1 maggio 2025
Biografia di Mario Grech
Iacopo Scaramuzzi, Rep
Ascoltare e cambiare. Ruota attorno a questi due atteggiamenti il percorso umano e spirituale di Mario Grech, 68 anni, maltese, attuale segretario generale del Sinodo. Il porporato ha molto ascoltato ed è molto cambiato nel corso della sua vita. Da giovane era tutt’altro che un riformista, oggi è alla guida del più ampio movimento di mutamento istituzionale della Chiesa. E poiché la sinodalità, il coinvolgimento di laici, l’apertura del dibattito sui temi caldi come la morale sessuale o i ministeri delle donne, sarà una delle faglie del prossimo Conclave, di qua chi vuole proseguire sulla strada tracciata da Francesco di là chi vuole frenare se non tornare indietro, c’è da giurare che quello che dirà Grech nelle congregazioni generali catturerà l’attenzione dell’aula. C’è chi lo stima molto, come il gesuita progressista Jean-Claude Hollerich, chi lo considera un portabandiera dei “bergogliani doc”, chi lo immagina già come papabile. Grech ha trascorso buona parte della sua vita a Gozo, la seconda isola più grande dell’arcipelago di Malta. Qui è nato il 20 febbraio 1957, qui ha studiato dapprima nella scuola pubblica e poi, sentita la vocazione verso la fine del liceo, filosofia e teologia al locale seminario, e qui nel 1984 è stato ordinato sacerdote. Dopo un periodo di studi superiori a Roma, è tornato nella sua isola da parroco, vicario giudiziale, professore di diritto canonico. Personalità gioviale, ma all’epoca piuttosto rigida nella difesa della dottrina tradizionale, nel 2005 papa Benedetto XVI lo nominò vescovo di Gozo: uno dei due vescovi maltesi, accanto al più noto (fino a pochi anni fa) monsignor Charles Scicluna, per molti anni in Vaticano come “promotore di giustizia” in tanti casi di abuso sessuale su minori. Risale agli anni di Ratzinger un episodio, raccontato da Christopher White del National Catholic Reporter, che ha segnato la rotta esistenziale di Mario Grech. Un episodio di ascolto e cambiamento. A Natale del 2008 Benedetto XVI criticò con durezza l’omosessualità in un discorso nel quale si scagliava contro il “gender”,e Mario Grech mise il carico da novanta: «Chiunque non accetta gli insegnamenti di Cristo dovrebbe essere onesto con se stesso e scomunicarsi dalla Chiesa». Uno schiaffo per un’associazione maltese di cattolici sensibili alla causa delle persone lgbtq+ chiamata Drachma. Anni dopo, nel 2014, Grech si presentò a sorpresa ad un loro incontro pubblico. Il Papa, che a questo punto era Francesco, lo aveva nominato membro dell’assemblea sinodale sulla famiglia. «Sono venuto ad ascoltare», disse Grech. Alcuni dei presenti lo accusarono di aver allontanato persone omosessuali dalla Chiesa, lui chiese scusa. Pochi mesi dopo, nell’aula del Sinodo Grech prese la parola per chiedere agli altri padri sinodali di «ascoltare le famiglie che hanno una persona omosessuale e gli stessi omosessuali che si sentono feriti dal linguaggio usato nei loro confronti in alcuni testi, ad esempio nel Catechismo». Il discorso di Grech non passò inosservato, alcuni lo criticarono apertamente. E qualche giorno dopo, durante il coffee break, sentì che qualcuno gli toccava la spalla: era Francesco che lo ringraziò per il coraggio dimostrato. Per il Papa argentino la trasformazione della Chiesa in una Chiesa sinodale, con la partecipazione di tutti i battezzati, donne e laici compresi, è stata probabilmente la principale riforma del pontificato, nonché l’eredità che ha più voluto assicurare per il futuro. Tanto che dal Gemelli ha convocato per il 2028 una assemblea ecclesiale a Roma, annunciata ai vescovi di tutto il mondo da Grech. Qualche anno dopo, nel 2019, Bergoglio ha chiamato il maltese a Roma come segretario generale del Sinodo, una macchina gigantesca che deve organizzare le assemblee periodiche nella capitale, le infinite discussioni tra un’assemblea e l’altra, le tensioni tra culture e idee diverse. Un compito che Mario Grech ha svolto con efficienza e cordialità, senza mai farsi scoraggiare da molte difficoltà, nonché dalle molte resistenze dei settori più conservatori della Curia romana e della Chiesa cattolica mondiale. Attaccatissimo ai genitori, che trascorrono lunghi periodi dell’anno con lui a Roma, Grech ha mantenuto lo stile del curato di paese, mentre gestisce, in diverse lingue, riunioni e viaggi negli angoli più remoti del mondo. «Spendiamo enormi energie per cercare di convertire la nostra società secolare», ha spiegato in un’intervista alla Civiltà cattolica, «mentre è più importante convertirci per realizzare la conversione pastorale di cui parla spesso papa Francesco». Una conversione nata dall’ascolto, che Grech ha sperimentato in prima persona e ora spinge la Chiesa a perseguire. Sinora da “semplice” cardinale.
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Andrea Gagliarducci, Messaggero
Quando fu chiamato da Papa Francesco alla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale Mario Grech dovette affrontare una sfida per lui ignota: quella di vivere da solo. E così, improvvisamente, dovette imparare a cucinare, e confessò in seguito che continuava a chiamare sua madre e sua sorella per avere indicazioni su come preparare i suoi piatti preferiti. «All’inizio finivo per bruciarli. Al secondo tentativo, ne veniva fuori qualcosa di almeno edibile». Tuttavia, da tempo i genitori vivono con lui, e anche il fratello, e la sfida della solitudine, così come quella della cucina, sembra essere superata. Mario Grech, classe 1957, maltese di Qala, un borgo di 2.000 abitanti nell’isola di Gozo, a Malta, era al concistoro del 2020 il primo della lista dei nuovi cardinali indicato da Papa Francesco, e dunque quello chiamato a tenere un indirizzo di saluto. Era il primo periodo post-pandemia e, dopo aver delineato le sfide della Chiesa, parlò anche del Sinodo, indicando i suoi progetti e la voglia di implementare l’indicazione di fare del Sinodo non un evento ma un processo. Cosa che ha continuato a fare, ottenendo il prossimo percorso sinodale approvato da Papa Francesco mentre questi era in ospedale.
Tra la difficoltà del vivere a Roma e la volontà di portare avanti la missione che gli ha dato il Papa, il cardinale Grech si impone come un profilo interessante per i 133 cardinali che sono chiamati a votare in Sistina. Piace a quelli che vengono definiti i progressisti, ai paladini della sinodalità e della inclusività radicale, una piattaforma che va dal cardinale Hollerich al cardinale McElroy. Ma riscuote anche l’interesse di chi è stato coinvolto nel processo sinodale e che, in una situazione di incertezza, preferisce puntare su un volto noto. Grech è prima di tutto un lavoratore indefesso, che raccontava di dedicarsi alle faccende di casa la mattina presto prima di andare al lavoro, e che si concede solo una piccola pausa di riposo nel mezzo della giornata, per poi continuare a lavorare fino a tardi. Gli piace ripetere che «non bisogna vivere di rendita, ma ricercare strade nuove». E, in questo senso, era la persona ideale per difendere la sinodalità voluta da Papa Francesco, ergersi a paladini contro gli “indietrismi” contro i quali si scagliava lo stesso pontefice argentino, permettere al Sinodo di imbarcarsi nel mare aperto delle novità al grido di Todos, todos, todos. In Vaticano, Grech si presenta come un cardinale alla mano, che accoglie i visitatori nell’ufficio dove lavora e non in un salottino, come è d’uso in Vaticano. Nei giorni successivi alla morte di Papa Francesco, è stato visto comunque uscire dalla sua abitazione portando con sé il padre George, che ha 91 anni, e la madre Stella ne ha 87, con i quali ama passeggiare nel tempo libero. Legge e viaggia molto e questa è stata la forza del suo cammino sinodale, perché non ha mai mancato di muoversi e andare là dove c’era bisogno di stabilire reti e contatti.
LA STORIA
È stato ordinato sacerdote nel 1984 a Roma, ha completato il percorso di studi in diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense e ha poi ricoperto diversi incarichi pastorali tornato nella sua isola natale. Dal 2006 al 2019 è stato vescovo della diocesi di Gozo, una delle due diocesi di Malta. La sua ascesa sotto il pontificato di Papa Francesco ha avuto due momenti chiave. Il primo, nel 2014, quando sottolineò che era «inaccettabile» che la Chiesa avesse avuto bisogno di otto anni per investigare sulle accuse di abuso sessuale contro il frate domenicano Charles Fenech, che era stato leader del movimento di evangelizzazione maltese. Il secondo nel 2017, quando co-firmò, insieme all’altro arcivescovo maltese Charles Scicluna, una lettera con le linee guida sull’accoglienza alla comunione di cattolici divorziati e risposati – una lettera che fu apprezzata dall’Osservatore Romano e che però gli assicurò varie critiche in patria, tanto che fu definito «un ratzingeriano sotto Ratzinger e un bergogliano sotto Bergoglio». In effetti, Grech aveva avuto posizioni ultra conservatrici contro la legalizzazione del divorzio espresse nell’era pre-Francesco, ed ha poi difeso l’approvazione di Papa Francesco alle unioni civili tra persone dello stesso sesso descrivendo la controversia che la circondava come «una tempesta in una tazza di tè». Ma non c’è contraddizione, per Grech, quanto piuttosto una volontà di ascolto che va dalle linee di principio a quelle di pastorale. Grech va avanti per la sua strada e lo ha fatto anche nelle congregazioni generali, quando in un intervento il 30 aprile durato – secondo testimoni – una ventina di minuti ha difeso il cammino sinodale da ogni tipo di critica, suscitando allo stesso tempo attenzione da alcuni e disappunto da parte di altri. Ma il discorso testimonia anche una particolare devozione all’incarico che Papa Francesco gli diede nel 2019, chiamandolo a Roma come Segretario Generale del Sinodo dei vescovi, per portare avanti il grande progetto di una Chiesa sinodale. Era un incarico che si prestava a diverse critiche, e a stare molto sotto i riflettori. Lui ha risposto in maniera risoluta, approcciandosi alla stampa a volte con affabilità, altre con durezza, lamentando anche alcuni atteggiamenti dei media. Per esempio, disse che «ridurre il Sinodo alle questioni dibattute di sempre» per cercare solo notizie o scoop – facendo riferimento ai nodi centrali del dibattito come il diaconato femminile, il celibato, l’omosessualità e la democrazia – sarebbe un modo per deviare dal cammino e porre ostacoli all’obiettivo della Chiesa di ascoltare lo Spirito Santo, ignorando però che i media internazionali non seguono di certo logiche teologiche, ecclesiali o pastorali. In questi anni, ha difeso con forza il cammino sinodale, opponendosi a tutte le critiche (che nel 2022 definì «inutili e polarizzanti») e allo stesso tempo cercando anche di fare da ponte con chi vedeva nelle innovazioni del Sinodo un tradimento della sua funzione di strumento di consultazione destinato prima di tutto ai vescovi. Sarà, Grech, il profilo della Chiesa del futuro? Lui risponderebbe con un sorriso. Ma chissà cosa penserebbe davvero.