1 maggio 2025
Biografia di Matteo Maria Zuppi
Vito Sibilio, Nuovo Giornale Nazionale
Matteo Maria Zuppi è nato e cresciuto a Roma, vanta stretti legami familiari con il Vaticano. Suo padre, Enrico, era un giornalista e fotografo che l’allora vicesegretario di Stato, Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI), nominò direttore de L’Osservatore della Domenica, edizione settimanale illustrata de L’Osservatore Romano. La madre di Matteo, Carla Fumagalli, era nipote del cardinale Carlo Confalonieri, che fu segretario di papa Pio XI, poi prefetto della Congregazione per i Vescovi e decano del Collegio cardinalizio ai funerali dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo I. Quinto di sei figli, il giovane Matteo frequentò la scuola secondaria nel centro storico di Roma e lì incontrò Andrea Riccardi, fondatore del movimento di Sant’Egidio. Ben presto si legò alla comunità nascente. Nel 1977, all’età di ventidue anni, si laureò in lettere e filosofia presso l’Università La Sapienza di Roma, con una tesi sulla vita del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Entrò poi in seminario nella diocesi suburbicaria di Palestrina e studiò per il sacerdozio presso la Pontificia Università Lateranense, dove ottenne la laurea in teologia. Ordinato sacerdote per la diocesi di Palestrina nel 1981, fu inizialmente assegnato come viceparroco di Santa Maria in Trastevere sotto mons. Vincenzo Paglia. Lì, ricoprì diversi altri incarichi, tra cui rettore di una chiesa vicina e capo di un consiglio sacerdotale diocesano. Nel 1992, don Zuppi ebbe un ruolo chiave negli accordi di pace con il Mozambico, mediati da Sant’Egidio, che gli valsero la cittadinanza onoraria del Paese. Nel 2000, quando Vincenzo Paglia fu nominato vescovo di Terni, Zuppi lo sostituì come parroco di Santa Maria in Trastevere e come assistente ecclesiastico di Sant’Egidio. Nel 2006, Benedetto XVI gli conferì il titolo onorifico di Cappellano di Sua Santità. Nel 2010, fu trasferito a servire in una delle parrocchie più grandi di Roma, nella periferia della città, e nel 2012, Benedetto XVI lo nominò vescovo ausiliare di Roma. L’arcivescovo Paglia fu uno dei suoi co-consacranti. Papa Francesco nominò Zuppi arcivescovo di Bologna nel 2015, succedendo al cardinale Carlo Caffarra, e lo elevò a cardinale nel 2019. Oltre alla sua lingua madre, l’italiano, il cardinale Zuppi ha una certa conoscenza dell’inglese, ma non risulta esperto in altre lingue. Matteo Zuppi è un prelato affabile, con amici provenienti da ogni parte dello spettro politico nella sua Roma natale. Persona che ha sempre nutrito una profonda preoccupazione per i poveri e gli emarginati, forgiata attraverso i suoi stretti legami con la comunità di Sant’Egidio, il prelato italiano si rivela un autentico figlio dello spirito del Vaticano II, una persona che cerca costantemente di confrontarsi con il mondo moderno e di attuare il “profondo cambiamento” che, a suo avviso, il Concilio ha voluto per la Chiesa. Il suo approccio consiste nel “rifiutare l’odio”, generare “autentica solidarietà”, abbracciare il pluralismo religioso e la” fraternità” e andare nelle periferie per aiutare i poveri e gli emarginati – che siano tossicodipendenti indigenti, bambini zingari poveri o anziani abbandonati – cosa che gli è valsa l’appellativo di “prete di strada”. Si sforza inoltre di includere le persone attratte dalle persone dello stesso sesso e i divorziati risposati civilmente, e di coinvolgere musulmani, ebrei e le preoccupazioni dei migranti. Nominato arcivescovo e creato cardinale da Papa Francesco, Matteo Zuppi si dimostra pienamente impegnato ad aderire alla visione di questo pontificato e a portarla a compimento, a partire dall’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Francesco e includendo l’autorevole e controverso documento interreligioso del pontificato sulla fratellanza umana, firmato ad Abu Dhabi nel 2019. Ha preso parte a diversi sinodi vaticani; considera la sinodalità fondamentale per rinnovare la Chiesa e aiutare le comunità ecclesiali a superare l’isolamento radicato. Per Zuppi, l’individualismo è un anatema e la comunità, l’attivismo e la missione devono venire prima di tutto. È devoto alla Madonna e apprezza la preghiera, a cui attribuisce notevole importanza, ma la sua enfasi sulla giustizia sociale e l’uguaglianza lo ha inevitabilmente portato ad alleanze con la sinistra politica italiana. A tal punto che, quando Francesco ha annunciato l’elevazione di Zuppi al Collegio Cardinalizio, i media italiani hanno scherzato sul fatto che il “cappellano” del principale partito socialista italiano sarebbe diventato cardinale. Zuppi ha anche avuto legami con un movimento che si oppone a Matteo Salvini, il leader populista della Lega; ha elogiato due radicali italiani di estrema sinistra e pro-aborto ai loro funerali; e ha persino incardinato nell’arcidiocesi di Bologna un sacerdote comunista che si era candidato al Parlamento europeo. Il cardinale Zuppi è strettamente legato a un importante massone italiano. Gioele Magaldi, romano di nascita e fondatore nel 2010 dell’obbedienza massonica di ispirazione progressista Grande Oriente Democratico, ha dichiarato in un’intervista dell’ottobre 2020 di conoscere “bene il mondo vaticano” e che “tra i cardinali, quello che stimo di più è Matteo Zuppi, che, tra le altre cose, mi ha sposato”. Magaldi ha aggiunto: “Sarebbe un ottimo Papa”. Egli è stato particolarmente fervente nell’accogliere gli omosessuali e l’"amore” omosessuale, solitamente senza alcuna ingiunzione a modificare la propria vita. Ma nonostante le sue inclinazioni decisamente “progressiste” e i suoi legami con la Massoneria, cerca anche di dialogare con chi sta a destra e di mantenere aperti i canali con chi sostiene la tradizione della Chiesa. Ha celebrato la Messa antica in almeno due occasioni e nel 2022 ha celebrato i Vespri solenni al Pantheon. In contrasto con la sua umile personalità da “prete di strada” c’è il fatto che è a capo di una delle diocesi più ricche del mondo, grazie a una dotazione sorprendentemente generosa di 1,8 miliardi di dollari all’arcidiocesi di Bologna, effettuata solo pochi anni prima della sua nomina. Non è sempre facile sapere esattamente dove Zuppi, un prelato intelligente dalla mente acuta, si collochi su dottrina e altre questioni, dato che ha dimostrato di saper adattare il suo messaggio al suo pubblico o al suo papa. Invariabilmente le sue opinioni tendono chiaramente in direzione eterodossa, come sull’indissolubilità del matrimonio, l’omosessualità, l’ideologia di genere e l’inferno. I suoi sostenitori direbbero che questo lo rende capace di affrontare le complessità del mondo moderno; i suoi critici potrebbero descriverlo come un modernista intelligente e archetipico.
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Domenico Agasso, Stampa
Matteo Maria Zuppi incarna molte delle priorità di Francesco - attenzione ai poveri, dialogo, «Chiesa in uscita» - ma ha una personalità distinta, capace di traghettare il «bergoglismo» in una fase nuova, con un equilibrio fra tradizione e innovazione, tra dottrina e sociale. Con il suo carisma, da prete delle periferie a cardinale di Santa Romana Chiesa a presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), adesso si trova a essere un papabile.
A ricevere la porpora è andato in treno, con decine di giovani. Il Papa lo aveva spedito a fare l’arcivescovo di Bologna. Poi gli ha chiesto pure di «tessere la difficile tela della pace» tra Russia e Ucraina, volando tra Kiev, Mosca, Washington e Pechino. Tentando ciò che gli riuscì - la pace in Mozambico - insieme alla Comunità di Sant’Egidio.
Zuppi ha un grande sogno personale: una Chiesa che «sta per strada, parla a tutti e vuole raggiungere il cuore di tutti», attraverso «un’unica lingua, quella dell’amore», per farsi comprendere «nella Babele del mondo».
Simpatia, disponibilità, generosità, coraggio che, impastati con una grande fede, ne fanno un personaggio non etichettabile secondo antiche categorie. Sa parlare con chiunque, e farsi ascoltare da tutti. Pastore e diplomatico, capace di testimoniare il Vangelo col sorriso sulle labbra e la parlata romanesca, discorsi alti, profondi, empatici e lungimiranti.
Zuppi nasce a Roma l’11 ottobre 1955, quinto di sei figli. Nel 1970 al Liceo Virgilio conosce Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che prende a frequentare: collabora nelle scuole popolari per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, nell’attività in favore di anziani soli e non autosufficienti, di immigrati e senza fissa dimora, malati terminali e nomadi, disabili, tossicodipendenti, carcerati.
Ordinato sacerdote il 9 maggio 1981, è vicario della basilica di Santa Maria in Trastevere, la «casa» di Sant’Egidio. Diventa parroco nel 2000. Fino al 2012 è assistente ecclesiastico generale dell’«Onu di Trastevere». Nel 1992, intanto, con Riccardi e altri di Sant’Egidio, contribuisce a raggiungere un difficile accordo di riconciliazione che mette fine a 16 anni di sanguinosa guerra civile in Mozambico. Con la strategia di unire azioni umanitarie e paziente ricerca di relazioni tra le fazioni in lotta.
Nel 2012 Benedetto XVI lo nomina vescovo ausiliare di Roma. Passano tre anni ed è arcivescovo di Bologna. Francesco lo crea cardinale, del titolo di Sant’Egidio, il 5 ottobre 2019. Il 24 maggio 2022 lo pone anche alla guida dei vescovi italiani.
Zuppi in bicicletta a Bologna
Nella sua città d’adozione pochi lo chiamano «eminenza», per tutti è sempre «don Matteo». Gira per la città in bicicletta, e la sera torna nella dimora in cui ha scelto di vivere, non l’appartamento in arcivescovado ma la «Casa del clero», dove abitano i preti anziani. 2023: il Pontefice affida a Zuppi la missione di pace dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Da parte sua, cita Henry Kissinger: «Bisogna cominciare almeno un dialogo esplorativo, altrimenti c’è il nucleare». E aggiunge: «Serve la pace come la giustizia». Ma bisogna «credere che la pace è sempre possibile, difficile ma possibile».
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Gian Guido Vecchi, Cds
La storia del «prete di strada» lo ha sempre fatto molto ridere, «e per forza, mi dica lei dove altro dovrebbe stare, un prete, in salotto?». Quando Francesco lo mandò a Bologna come arcivescovo, alla fine del 2015, «don Matteo» non andò a vivere all’arcivescovado ma nella casa del clero di via Barberia 24 insieme con i sacerdoti anziani in pensione, «mi daranno consigli».
Si è portato da Roma la bicicletta con cui raggiunge ogni mattina la Curia e si sposta nella città che lo ha adottato. Ma è nella Capitale che Matteo Zuppi è cresciuto e ha passato buona parte della sua vita, quinto dei sei figli di Enrico Zuppi, giornalista cattolico amico di Giovanni Battista Montini che per trentadue anni fu alla direzione dell’Osservatore della Domenica, il settimanale dell’Osservatore Romano. È il secondo porporato in famiglia perché la madre, Carla Fumagalli, era nipote del cardinale Carlo Confalonieri, di Seveso, già segretario particolare di Pio XI fin da quando Achille Ratti era arcivescovo di Milano. Un modello che il pronipote ha ben presente: «Ricordo il suo rigore ambrosiano, l’idea del servizio alla Chiesa: oneri e non onori».
Quand’era in quinta ginnasio, inizio anni Settanta, al liceo classico Virgilio di Roma divenne amico di Andrea Riccardi, un ragazzo di cinque anni più grande che aveva fondato la comunità di Sant’Egidio: «Là ho incontrato un Vangelo vivo e imparato ciò che un cristiano deve fare: voler bene a Dio e al prossimo, e così a sé stessi». L’ambiente era vivace, tra i suoi compagni di liceo c’erano Francesco De Gregori e Riccardo Di Segni, futuro rabbino capo di Roma. C’era anche David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo del quale ha celebrato i funerali nel 2022, «il compagno di scuola che tutti avremmo desiderato». E poi c’erano loro, i ragazzi di Sant’Egidio, che muovevano i primi passi negli anni del fermento post-conciliare. Si trovavano a leggere il Vangelo e farne esperienza nella realtà, l’impulso ad aiutare i poveri e gli ultimi, le scuole popolari per i bambini delle baraccopoli in periferia, gli anziani soli a Trastevere, gli immigrati e i senza fissa dimora, i malati e i nomadi, i disabili e i tossici, i carcerati e i rifugiati. Le Beatitudini, il Vangelo sine glossa.
Alla Sapienza studiava Lettere e Filosofia e decise di diventare sacerdote: «Mi laureai in storia del cristianesimo, con una tesi sul cardinale Schuster. Padre Turoldo mi aiutò a capirlo: a Milano accolse tanti partigiani e poi, giustamente, si scandalizzò della barbarie di piazzale Loreto, non perché fosse antifascista o fascista ma perché era un padre e un monaco». Dopo il baccellierato in Teologia alla Lateranense, è stato ordinato sacerdote nel 1981 e nominato vicario del parroco della Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, monsignor Vincenzo Paglia. Quando Paglia divenne vescovo, nel 2000, don Matteo gli succedette come parroco e rimase a Trastevere dieci anni. Nel frattempo, all’interno della comunità, aveva cominciato a maturare la vasta esperienza di mediazioni internazionali che avrebbe portato papa Francesco a sceglierlo, nel 2023, come suo inviato di pace in Ucraina: «Ero viceparroco a Trastevere, celebravo nella borgata di Primavalle. La prima volta andammo in Mozambico nell’84. La siccità, la guerra. E i mercati vuoti, non c’era nulla. L’attenzione per gli altri ci rende migliori: la necessità di fare qualcosa, di non rassegnarsi alla logica dell’impossibilità».
Al successo degli accordi di pace in Mozambico nel 1992, e in Guatemala a metà anni Novanta, si aggiunse la collaborazione con Nelson Mandela per il cessate il fuoco in Burundi, nel 2003. Dopo i dieci anni da parroco a Trastevere, e altri due in periferia a Torre Angela, Benedetto XVI lo fa vescovo ausiliare di Roma nel 2012 e Francesco lo sceglie come arcivescovo di Bologna nel 2015, creandolo cardinale quattro anni più tardi, finché nel 2022 lo nomina presidente della Cei. Bergoglio aveva chiesto «un bel cambiamento» e i vescovi italiani hanno raccolto l’indicazione: era il più votato della terna presentata al Pontefice. Lui ringrazia e sorride: «La missione è quella di sempre: una Chiesa che sta per strada e cammina, che parla a tutti e vuole raggiungere il cuore di tutti, e nella Babele di questo mondo si esprime nell’unica lingua comprensibile, quella dell’amore».
Da ultimo, nel 2023, Francesco lo manda come inviato di pace: sarà Matteo Zuppi a «condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace», spiega la Santa Sede. Così l’arcivescovo di Bologna va a Kiev e a Mosca in giugno, a Washington in luglio e a Pechino in settembre. Missione difficile, che si scontra con l’impossibilità di convincere le parti a cessare il fuoco e avviare trattative di pace, ma si muove sul piano del dialogo umanitario per preparare il terreno alla pace: e ottiene scambi di prigionieri e il ritorno a casa di alcuni dei bambini ucraini deportati in Russia.