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 2025  maggio 03 Sabato calendario

Fagioli e cereali ai gladiatori, carne di cigno per l’alta società

Il cibo e l’uomo, un rapporto complesso, che va ben oltre la pura e semplice funzione nutritiva. Di trattati e di storie dell’umanità attraverso il cibo e la gastronomia se ne trovano a bizzeffe, questo della tedesca Uta Seeburg Come si cucina un mammut? Una storia dell’umanità in cinquanta ricette lo si può leggere come un divertente libello per carpire qualche nozione o aneddoti da sfoggiare in società. Per dire: scoprirete che gli antichi Egizi mummificavano le costine di manzo per farle gustare ai defunti nell’aldilà, che l’autore di un libro di cucina del XVI secolo sosteneva che i castori dovessero essere considerati pesci, che i gladiatori romani erano relegati a una dieta vegana a base di cereali e fagioli, che il cigno arrosto era il piatto forte dell’alta società del 1650 (nonostante avesse un sapore orribile), che si deve a una principessa portoghese la diffusione del tè in Inghilterra, che un re dovette ordinare ai suoi sudditi di mangiare patate o che l’hamburger del fast-food è il risultato di un’etica del lavoro ad alta efficienza del dopoguerra. Ogni storiella è un piccolo saggio che si può leggere saltellando in su e in giù per le epoche e gustare sapori e usanze. Oppure lo potete leggere come un poliedrico ritratto della specie umana secondo quello che nei millenni ha mangiato e come lo ha preparato.
Libello poliedrico come l’autrice, che ha studiato germanistica, letterature comparate e storia dell’arte a Berlino, poi ha conseguito un dottorato a Cambridge, ha lavorato come copywriter, editor per AD Architectural Digest ed è autrice di libri gialli. Evidentemente è anche un’appassionata di cucina, perché Come si cucina un mammut? è divulgativo ma accurato. Se vi piacesse più questa lettura sociologica potreste apprezzare la correlazione tra cibo e potere curativo degli alimenti, nota fin dall’antica Grecia e poi rivisitato di volta in volta con diversa sensibilità nelle varie culture, dalla Cina passando per la Thailandia per arrivare a noi. All’origine il termine “dieta” significa semplicemente “modo di vivere” con il quale si descrive un rapporto equilibrato tra corpo umano e alimentazione. Ma da Alvise Cornaro in poi diventa quasi sinonimo di “mangiare meno”. Cornaro, chi era costui? Un rampollo veneziano che gozzoviglia e si ingozza in feste e banchetti finché giunto a quarant’anni la gotta e l’obesità lo inducono a condurre una vita quasi monastica e lo portano alla compilazione dei Discorsi intorno alla vita sobria (scritto nel 1550), libro di successo e tradotto in molte lingue, riletto fino al XIX secolo come primordiale guida di nutrizione corretta. Dicono che Cornaro sia campato cento anni, per altre fonti solo ottanta, comunque un bel record per l’epoca. L’idea di modellare il corpo attraverso il cibo è assolutamente moderna, un prodotto della società del benessere e dell’abbondanza, perché prima la storia dell’umanità è fatta di ripetute carestie e di lotte per approvvigionarsi il cibo. Per inciso, Lord Byron racconta nei diari la costante lotta per perdere peso e di bagni caldissimi a cui si sottoponeva, di fette biscottate, tazze di tè, aceto di mele.
Sempre per restare alla lettura sociologica, è interessante il capitolo dedicato alla negazione del cibo come segno di protesta sociale: il primo sciopero della fame è messo in atto nel 1882 dai prigionieri politici in un carcere siberiano per denunciare le condizioni disumane della detenzione. La cavalcata prosegue tra la nascita della carne in scatola e il primo piatto cucinato in diretta in una televisione e curiosamente è la Bbc che manda in onda l’omelette del famoso cuoco francese Marcel Boulestin, tra le nascita dei primi movimenti vegetariani e vegani e la gestione degli avanzi grazie all’invenzione del Tupperware in plastica, fino alla cucina molecolare di El Bulli e le pietanze liofilizzate degli astronauti. Nell’eterno oscillare tra paura e privazione (periodi di guerre, carestie e pandemie) e fasi di famelica sazietà, l’essere umano reagisce sempre grazie alla sua capacità di alimentarsi in teoria con qualsiasi cosa, come unica creatura vivente capace di cuocere, bollire, stufare, marinare, far fermentare, aromatizzare.
Ps. Il mammut nessuno sa che sapore avesse, anche se un club maschile newyorkese ha rivendicato per decenni di avere assaggiato, nel 1951, un taglio di carne conservato nei ghiacci artici. Le analisi del Dna hanno poi dimostrato che apparteneva a una volgare testuggine.