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 2025  maggio 01 Giovedì calendario

Biografia di Péter Erdő

Vito Sibilio, Nuovo Giornale Nazionale

Péter Erdő è stato cresciuto da genitori cattolici sotto il comunismo e, all’età di quattro anni, la sua famiglia fu costretta a fuggire con solo i vestiti che indossava dopo che le truppe d’invasione incendiarono la loro casa nel 1956. In seguito subì vari gradi di discriminazione a causa della sua fede. Studiò in una scuola maschile scolopica a Budapest. Entrò in seminario dopo aver pregato a lungo, convinto che aiutare le persone verso la salvezza fosse così importante da richiedere di dedicarvi tutta la propria vita. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1975 trascorse due anni al servizio parrocchiale prima di essere inviato a Roma, dove conseguì la laurea in teologia e diritto canonico presso Pontificia Università Lateranense (1980). Negli anni successivi, ha insegnato in diverse facoltà di diritto canonico e teologia in Ungheria e all’estero, tra cui Buenos Aires, mentre prestava servizio come cancelliere e giudice ecclesiastico. In questo periodo, ha pubblicato manuali e articoli di diritto canonico. È stato ricercatore presso l’Università della California, Berkeley, dal 1995 al 1996. Per un certo periodo, è stato rettore del Collegio Ungherese a Roma, insegnando al contempo presso le Università Gregoriana e Lateranense. Giovanni Paolo II lo ha consacrato vescovo nel 2000 e lo ha nominato primate di tutta l’Ungheria, ordinario dell’arcidiocesi di Esztergom-Budapest nel 2003. Lo stesso anno, Erdő è stato elevato al cardinalato. Parlando tedesco, italiano, francese, spagnolo, inglese e, più in generale, la sua lingua madre, l’ungherese, Erdő è stato eletto presidente della Conferenza Episcopale Cattolica Ungherese nel 2005 e, nello stesso anno, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). La stima di cui gode è stata dimostrata dalla sua rielezione al CCEE nel 2011 e dalla sua nomina a sovrintendente della “Seconda Sezione” della Segreteria di Stato, responsabile delle relazioni diplomatiche. Dal 2003 ha partecipato a tutte le assemblee del Sinodo dei Vescovi, con l’onore speciale conferitogli da Papa Francesco di fungere da relatore per i sinodi del 2014 e del 2015. È autore di oltre 250 articoli e 25 libri. Formatosi tra le difficoltà del comunismo ateo, il cardinale Péter Erdő è ampiamente considerato un grande intellettuale e un uomo di cultura. Autore prolifico e di grande cultura, Erdő è anche un valido insegnante e un canonista e studioso delle Scritture di grande talento. Ammira la liturgia post-conciliare, in particolare l’enfasi sulle letture dell’Antico Testamento. Sebbene preferisca la forma ordinaria della Messa, è disposto ad ammettere la forma straordinaria e la sosterrà se chiamato a farlo, ma non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche sulla Traditionis Custodes e sulle sue restrizioni alla Messa latina tradizionale. Considera l’Eucaristia e il sacerdozio strettamente correlati e si oppone al celibato facoltativo per i sacerdoti. Difensore della struttura gerarchica della Chiesa, è un sacerdote dal cuore pastorale, per il quale l’importanza della salvezza è stata la forza trainante per l’ordinazione. Ha posto grande enfasi sulla Nuova Evangelizzazione e sul ministero rivolto ai giovani. L’opera missionaria è centrale nel suo approccio pastorale e ha mostrato grande preoccupazione per la crisi vocazionale della Chiesa.  Erdő era, a 51 anni, uno dei cardinali più giovani della Chiesa quando Giovanni Paolo II lo elevò al Collegio Cardinalizio nel 2003. Su questioni politiche come l’immigrazione, una questione con cui l’Ungheria si confronta da alcuni anni, il cardinale ha adottato un approccio equilibrato, riconoscendo il diritto di migrare ma anche consapevole dei rischi derivanti dall’integrazione dei rifugiati senza mettere a repentaglio la stabilità politica. Il cardinale è preoccupato per i cristiani perseguitati ("Vediamo in loro i discepoli di Cristo") e tuttavia ha una visione sostanzialmente benevola dell’Islam. Erdő ha un atteggiamento molto positivo nei confronti della Chiesa ortodossa e sostiene con entusiasmo il dialogo con le religioni non cristiane, sottolineando il valore della Dignitatis Humanae. La sua enfasi sull’unità e il suo ruolo di ponte tra Oriente e Occidente hanno consolidato la sua posizione di importante leader della Chiesa. Sottolinea spesso l’importanza di avere un rapporto personale con Cristo, qualcosa che considera fondamentale per la Chiesa, che sta affrontando una grave crisi a causa del secolarismo e del relativismo. Sostiene fermamente l’esistenza della legge naturale e la sua esperienza del comunismo gli ha insegnato l’importanza che la religione può avere nel colmare il vuoto lasciato dal crollo di un’ideologia politica, e che solo un rapporto personale con Cristo porta vera libertà e felicità. Erdő nega l’universalismo, l’idea che tutti siano salvati, ma crede comunque che tutti possano esserlo. In definitiva, crede che solo attraverso Gesù Cristo l’umanità possa trovare la via verso Dio. È favorevole all’accompagnamento pastorale per i divorziati “risposati”, ma solo se non vi è “alcun dubbio” sull’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. È fermamente contrario all’accettazione delle unioni omosessuali, ma è favorevole al sostegno pastorale per coloro che soffrono di attrazione per lo stesso sesso. Sostiene l’Humanae Vitae, è fortemente pro-life e nutre una fervente devozione mariana.
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Giacomo Galeazzi, Stampa

Dalle congregazioni generali esce a bordo di una macchina dai vetri oscurati. Per l’ascesa al Soglio, i bookmaker inglesi lo quotano 11 contro 1. «Sbaglia chi sottovaluta Péter Erdo: il gelo con Francesco diventa ora un punto di forza in un conclave in cui i progressisti sono maggioranza ma si frantumano in troppe candidature disperdendo consensi, mentre la fazione conservatrice è compatta», afferma Gian Franco Svidercoschi, ex direttore dell’Osservatore Romano, amico e stretto collaboratore di Giovanni Paolo II. La pattuglia anti-modernista conta su una ventina di voti che potrebbero convergere proprio su un candidato come il porporato ungherese, già papabile nel 2013. Ciò non dispiacerebbe nemmeno ai polacchi e agli altri esponenti dell’Europa orientale, tutti su una linea moderata in dottrina e su questioni sociali come le migrazioni.
A quattro anni l’Armata Rossa gli bruciò la casa durante la repressione della rivoluzione ungherese: da allora la resilienza è la nota distintiva del percorso religioso e civile del primate magiaro. Il cardinale 72enne non si tira mai indietro nel difendere la tradizione ed è al suo terzo conclave. Guida la pattuglia di coloro che chiedono discontinuità rispetto alla stagione di Bergoglio e intendono azzerarne le aperture su comunione ai divorziati risposati e benedizione delle coppie gay.
L’arcivescovo di Budapest è stato eletto due volte a capo del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, nel 2005 e nel 2011. Ha avuto visibilità nei Sinodi dei vescovi quando ha contribuito a organizzare gli incontri sulla famiglia nel 2014 e 2015, pronunciando discorsi chiave. E nelle visite papali a Budapest nel 2021 e nel 2023. Maggiore di sei figli, è stato cresciuto da genitori cattolici ferventi in una famiglia in cui la fede era «intrecciata nel tessuto della nostra vita». Ordinato sacerdote nel 1975, è un intellettuale e un uomo di cultura.
Nella liturgia apprezza particolarmente le letture dell’Antico Testamento. Sebbene preferisca la forma ordinaria della messa, è disposto ad ammetterne quella straordinaria e la sosterrà se chiamato a farlo. Erdo era, a 51 anni, uno dei principi della Chiesa più giovani: Karol Wojtyla lo elevò al sacro collegio nel 2003. Su questioni spinose, soprattutto in Ungheria, come l’immigrazione, ha adottato un approccio equilibrato (riconoscendo il diritto di migrare) ma consapevole dei rischi derivanti dall’integrazione dei rifugiati, che non deve mettere a repentaglio la stabilità politica. È convinto che sia necessario trovare una mediazione tra solidarietà e misericordia. Si occupa dei cristiani perseguitati e ha una visione sostanzialmente benevola dell’Islam oltreché un atteggiamento dialogante nei confronti della Chiesa ortodossa. Sostiene il dialogo con le religioni non cristiane, sottolineando il valore della Dignitatis Humanae, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa. La sua enfasi sull’unità e il suo ruolo di ponte tra Oriente e Occidente hanno consolidato la sua posizione di importante leader della Chiesa europea. Cita spesso l’enciclica Mit brennender Sorge di Pio XI. «La fede è la cosa più importante nella vita - sostiene -. Le nazioni come comunità culturali con la propria lingua, memoria, strutture e cultura rappresentano un vero valore, appartengono alla ricchezza della creazione, quindi sono care al Creatore».
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Franca Giansoldati, Messaggero

In questi giorni Peter Erdo, 72 anni, esce dalle riunioni con gli altri cardinali su un’auto dai vetri oscurati. L’altro giorno è stato intercettato nel negozio Euroclero specializzato nella vendita di paramenti liturgici, calici e crocifissi. Da lui mai una parola fuori posto, un gesto smisurato, un atteggiamento controverso. Questo cardinale ungherese è il grande candidato dell’area moderata-conservatrice del Conclave, e da tempo è considerato un sicuro punto di riferimento per tanti porporati che non approvavano la strada che aveva preso la Chiesa sotto Papa Bergoglio. Di lui si dice che abbia una visione ecclesiale assai salda. Ha sempre ammirato la figura di Paolo VI, il pontefice delle riforme che fu capace di chiudere il Vaticano II senza troppi traumi, mantenendo saldo il timore del Magistero. Se fosse ancora in vita il defunto cardinale australiano George Pell avrebbe fatto certamente campagna per lui, lo vedeva come un buon successore, un uomo di fede che avrebbe potuto ripristinare tante storture in materia di diritto canonico nella Chiesa dopo il pontificato zigzagante di Francesco. In ogni caso uomo tutto d’un pezzo, decisionista, in grado di muoversi nel ginepraio della politica europea. Poliglotta, parla anche un po’ il russo imparato bambino dietro la Cortina di Ferro, un aspetto che gli sarebbe tornato utile successivamente per mantenere aperti canali con l’arcipelago del mondo ortodosso.

LE PASSIONI
Ama la musica ebraica che ascolta con piacere quando ha tempo e quella classica, soprattutto Chopin. Il poco tempo libero che ha, se gli capita, lo usa per fare lunghe camminate nella campagna ungherese. Un vero trekker. Adora il pesce alla paprika ed è un grande sostenitore della riscoperta dei piatti tipici locali tanto che, diversi anni fa, fece pubblicare un libro di antiche ricette ungheresi proprio per fare imparare ai giovani la storia e la cucina tipica. La sua storia personale fa capire tante cose di lui. Primogenito di una numerosa famiglia cattolica (lui è il primo di sei figli) è cresciuto sotto il comunismo ed è stato testimone di diversi episodi traumatici, tra cui l’avere visto la sua casa bruciare. Aveva quattro anni, era il 1956, era appena scoppiata l’insurrezione ungherese e il Cremlino aveva deciso di schiacciarla nel peggiore dei modi mandando l’Armata Rossa. L’invasione toccò da vicino anche la famiglia Erdo costretta a mettersi in salvo e fuggire con solo i vestiti che avevano addosso e poco altro. Scene traumatizzanti che Erdo non ha mai più dimenticato e ancora oggi costituiscono il bagaglio sul quale poggia la sua grande battaglia personale per la libertà religiosa nel mondo.

Ha studiato in seminario a Budapest. La sua è stata una vocazione giovanile. Era convinto che aiutare le persone verso la salvezza eterna fosse la cosa più rilevante della vita. Nel 1975 è sacerdote e viene mandato un paio d’anni a farsi le ossa in una parrocchia, ma poi essendo particolarmente brillante, il vescovo capisce che quel ragazzo operoso possedeva la stoffa per crescere ancora. Viene mandato a Roma dove si laurea prima in teologia e poi in diritto canonico al Laterano intraprendendo la carriera accademica. Inizia così a viaggiare come conferenziere in varie università, pubblicando diverse opere sull’evoluzione del diritto canonico. All’attivo ha più di 200 articoli scientifici e 25 libri, e per questo è stato premiato all’Institut Caholique di Parigi (1996).

Studia anche a Berkley negli anni Novanta e per un certo tempo è stato rettore del Collegio ungherese di Roma, insegnando alle università gregoriana e lateranense. San Giovanni Paolo II rimase assai colpito dalla visione d’insieme che aveva l’allora professor Erdo e decise di affidargli, nel 2000, la diocesi di Budapest, facendolo diventare primate d’Ungheria e cardinale. Aveva appena 51 anni. È conosciuto dai cardinali di tutto il mondo per avere diretto il Consiglio della Conferenze d’Europa per ben due mandati e per essere stato relatore al Sinodo sulla Famiglia, chiamato da Papa Francesco. «Se la fede è la cosa più importante nella vita, allora servire Cristo per far scoprire la fede agli altri, trasmettere questo dono, insegnarlo e soprattutto servire la liturgia, per me sono le cose più belle della vita» ha sottolineato. Secondo l’analisi effettuata da The College Cardinals Report, Erdo considera l’eucaristia e il sacerdozio strettamente correlati e anche per questo è contrario al celibato facoltativo per i sacerdoti. È difensore della struttura gerarchica della Chiesa e ha posto grande enfasi sul concetto di Nuova Evangelizzazione e sul ministero dei giovani. Pensa che l’Europa vada evangelizzata di nuovo, le sue radici cristiane siano una ricchezza per il mondo intero. Di conseguenza il lavoro missionario a suo parere è fondamentale. In Ungheria si è dovuto occupare di immigrazione, anche se il suo approccio verso un fenomeno mondiale non più dilazionabile è equilibrato e di buon senso, riconoscendo da una parte il diritto di migrare ma dall’altra il bisogno di lavorare ad una necessaria integrazione altrimenti il rischio è di avere dei ghetti mettendo, tra l’altro, in pericolo la stabilità politica del paese ospitante. Erdo predica un equilibrio tra solidarietà e misericordia. È anche in prima linea per la difesa dei cristiani perseguitati in tanti paesi del Medio Oriente, molti dei quali sottoposti alle violenze dell’Isis. «In loro noi possiamo vedere i discepoli di Cristo e non possiamo restare indifferenti». Il che non significa che con l’Islam il cardinale abbia maturato un atteggiamento di chiusura, tutt’altro. Per lui il dialogo interreligioso resta una strada imprescindibile per la pace.