Avvenire, 4 maggio 2025
Gaza senza aiuti da 2 mesi, pressing Usa «Verso una massiccia offensiva militare»
Da due mesi non entrano aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Da quando Israele ha chiuso i valichi, il 2 marzo, lasciando derrate alimentari, acqua, medicinali e strumentazioni sanitarie sui tir e nei magazzini. Con la motivazione che Hamas si stava accaparrando gli aiuti e che la mossa avrebbe contribuito a erodergli il sostegno popolare. Dopo più di sessanta giorni, si rischia il collasso. Le organizzazioni umanitarie riferiscono penuria di viveri e prezzi alle stelle. Una fonte dell’ospedale pediatrico al-Rantisi di Gaza City ha detto che un bambino è morto per malnutrizione e disidratazione. Per Hamas, che accusa Israele di usare la fame come arma di guerra, sarebbero 57, in un anno e sette mesi, i morti di inedia.
Stando al sito americano Axios, gli Stati Uniti starebbero facendo pressione sul premier Benjamin Netanyahu perché riapra agli aiuti, che potrebbero essere gestiti da un nuovo ente. Al Times of Israel una fonte araboisraeliana ha lasciato intendere che i viveri sarebbero consegnati a referenti delle famiglie in una «zona umanitaria» nel sud della Striscia: ogni pacco conterrebbe cibo per diversi giorni, trascorsi i quali il referente tornerebbe per riceverne un altro. La stessa fonte ha confermato che il nuovo sistema, per il quale si ipotizza il coinvolgimento di un’azienda vicina al ministro Ron Dermer stretto consigliere di Netanyahu, dovrebbe entrare in vigore al più presto per scongiurare una crisi di vaste proporzioni. «È come se contassero le calorie a una popolazione affamata da mesi», commenta la fonte, secondo la quale il progetto è una tappa del piano di progressiva occupazione, «quando l’esercito finirà per essere l’unico responsabile della distribuzione degli aiuti umanitari».
Qualcosa si sta muovendo anche sul terreno militare. Dopo aver consolidato in profondità la «zona cuscinetto» lungo il perimetro interno di Gaza, e aver diviso l’enclave in tre settori tramite l’apertura dei corridoi Netzarim (tra nord e centro) e Morag (tra centro e sud), l’esercito preparerebbe una massiccia offensiva. L’orizzonte temporale potrebbe essere la seconda metà di maggio, dopo il viaggio in Medio Oriente del presidente americano Trump. Il governo avrebbe già approvato la mobilitazione di diverse brigate di riservisti e dell’ottava divisione di fanteria. Mentre Trump ha dichiarato che gli ostaggi in vita sono «meno di 24» su 59, confermando indirettamente la morte di alcuni di loro dalla ripresa delle ostilità il 18 marzo, Hamas ha diffuso un video in cui si vede l’ostaggio Maxim Harkin, ferito, fasciato, insanguinato, apparentemente raggiunto dai miliziani in un tunnel ostruito da terra e detriti. Il giovane parla con fatica, con la testa e un occhio bendati, un braccio ferito. Stando ai dati di Hamas, sarebbero 77 i palestinesi uccisi negli ultimi due giorni, 52.500 dall’inizio della guerra. In un raid a Khan Yunis sarebbero rimasti uccisi due bambini di un anno e un neonato.
Proseguono anche gli attacchi aerei nel sud della Siria, sollecitati dai drusi israeliani, molto presenti nell’esercito, che denunciano violenze jihadiste contro i drusi siriani.