Il Messaggero, 4 maggio 2025
Difesa sottomarina, licenza di sparare su chi minaccia cavi e gasdotti: ecco il Ddl. Nuove regole d’ingaggio per la Marina militare
Fuoco alle polveri, mille metri sotto il mare. Abbattere o dirottare droni, sommergibili e qualunque mezzo minacci di distruggere cavi e infrastrutture strategiche sottomarine nei mari italiani. E intanto monitorare i fondali da una piccola agenzia del governo, a Roma, nel cuore del quartiere Parioli. C’è una piccola rivoluzione nel disegno di legge depositato al Senato dal governo – a doppia firma di Giorgia Meloni e del ministro per il Mare Nello Musumeci – che istituisce l’Agenzia per la sicurezza delle attività subacquee. Può suonare lunare, mettere in piedi un nuovo ente governativo – l’ennesimo, dirà qualcuno – per assicurare tubi e gasdotti al largo delle coste italiane, quando ben altre sono le incombenze di chi oggi in Italia si occupa di sicurezza. Invece proprio laggiù, sotto il Mediterraneo, si gioca una partita geopolitica di enorme peso.
I SABOTAGGI
Basti pensare che un pezzo tutt’altro che secondario della guerra tra Russia e Ucraina si decide proprio in quegli abissi. Navi militari russe che solcano le acque europee, attraversano lo Stretto di Sicilia, mappano i fondali, flotte fantasma cariche di petrolio e rifornimenti militari. E insieme un esercito di sabotatori subacquei – ucraini, russi e non solo – impegnato in missioni al cardiopalma per mettere fuori gioco cavi energetici, elettrici, condotti del gas come il North Stream 2, il maxi-gasdotto fra Germania e Russia tranciato in due nel Mar Baltico ormai due anni fa.
Ecco allora il governo muoversi per tutelare le “sue” infrastrutture sott’acqua. Con una norma che campeggia in cima al Ddl firmato Meloni, letto dal Messaggero, e cambia le regole di ingaggio della Marina militare italiana. Autorizzata d’ora in poi a reagire aprendo il fuoco contro chiunque attenti alla sicurezza di un’infrastruttura subacquea «di interesse nazionale». Scrive il governo, con una modifica al Codice dell’ordinamento militare, che le navi e i sottomarini italiani potranno «ordinare ed eseguire l’ingaggio, la disabilitazione, la distruzione, il sequestro o il dirottamento in un porto dello Stato» di qualsiasi mezzo «intento alla distruzione, al danneggiamento o alla manomissione di condutture e cavi sottomarini».
Insomma l’Italia mostra i muscoli sott’acqua. E non è un caso il tempismo del Ddl governativo, preannunciato in un Consiglio dei ministri lo scorso settembre. Già perché anche l’Europa si è mossa nel frattempo chiedendo agli Stati membri di stendere un piano per la difesa degli asset sottomarini. Magari impegnando fondi e risorse da conteggiare fra le spese della Nato, per poi presentare il conto all’impaziente Donald Trump.
LA NUOVA AGENZIA
A inizio aprile la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si era intestata l’iniziativa con il lancio del piano Ue per la sicurezza dei fondali marini. Un documento dove non compare la parola Russia ma ovunque riaffiora fra le righe, se è vero che gran parte delle precauzioni chieste agli Stati Ue nasce proprio dalle tensioni nel Mediterraneo con la flotta russa e le navi “ombra” che aggirano le sanzioni internazionali trasportando il petrolio di Mosca. La nuova agenzia italiana – partenza modesta, 40 dipendenti, e un costo di 5 milioni di euro nei primi tre anni – si muoverà sul crinale fra civile e militare. Sorgerà a Roma, con ogni probabilità “nel quartiere Parioli-Pinciano” si legge nelle 168 pagine della legge bollinata dalla Ragioneria. Si occuperà a dire il vero soprattutto della regolamentazione delle attività subacquee.
IL “FAR WEST” SOTT’ACQUA
Di fatto monitorando quello che è un vero e proprio far-west normativo, fra avventurieri privati che si inabissano con mezzi di fortuna e contese fra Stati affacciati su quei mari. Il ddl richiama espressamente, a mo’ di esempio, una vicenda che due estati fa ha conquistato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ovvero «l’episodio dell’implosione del sottomarino Titan avvenuta nell’Oceano Atlantico nel 2023, che ha portato all’attenzione il problema della carenza di normative e standard internazionalmente riconosciuti e obbligatori per la costruzione e la conduzione di veicoli sottomarini civili». Di qui la stretta e nuove sanzioni per chi si avventura sotto i fondali senza avere brevetti e patenti richieste per legge.
Poi c’è il fronte della sicurezza, appunto. Insieme alle nuove regole di ingaggio della Marina, c’è l’obbligo per la futura Agenzia di collaborare con i Servizi segreti nello scambio di informazioni sui fondali marini e lo stato delle infrastrutture “strategiche” per l’Italia sepolte sotto i mari. Come il condotto Elmed che trasporta idrogeno dalla Tunisia al Nord-Europa passando per lo Stivale ed è un tassello fondamentale del “Piano Mattei” per l’Africa caro a Meloni. Nell’attività anti-sabotaggio subacquea è da tempo impegnata la Nato. La scorsa estate una delegazione di alti funzionari era venuta in visita in Italia per scambiare pratiche e informazioni con le autorità di Roma. Ora qualcosa si muove.