Il Messaggero, 1 maggio 2025
Mauro Repetto: «Mai pentito di aver lasciato gli 883: "Gli anni" mi dava la claustrofobia. Con Cecchetto ho chiuso i rapporti»
«Se mi sono mai pentito della scelta di lasciare gli 883 all’apice della popolarità? No: rifarei tutto altre mille volte», dice Mauro Repetto. Era l’aprile del 1994 quando il socio di Max Pezzali decise di lasciare clamorosamente il duo di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, al cui successo aveva contribuito, oltre che in veste di paroliere (erano suoi i testi delle canzoni, da Sei un mito a Come mai), anche con i suoi iconici balletti. Sparito per anni dai radar – dopo l’uscita dagli 883 si trasferì prima a Los Angeles nel tentativo di sfondare a Hollywood come sceneggiatore, poi a Parigi per lavorare come animatore nel parco divertimenti di Disneyland – Repetto, oggi 56enne, è tornato a far parlare di sé nel 2023 con la biografia Non ho ucciso l’Uomo Ragno, in cui ha raccontato la sua storia.
Da quell’esperienza è nato uno spettacolo teatrale, Alla ricerca dell’Uomo Ragno, che sabato sera fa tappa al Teatro Olimpico di Roma.
Mentre cresce l’attesa per la seconda stagione della serie Sky Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, in cui è interpretato da Matteo Oscar Giuggioli, che ha contribuito al revival.
La trama è quella di una favola medievale che vede lei e Pezzali nei panni di due menestrelli: di chi è stata l’idea?
«Del regista, Maurizio Colombi. È un espediente per raccontare tutto con un tocco di ironia in più. Io e Max, nella Pavia del Medioevo, cerchiamo di consegnare una canzone al conte Claudio (Cecchetto, ndr). Ma la sua corte, popolata da giullari come Lorenzo il Giovane (Jovanotti, ndr), il dotto Amadeus e il cavalier Fiorello, è di difficile accesso».
Cecchetto si è divertito?
«Doveva venire a vedere lo spettacolo. Ma con lui ora non ho rapporti».
Cos’è successo?
«Non sapevo quanto seria fosse la causa che lo vede contrapposto a Max in tribunale, della quale non voglio parlare. L’ho scoperto quando lo scorso novembre i legali di Max hanno diffidato il comune di Pavia per il premio che aveva deciso di conferirmi. Mi sono visto con Max, che mi ha detto tutto. Ci fu un fraintendimento: Max pensava che io mi fossi alleato con Cecchetto, contro di lui. Ma io ero all’oscuro della vicenda. In quel momento ho preferito smettere di frequentare Claudio per rispetto del mio migliore amico».
Pezzali è venuto a vedere lo spettacolo?
«No. Ma noi due abbiamo un rapporto particolare: non parliamo mai di lavoro, quando ci vediamo».
Cosa racconta nello show?
«Il successo degli 883, il mio sogno americano, il trasferimento a Parigi. È un one man show in cui canto anche le hit degli 883. E sì, faccio anche i balletti (ride)».
È vero che decise di lasciare il duo quando ascoltò Gli anni?
«Sì. Era un capolavoro. Ma quel verso, “stessa storia, stesso posto, stesso bar”, a me dava la claustrofobia. Volevo partire per Los Angeles, andare a fare lo sceneggiatore lì».
Come andò?
«Male. La lingua fu il mio grosso limite. Mi consolai facendo la bella vita a Beverly Hills, Miami, con i soldi che avevo guadagnato grazie alle hit degli 883. Poi dopo il ’95 me ne andai a Parigi. Mi presentai a Disneyland, chiedendo se ci fossero delle opportunità di lavoro. Non raccontai nulla del mio passato: “Ti vestirai da cowboy”, mi dissero. Benissimo. Quando il direttore del parco, un italiano, mi riconobbe, decise di promuovermi a event manager: oggi organizzo eventi ospitati dal parco».
Gli 883 si riuniranno mai?
«In birreria sempre. Sul palco deve avvenire in maniera spontanea».