare sulla scheda e che vada bene per tutti, dalla gamba centrista ai 5 Stelle di Giuseppe Conte, che al sogno di tornare a Palazzo Chigi pubblicamente non ha mai rinunciato.
Anche a destra lo schema non piace proprio a tutti. La Lega, raccontano diverse fonti che seguono il dossier, ha espresso riserve per l’abolizione degli uninominali. Anche perché proprio grazie a quella formula alle Politiche del ‘22 si è ritrovata con quasi cento parlamentari con l’8,9% dei voti. Per il Carroccio sta seguendo la pratica il ministro Roberto Calderoli. Tra i “Fratelli”, la regia è affidata all’uomo-macchina di Meloni nel partito, Giovanni Donzelli, in coordinamento con il sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari. È il duo che sta materialmente approntando la legge, molto più della ministra delle Riforme, la forzista Elisabetta Casellati.
Il testo non è chiuso, ma l’accelerazione c’è. Vanno limati alcuni passaggi. Non è ancora chiaro quale sarà la soglia di sbarramento: all’inizio era stata ipotizzata molto bassa, al 2%, sotto il 3 previsto oggi. Da destra dicevano sottovoce: è una mano tesa ad Azione, che rimane pervicacemente in mezzo ai poli. Ma altre fonti raccontano che quell’ipotesi è stata superata. Ora si parlerebbe del 3% per i partiti coalizzati, del 5% per chi corre in solitaria. Anche il tetto per far scattare il premio di maggioranza va ancora definito (nella Lega c’è chi lo vorrebbe più alto del 40, per scongiurare eventuali tentazioni di strappo da parte di FdI). E se nessuno supera la soglia? I seggi di Palazzo Madama e Montecitorio verrebbero ripartiti con il proporzionale puro. Un limite d’altronde va fissato e non può essere risicato, per osservare i dettami della Consulta, che cassò il famigerato Porcellum proprio per gli effetti distorsivi di un premio attribuito senza soglia. Non si parla al momento di ballottaggi, bocciati sempre dalla Corte con l’Italicum. Il secondo turno la destra vuole riformarlo per i Comuni, eliminandolo per chi raggiunge proprio il 40%: martedì in Senato parte l’esame del ddl sugli amministratori.
C’è poi un aspetto che interessa meno ai leader e molto di più ai peones: come verrebbero eletti i parlamentari? Scartata l’idea delle preferenze per tutti, si sta ragionando su un paio di opzioni. Mini-collegi, come accadeva per le vecchie province. O preferenze sì, ma con i capolista bloccati, per evitare troppe sorprese.