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 2025  maggio 03 Sabato calendario

Il tennistavolo di Danilo Faso, un campione di 14 anni. “Vorrei essere Sinner”

Danilo Faso da qualche giorno è il numero uno nel ranking italiano del tennistavolo. Ha solo 14 anni. Il Sinner del ping pong, dice chi non frena l’entusiasmo. Raccontano che la sua qualità migliore, il tempismo, sia una storia speciale: legata al suono ipnotico della pallina che rimbalza. Tic-toc, tic-toc. Lo ascoltava già quando era nella pancia della mamma, la campionessa ucraina Yulyia Markova, che ha continuato a giocare e vincere sino al quinto mese di gravidanza. Anche il padre di Danilo – Marco, palermitano – è stato un pongista di buon livello. Il ragazzo è nato a Parigi, si allena tra Germania, Ungheria e il centro federale di Terni, dove vive con la famiglia (la sorellina Milena, 9 anni, gioca anche lei), è la stella di un piccolo, orgoglioso club marchigiano: la Virtus Servigliano. «Vorrei avere la freddezza di Jannik nei momenti importanti», dice di sé. «Ma soprattutto, spero di viaggiare per il mondo e divertirmi, come fa lui. Insomma: giocare. Fino a quando sarò vecchio».
La vita di Danilo Faso
Prima medaglia con la maglia azzurra (argento) ai Mondiali di categoria in quasi un secolo di tennistavolo italiano, prossimo protagonista agli Europei U21 e poi a quelli U15, nel nostro campionato affronta – e supera – avversari che mediamente hanno il doppio della sua età. Un piccolo genio sportivo che, come dice papà, «forse non potrà essere avvocato, medico o giornalista: ma parla già quattro lingue, non ha mai preso in mano una playstation e usa il telefonino solo per dirci che sta tornando a casa». Italiano, italianissimo: tifoso senza filtri del Palermo. I genitori si erano trasferiti a Parigi perché il padre, laureato in lingue, lavorava a Disneyland. E nel frattempo giocava, insegnava insieme alla madre. Che a 19 anni (figlia di un ucraino e una russa) aveva lasciato la Crimea per la Sicilia, ingaggiata da una società di A1 del capoluogo: è lì che ha conosciuto Marco, tra i migliori cento atleti italiani. Da Parigi a Montpellier, poi Nizza. «Papà aveva nostalgia del sole, si sono spostati a sud».
Danilo Faso, come nasce un campione di ping pong
Altre palestre, stessi tavoli. Tic-toc, tic-toc. Marco, Yuliya e Danilo. Che racconta: «Ho cominciato a camminare, subito ho preso una racchetta in mano». Chissà come faceva ad arrivare al tavolo. «Seguivo le lezioni dei miei genitori, mi allenavo con i loro allievi dei diversi turni: dal mattino alla sera. Mi è sempre sembrato tutto molto naturale, facile». A 4 anni, il primo torneo. Vinto. Sì, ma la scuola? «Come gli altri bambini, quando siamo tornati in Italia». Durante il Covid era in quinta elementare. «Tutto molto strano: un anno chiuso in casa con la famiglia. Mi sono riposato. Per fortuna avevamo un tavolo da gioco, e con la mamma ci siamo divertiti un po’». Chi è più forte tra lei e papà? «Uguale. Con mio padre vado in giro almeno 6 mesi l’anno». Così però si perde tutta l’adolescenza. «Ma no: ho fatto l’esame di terza media, sono iscritto a un istituto tecnico per il turismo. Tre ore di studio (e almeno 4 di allenamento) al giorno. Parlo il francese, l’inglese, capisco l’ucraino. Ho buoni amici, tra i giocatori più giovani: Francesco, che frequenta con me il centro tecnico di Terni, poi un colombiano, un giapponese, un turco. Niente fidanzata». Arrossisce. Niente playstation. «E il cellulare, solo per dire che va tutto bene». Il calcio? «L’altra mia passione. Tifo Palermo. Spero di andare a vedere un partita allo stadio».
Faso e il sogno olimpico
Danilo gioca e batte gli adulti. «Hanno esperienza. So di non avere nulla da perdere. E gli mette pressione, affrontare un ragazzino». La vittoria più bella? «Gli Europei U13. E l’esordio in campionato con Vladislav Ursu, un moldavo fortissimo». Giura di non pensare alle Olimpiadi del 2028. «Preferisco concentrarmi sul presente. Il vero obiettivo è la Top 10 mondiale: non so quanto tempo ci vorrà, ma voglio farcela. Gli asiatici sono i migliori, però preferisco la fantasia di alcuni europei». Il suo punto forte è la capacità di entrare subito in partita. «Devo migliorare sul servizio». Come Sinner. «Vorrei avere la sua freddezza nei momenti più difficili». La cosa più bella? «Quando finalmente torno a casa, e mamma mi prepara la pasta al ragù».