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 2025  maggio 01 Giovedì calendario

Biografia di Jean Marc Avelline

Vito Sibilio, Nuovo Giornale Nazionale

Il Cardinale Jean-Marc Noël Aveline è Arcivescovo di Marsiglia e presumibilmente il cardinale “preferito” di Papa Francesco per la sua successione, è un prelato affabile, di grande appeal, dedito alle questioni migratorie e al dialogo interreligioso. Nacque nella città algerina di Sidi bel Abbès, un tempo sede del quartier generale della Legione Straniera francese, il 26 dicembre 1958. Nel 1962 lui e i suoi coetanei furono costretti all’esilio dopo che l’Algeria ottenne l’indipendenza. Lui e la sua famiglia vagarono di albergo in albergo, arrivando prima a Villejuif, vicino a Parigi, poi a Marsiglia, dove si stabilirono nel 1965.  Il padre di Aveline era un dipendente della SNCF (Ferrovie dello Stato francesi) e lui crebbe nei quartieri settentrionali di Marsiglia, i più poveri di questa metropoli cosmopolita che non avrebbe mai lasciato. Nel 1975 conseguì il baccalaureato a Marsiglia e due anni dopo entrò in seminario ad Avignone. Fu influenzato dal poeta e mistico Padre Jean Arnaud, cofondatore della Missione Operaia di Marsiglia. Aveline ha completato gli studi seminariali a Parigi. Ha studiato all’Istituto Cattolico di Parigi e si è laureato in greco ed ebraico biblico e in teologia. Contemporaneamente, ha studiato filosofia alla Sorbona. Aveline è stato ordinato sacerdote il 3 novembre 1984 per l’arcidiocesi di Marsiglia. In quel periodo, ha stretto amicizia con il cardinale Roger Etchegaray, che lo considerava suo “figlio spirituale”. Ha proseguito gli studi di teologia fino al dottorato nel 2000. Ha insegnato presso il seminario interdiocesano di Marsiglia, prima di assumerne la direzione degli studi. Nel 1992 ha fondato l’Institut de Science et Théologie des Religions (ISTR) a Marsiglia, che ha diretto fino al 2002.  Dal 1995 è stato direttore dell’Institut Saint-Jean, divenuto poi l’Institut Catholique de la Méditerranée, annesso all’Università Cattolica di Lione. Il suo profilo catturò l’attenzione di Benedetto XVI, che lo nominò membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso nel 2008. Dal 2008 al 2013 è stato vicario generale dell’arcidiocesi di Marsiglia. Il 26 gennaio 2014, è diventato vescovo ausiliare di Marsiglia. Papa Francesco lo ha nominato arcivescovo metropolita della città l’8 agosto 2019. Aveline è stato uno dei 21 cardinali creati da Papa Francesco nel concistoro del 27 agosto 2022. Nel settembre 2023, è riuscito a realizzare qualcosa che i suoi confratelli vescovi non erano riusciti a fare: convincere Papa Francesco a visitare la Francia per un incontro con i vescovi e i giovani del Mediterraneo a Marsiglia. La visita è stata di grande importanza per il cardinale, convinto che le questioni relative al bacino del Mediterraneo siano decisive per il futuro del mondo. Il 2 aprile 2025, il cardinale Aveline è stato eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale francese (CEF). Il cardinale Aveline è spesso descritto dalla stampa francese – cattolica o meno – come il prelato preferito di Papa Francesco, e si dice che sia il più “bergogliano” dei vescovi francesi. È particolarmente stimato dalla sinistra politica ed ecclesiastica. Le sue opinioni sul dialogo tra le fedi rispecchiano da vicino quelle di Papa Francesco: evita gli sforzi di conversione e pone invece l’accento sul “mistero” della pluralità delle religioni, sull’esperienza e sull’amicizia, tutti elementi che prevalgono sulle formule teologiche. Su alcune delle questioni più controverse che potrebbero generare controversie all’interno della Chiesa – l’ordinazione delle donne, la messa in discussione del celibato sacerdotale, l’accesso alla Comunione per i divorziati risposati – il cardinale Aveline mantiene un atteggiamento cauto ed è riluttante a prendere una posizione netta in un senso o nell’altro. Preferisce non parlare di questioni delicate né rivelare le sue inclinazioni politiche. Aveline è favorevole a un decentramento radicale nella Chiesa. I critici considerano parte di questo pensiero pericoloso, decisamente eterodosso e modernista. Le sue opinioni, affermano, virano verso l’indifferentismo, allontanandosi dalla comprensione tradizionale della fede cattolica, della rivelazione divina e della necessità della Chiesa per la salvezza. Nel 2021, Aveline si è adoperato per incoraggiare i cattolici tradizionalisti dopo la Traditionis Custodes, celebrando persino la Messa Antica dopo la pubblicazione del documento. Si è anche impegnato per appianare una controversia tra un vescovo francese tradizionalista, di cui è amico, e il Vaticano. La sua mediazione è fallita. Dalla sua nomina ad arcivescovo di Marsiglia nel 2019, il numero di vocazioni è diminuito, ma non in modo significativo. I suoi genitori sono ancora vivi e lui li aiuta a prendersi cura di loro e li vede regolarmente. Il cardinale Aveline, insignito della prestigiosa Legion d’Onore dal presidente francese Emmanuel Macron nel 2022, probabilmente guiderebbe la Chiesa nella stessa direzione di Francesco, ma con un tocco più leggero, più accademico e meno ideologico. La domanda è se, data la relativa giovane età di Aveline, i suoi confratelli cardinali vorranno continuare su questa strada per quello che probabilmente sarà un lungo pontificato. Il Cardinale non si è espresso sul diaconato femminile, sul clero uxorato, non si sa cosa pensa degli accordi con la Cina ed è contrario alle benedizioni delle coppie gay e alle restrizioni al rito antico.
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Iacopo Scaramuzzi, Rep

Secondo i suoi estimatori ha un po’ la figura di Giovanni XXIII, anche fisicamente, il Papa dall’aria bonaria che impegnò la Chiesa nella rivoluzione del Concilio vaticano II. Il cardinale Jean-Marc Aveline, 66 anni, ha un difetto, non parla bene italiano, ma molte frecce al suo arco per poter essere considerato papabile.
Poche settimane fa i suoi confratelli lo hanno eletto presidente della Conferenza episcopale francese, dopo aver tentato inutilmente di convincerlo già tre anni fa e, nella lingua dei sottotesti cara a Santa Romana Chiesa, è un segno non indifferente in vista di un Conclave, perché significa che, almeno nel suo Paese, è uomo che gode della stima dei suoi pari. Il porporato marsigliese è l’astro nascente del cattolicesimo francese, una Chiesa un tempo gloriosa e oggi piuttosto ammaccata tra la crisi degli abusi sessuali, il vento della secolarizzazione, la tentazione del ripiegamento identitario, e un confronto non di rado duro con l’islam e l’islamismo d’Oltralpe. Lui ne rappresenta il volto che ridà fiducia.
Del dialogo, con l’islam e con le culture e le religioni che si affacciano sul Mediterraneo, Aveline ha fatto la sua cifra. Quest’uomo gioviale è nato a Sidi Abbès, in Algeria, nel 1958, da una famiglia di pieds-noirs,ed è cresciuto nei quartieri settentrionali di Marsiglia, in una zona di case popolari costruite per i dipendenti delle ferrovie di Stato dove lavorava suo padre. Ordinato sacerdote nel 1984, ha vissuto quasi tutta la vita a Marsiglia. Conosce benissimo la luminosa città affacciata sul mare, da sempre uno dei centri più cosmopoliti del Mediterraneo, caratterizzata tanto dalla criminalità quanto dalla vivacità culturale, negli ultimi decenni luogo di incontro e di scontro tra la Francia tradizionale e l’immigrazione maghrebina di religione musulmana. Nel 2014 è stato nominato da Bergoglio vescovo ausiliare, nell’agosto 2019 è stato promosso arcivescovo. Ha ricevuto la berretta cardinalizia nel 2022.
Francesco, che ha incontrato Aveline una prima volta durante il suo viaggio in Marocco a marzo del 2019, ha apprezzato in particolare il suo impegno nel dialogo interreligioso, tanto che Oltretevere si ipotizzava che lo avrebbe nominato a capo del dicastero vaticano competente della materia. Professore di teologia, direttore di studi del seminario marsigliese, nel 1992 Aveline ha fondato, e diretto per un decennio l’Institut de sciences et de théologie des religions, nel 1995 ha diretto l’Istituto Cattolico del Mediterraneo. È qui che ha sviluppato una visione del rapporto tra le religioni nel bacino del Mediterraneo affine a quello che è andato promuovendo il Pontefice argentino.
È grazie al suo buon rapporto personale con il Papa che ha convinto Francesco a visitare Marsiglia nel 2023 per presiedere un incontro sulle migrazioni nel Mediterraneo. Più volte ospite degli incontri per la pace della comunità di Sant’Egidio, il Papa lo ha voluto alla doppia assemblea sinodale che si è svolta nel 2023 e nel 2024. È difficile trovare sue dichiarazioni sui temi controversi del dibattito in corso nella Chiesa. Appena arrivato a Roma, poche sere fa, ha presieduto messa in suffragio di papa Francesco alla chiesa di San Luigi dei francesi, a pochi passi da piazza Navona, mettendone in luce l’impegno per i poveri, i migranti, i «bambini non nati», contro la guerra e le armi. Ha definito quello di Bergoglio come un pontificato «immenso», nel quale il Papa «ha realizzato il programma contenuto nel suo nome: Francesco», come il santo di Assisi. Aveline ha ricordato quello che di Bergoglio diceva un altro grande cardinale francese, Jean-Louis Tauran: «I fedeli sono venuti a Roma per vedere Giovanni Paolo II, l’atleta di Dio, per ascoltare Benedetto XVI, che aveva una parola così fine e precisa, e ora vengono per toccare Francesco, questo fratello e questo padre così vicino e accessibile». Nell’ultimo giorno della sua vita, a Pasqua, Francesco ha voluto dare la benedizione urbi et orbi «con il corpo malato ma con tutta l’anima, con i gesti ridotti ma il cuore grande», e poi è sceso tra i fedeli in jeep perché, «come diceva, il pastore deve essere in mezzo al gregge, davanti al gregge, dietro il gregge». Aveline ha celebrato la messa insieme ad altri tre cardinali, i francesi Francois-Xavier Bustillo di Ajaccio, il nunzio apostolico negli Usa Christophe Pierre e il lussemburghese Jean-Claude Hollerich. Ha chiesto ai fedeli una preghiera per «il compito che ci aspetta », ossia il Conclave, affinché, ha detto, «sappiamo raccogliere l’eredità del Concilio vaticano II e dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco: che lo Spirito ci aiuti a essere altrettanto coraggiosi, fedeli e disponibili».
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Franca Giansoldati, Messaggero

In Francia, in diversi circoli cattolici, lo chiamano Giovanni XXIV per la forte somiglianza con Papa Roncalli e per le idee aperturiste sul fronte sociale. Forse è un caso che Bergoglio, alcuni anni fa, tornando da un viaggio internazionale, aveva scherzato sul nome del suo successore dicendo che potrebbe prendere il nome di Giovanni XXIV.
Il cardinale francese Jean-Marc Noël Aveline è sempre stato considerato un "protetto" di Francesco, un "bergogliano" puro, condividendo con lui la fortissima sensibilità verso i migranti e gli ultimi. Anche per questo gli era stata affidata una diocesi difficile, Marsiglia, dove la presenza degli stranieri è altissima e di conseguenza il dialogo interreligioso e con l’Islam è ormai un punto fermo per i cattolici francesi.
Al di là delle speculazioni, Aveline è conosciuto per essere particolarmente alla mano e accomodante, disposto a fare battute. Alle spalle ha un solido background ed è considerato un intellettuale serio, con un dottorato in teologia e una laurea in filosofia e diverse lingue parlate, arabo compreso. Unico neo, invece, è che non parla l’italiano e per un candidato al Soglio di Pietro è da sempre visto come un punto a sfavore al pari di avere la nazionalità francese. Dopo le ben note vicende storiche di Avignone in nessun conclave si è mai più presa in considerazione l’idea di eleggere un figlio della Francia. Stavolta, però, questo pregiudizio "territoriale" potrebbe anche cadere poiché Aveline è un fortissimo sostenitore dell’Europa unita, del dialogo, della moderazione.
IL PASSAGGIO
È nato in Algeria 67 anni fa da una famiglia di immigrati spagnoli che si sono trasferiti in Francia dopo l’indipendenza algerina e così ha vissuto la maggior parte della sua vita a Marsiglia, un crocevia di culture e religioni per secoli. Serio, affidabile, concreto. La carriera ecclesiastica di Aveline è stata favorita in ogni modo da Francesco: vescovo nel 2013, arcivescovo nel 2019, cardinale nel 2022.
Nel 2023 la sua posizione si è rafforzata ulteriormente quando ha organizzato una importante conferenza internazionale sulle questioni mediterranee in cui Papa Francesco è stato l’ospite d’onore assieme a Macron.
In un colloquio organizzato a Roma con un gruppo di giornalisti l’arcivescovo di Marsiglia aveva parlato a lungo dei flussi migratori del Mediterraneo sostenendo che sono la prova più dura per l’Europa e pure per la Chiesa. Aveva rigettato l’idea «naif» di dover accogliere tutti viste le conseguenze sociali che comporta un fenomeno mal gestito. Il riferimento riguardava le banlieue di tante città francesi e diversi quartieri ghetto in Germania, Belgio, Olanda, Svezia.
LA VISIONE
«Il fatto è che chi insiste nel dire che si deve accogliere senza limiti non vive di certo nei quartieri di tante città segnate da un alto tasso di disoccupazione, spaccio di droga, degrado, assenza di sicurezza. Bisogna evitare i discorsi ingenui. È pericoloso. Nello stesso tempo, ovviamente, occorre sfuggire al rischio di criminalizzare il migrante che fugge come se fosse la causa di tutti i mali universali. Anche in questo caso è frutto di una visione distorta, spesso una strumentalizzazione elettorale. Penso che per i cristiani vi sia una terza via da seguire, che è quella della linea profetica di attuare la prossimità, individuare il bene comune, cercare una armonia con il tutto».
VOTI
Sul fronte ecclesiale Aveline è favorevole a un forte decentramento all’interno della Chiesa ma su di lui peseranno negativamente i voti dei conservatori e di quelli moderati-rigorosi poiché in questi anni in Francia ha dato filo da torcere a quella minoranza cattolicissima che vuole continuare a dire la messa in latino, secondo il messale del 1962. E’ lui ad aver fatto le pulci ad una diocesi, quella di Frejus-Toulon, e messo nei guai un vescovo francese solo perché aveva la predisposizione ad accogliere, sul territorio troppi conservatori e preti amanti della messa in latino. Una tendenza che Papa Bergoglio non ha mai tollerato, così come tanti cardinali di curia fino a farne una specie di crociata interna.
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Pier Luigi Vercesi, Cds

Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, due anni fa riuscì nell’impresa di portare papa Francesco in visita apostolica nella sua città. Il Pontefice ribadì più volte che non si recava in Francia, andava a Marsiglia, nel cuore pulsante e dolente del Mediterraneo. Agli stretti collaboratori, Bergoglio confidò che Aveline gli ricordava Giovanni XXIII, non si sa se per l’aspetto fisico o per l’approccio bonario. Si sa però che la biografia del porporato francese è una parabola vivente del dramma che quotidianamente mortifica le acque del Mare Nostrum.

Il cardinale Aveline è infatti un migrante scacciato dalla terra in cui è nato. Un piccolo pied-noir, come venivano definiti i francesi d’Algeria, nato il 26 dicembre 1958 a Sidi Bel Abbès, ai piedi del massiccio del Tessala, e subito trasferitosi con la famiglia a Colomb-Béchar, oasi al confine con il Marocco, dove il padre ferroviere era stato assegnato. Viaggiarono in treno, un convoglio con la prima carrozza vuota, nel caso i binari fossero stati minati.

Gli Aveline vivevano da quattro generazioni in quella che ormai era la loro terra, da quando, nell’Ottocento, avevano trovato lì una dignitosa sopravvivenza che in patria era loro negata. Trasferitisi a Costantina nel 1962, in poche settimane la situazione politica precipitò e il 7 novembre dovettero imbarcarsi con un biglietto di sola andata per la Francia. Marsiglia, poi la Gare de Lyon a Parigi, accolti dal disprezzo dei francesi che li consideravano un corpo estraneo. Il padre trovò lavoro nella periferia della capitale e casa in una baracca a Vaires-sur-Marne. Il destino sembrò accanirsi sugli Aveline quando nel 1965 morì, a sette mesi, la terzogenita Martine e Jean-Marc e la sorella minore Marie-Jeanne vennero ricoverati per una meningite cerebrospinale acuta. Miracolosamente guariti, il padre ottenne il trasferimento a Marsiglia, di fronte al mare, nella speranza di un nuovo inizio.

La vocazione di Jean-Marc fu precoce: a 9 anni espresse il desiderio di farsi prete. Dopo il liceo entrò nel seminario di Avignone, fece il servizio militare e lo indirizzarono all’Institut Catholique de Paris. In parallelo frequentava, per la formazione pastorale, Villejuif in Val-de-Marne, dove era vivo l’esempio di padre Christian Roussin, il «prete tra i poveri» che accoglieva i migranti. Jean-Marc immaginò che quella fosse la sua «chiamata a Cristo»: assistere chi stava vivendo la sua stessa esperienza. Aveva conosciuto il dolore del rifiuto, l’incomprensione generata dai pregiudizi, ora «potevo dimostrare che è possibile una fraternità tra ebrei, cristiani e musulmani, come quando vivevamo insieme sotto il sole di Costantina, Orano o Algeri e s’intrecciavano i fili di quella mescolanza culturale che ci ha plasmati, condividendo kémias e mounas (cibi tipici del Nord Africa, ndr), prima che un vento perverso invadesse le stradine delle nostre città, insinuando sfiducia, rompendo amicizie, distillando odio».

Venne ordinato diacono nel novembre del 1983 nella chiesa di Sainte-Colombe, punto di riferimento di quelle baracche abitate da immigrati, e sacerdote l’anno successivo nella cattedrale di Marsiglia. Mentre ultimava gli studi di teologia all’Istituto Cattolico e quelli di filosofia alla Sorbona, contribuì a far crescere la Gioventù Operaia Cristiana (Joc). Tornato a Marsiglia, chiese all’arcivescovo Robert Coffy di essere ordinato cappellano dei giovani dei quartieri nord, i più poveri. In risposta venne nominato professore di teologia dogmatica al seminario interdiocesano. Si era fatto la fama del «secchione» e questa sua propensione sembrava allontanarlo dalla pastorale tra i più umili, suo principale desiderio.

Marsiglia, città di origini fenicie, miscuglio di anime mediterranee e al tempo stesso nel mirino dei terroristi, nel 1990, per iniziativa del sindaco Robert Vigouroux, divenne un laboratorio di incontro interreligioso, e il ruolo della Chiesa cattolica fu determinante. L’arcivescovo incaricò Aveline di dotare la diocesi di uno strumento di formazione sulle relazioni interreligiose, nella pratica un’università. Nasceva così, nell’ottobre del 1992, l’Istituto di Scienze e Teologia delle Religioni. Jean-Marc aveva 33 anni e per i dieci successivi sarebbe stato l’anima dell’istituto, conseguendo anche un PhD presso l’università Laval in Quebec, e ricoprendo poi l’incarico di consultore del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

Nel 2013 papa Francesco lo nominò vescovo. L’elevazione ad arcivescovo giunse per telefono poco prima di mezzogiorno del 5 luglio 2019. Aveline era in una lavanderia a gettoni dove aveva appena fatto il bucato. «E così, veniva affidato al mio ministero questa città, questo popolo che ha accolto la mia famiglia donandoci senso di appartenenza e speranza nel momento più difficile della nostra esistenza. Quando tre anni dopo papa Francesco mi ha consegnato la berretta cardinalizia, avvicinandosi al mio orecchio sussurrò: “E soprattutto, resta vicino alla gente”». A Jean-Marc Aveline sovvenne una frase di san Charles de Foucauld, trucidato in Algeria nel 1916: «Spesso lavoriamo per qualcosa di diverso da quello che crediamo». Il «secchione» che voleva stare coi migranti ma era sempre stato deviato alle aule universitarie era diventato il punto di riferimento per le cinque sponde del Mediterraneo: Nordafrica, Medio Oriente, Mar Egeo e Mar Nero, Penisola balcanica ed Europa. Un cardinale francese venuto dal Maghreb con la missione di trasformare un cimitero di anime abbandonate in un luogo di fratellanza.
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Domenico Agasso, La Stampa

Francesco non ha nascosto la sua ammirazione per Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, neo presidente dei vescovi di Francia. Avrebbe confidato a più d’uno di considerarlo in grado di raccogliere il peso del papato. Una stima non solo spirituale, ma anche pastorale e teologica. Per il Papa argentino, il cardinale Aveline incarna quel volto di Chiesa che guarda agli ultimi, abbraccia le diversità, non teme i margini.
Non è un caso se, nel settembre del 2023, il Vescovo di Roma ha voluto andare a Marsiglia. Non in Francia, come lui stesso ha precisato più volte, ma a Marsiglia. Una scelta simbolica, potenzialmente profetica. Marsiglia, per Francesco, è più di una città francese: è crocevia di popoli, laboratorio di convivenza, terra di frontiera e di speranza. E lì, a fare da anfitrione e guida, c’era proprio Aveline. Una tappa significativa del pontificato, con un messaggio chiaro: la Chiesa del futuro nascerà dai confini, non dal centro.
Il profilo di Aveline, oggi, è tra i più osservati in vista del Conclave. Non solo per le sue qualità spirituali e intellettuali, ma anche per la coerenza silenziosa con cui ha percorso il suo cammino ecclesiale. È circolata la voce che non parlerebbe bene l’italiano in pubblico, lingua fondamentale per un pontefice. Ma non è così. E quando serve, sa usare anche l’umorismo.
Durante la Messa di domenica a Roma, nella parrocchia di Santa Maria ai Monti, Aveline ha offerto un’omelia breve, densa e incisiva. Ha pronunciato parole che hanno toccato corde profonde: «Solo l’amore è credibile. Non bisogna avere paura della verità». E ha allargato lo sguardo verso il cuore della missione petrina: «C’è un fardello pesante sulle spalle di Pietro». Non era un’allusione a se stesso, ma una meditazione sulla croce del servizio. Eppure, chi era presente ha colto la gravità di quel pensiero, in un momento storico in cui la Chiesa si prepara a voltare pagina.
Non ha dimenticato i piccoli. Ha ricordato uno a uno i ragazzi a cui aveva conferito la cresima una settimana prima. Li ha chiamati per nome. Gesto semplice, ma eloquente.
Ha citato Charles de Foucauld, uno dei suoi riferimenti più amati, il santo della fraternità universale e della vita nascosta: «Non abbiamo paura di coloro che sono diversi da noi: ogni uomo, ogni donna è un fratello o una sorella per cui Cristo è morto». È questa la cifra del suo ministero: un Vangelo senza confini, una Chiesa senza porte chiuse, una pastorale che mette al centro l’umano prima di ogni altra identità.
Aveline è figlio del Mediterraneo. Nato in Algeria, cresciuto tra due sponde, ha conosciuto la povertà, le tensioni del pluralismo e le potenzialità della convivenza. Mai ha trasformato il dialogo in ideologia, ma lo ha vissuto come esigenza evangelica. A Marsiglia, ha promosso la relazione con il mondo musulmano, ha ascoltato i giovani, ha accolto i migranti, ha animato una diocesi spesso difficile con pazienza e fermezza. Ha un pensiero forte sul rapporto cristiani-ebrei che lo avvicina a Ratzinger e Lustiger, già presule a Parigi, ebreo di origine.
Aveline è mite e solido. Spirituale e pragmatico. Se il prossimo papa dovrà saper parlare al mondo e alle periferie, costruire ponti in un tempo di fratture, ascoltare e far sintesi, a Marsiglia c’è un pastore che ha tutte le carte in regola per raccogliere questa sfida.