La Stampa, 4 maggio 2025
Il ritiro dell’oracolo
L’Oracolo di Omaha ha deciso di andare in pensione. Dopo sei decenni di investimenti Warren Buffett a 94 anni ha deciso di lasciare Berkshire Hathaway, passando il testimone a Greg Abel. Il leggendario investitore statunitense, considerato uno dei pochi al mondo capace di battere in modo sistematico il mercato mondiale, ha scelto di annunciare il suo ritorno a vita privata al termine dell’assemblea degli azionisti della società. Senza troppi giri di parole. Quelli li aveva utilizzati poco prima, parlando della precaria situazione commerciale globale. E lo ha fatto ricordando al presidente Donald Trump che «non si può usare il commercio come un’arma». Parole che dovranno essere prese come base di partenza per una Casa Bianca che sta stravolgendo il panorama internazionale. Ma c’è un altro dato che conferma la situazione odierna. Per il decimo trimestre di fila si è deciso di vendere parte dei pacchetti azionari di Berkshire Hathaway, che ora ha quasi 350 miliardi di dollari in liquidità. In attesa di nuova calma sui mercati, in attesa di nuove opportunità.
Buffett non ha mai avuto fretta. Nell’universo nervoso e ipercinetico della finanza, dove le carriere si consumano nel tempo di una crisi di fiducia come fu per Lehman Brothers e le fortune cambiano al ritmo di un tweet presidenziale, lui ha incarnato una calma quasi geologica. Mentre le bolle crescevano e scoppiavano – dalla crisi petrolifera alle criptovalute, passando per i mutui suprime – Buffett continuava a guardare i fondamentali, ad ascoltare i bilanci, a misurare il valore come un sarto un abito: lentamente, con attenzione, e sempre con uno scopo.
Nato il 30 agosto 1930 a Omaha, Nebraska, Buffett ha iniziato la sua carriera da investitore con una filosofia radicale nella sua semplicità: comprare aziende sottovalutate, con un vantaggio competitivo duraturo e tenerle in portafoglio. La sua Bibbia era The Intelligent Investor di Benjamin Graham, e Berkshire Hathaway il tempio costruito per metterne in pratica i principi. Ma se Graham era l’autore del testo sacro, Buffett è stato il profeta che ha trasformato l’insegnamento in azione.
Il caso più famoso – e forse più fortunato – della carriera di Buffett fu l’acquisto di Coca-Cola tra il 1988 e il 1989, in pieno aftermath del crash del 1987. Berkshire comprò il 6,3% della compagnia per circa 1 miliardo di dollari. A oggi, quella partecipazione vale oltre 25 miliardi di dollari, e continua a generare dividendi annui per centinaia di milioni. Ma non è stato un colpo isolato. American Express, acquistata per la prima volta negli anni ’60 dopo uno scandalo alimentare che aveva affondato il titolo, fu un altro esempio di come Buffett comprasse non quando i titoli erano amati, ma quando erano abbandonati. Poi c’è Apple. Tra il 2016 e il 2018, Buffett ha costruito una posizione che oggi rappresenta circa il 40% del portafoglio azionario di Berkshire Hathaway, con un valore che supera i 150 miliardi di dollari. Nonostante la sua proverbiale avversione per le aziende tecnologiche, Buffett riconobbe in Apple non solo un titolo tech, ma un’azienda di consumo con un ecosistema chiuso, margini elevatissimi e una fedeltà dei clienti quasi religiosa. Il risultato? Dal 1965 al 2024, le azioni di classe A di Berkshire Hathaway sono passate da circa 19 dollari a oltre 600.000. Oggi sono a ridosso degli 810 mila dollari. Una crescita annua composita superiore al 19%.
La filosofia di Buffett è stata messa alla prova in ogni crisi finanziaria dell’ultimo mezzo secolo. Durante quella del 2008, Berkshire fu uno dei pochi investitori in grado di giocare in attacco. Acquistò azioni privilegiate di Goldman Sachs per 5 miliardi di dollari, con un rendimento del 10% annuo e warrant per acquistare azioni ordinarie a un prezzo fisso. Ne uscì con un guadagno netto di oltre 3 miliardi. Tuttavia, ci fu anche un momento difficile, ma perché inatteso. Nel 2020, la pandemia di Covid-19 lo colse alla sprovvista. Berkshire liquidò tutte le sue posizioni nelle grandi compagnie aeree statunitensi (Delta, Southwest, United e American Airlines), perdendo centinaia di milioni. Un gesto che in molti osservatori giudicarono impulsivo e che Buffett stesso definì «un errore» solo più tardi. Ma ogni medaglia, oltre a una croce, ha anche una testa. Quello pandemico fu anche il periodo in cui consolidò la posizione in Apple e si rafforzò in titoli industriali come Chevron e Occidental Petroleum, anticipando il ritorno dell’energia tradizionale dopo l’inflazione del 2021-22.
La sua ultima battaglia al timone di Berkshire non è ancora arrivata, dato che lascerà il comando alla fine dell’anno. Ma la direttrice è chiara. Quest’anno, mentre gli Stati Uniti alzavano nuovi dazi contro la Cina sotto la guida di Trump e del suo consigliere Peter Navarro, Buffett è tornato a difendere il commercio globale. In un’intervista concessa alla Cnbc, ha dichiarato: «Le barriere commerciali sono tasse sulla crescita. Se chiudi le porte, prima o poi resterai chiuso dentro».
Buffett non si è mai iscritto al partito dei globalisti senza riserve. No, secondo lui i benefici degli scambi internazionali senza vincoli dovevano essere redistribuiti meglio, e chi perdeva a causa delle globalizzazione avrebbe dovuto essere più protetto di altri. Ma la sua più grande lezione – al di là dei crypto boys che tanto piacciono a Trump – è quella che ancora ieri ha spiegato dalla CHI Health Center Arena di Omaha. Vale a dire che «il migliore modo per investire è scegliere aziende fantastiche e non guardare le notizie tutti i giorni». Un monito che, nell’epoca dei lanci di Trump su Truth capaci di indirizzare Wall Street in un battito di ciglia, non può essere dimenticato.