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 2025  maggio 01 Giovedì calendario

Biografia di Anders Arborelius

Vito Sibilio, Nuovo Giornale Nazionale

Anders Arborelius OCD è  vescovo di Stoccolma,  unica diocesi cattolica in Svezia. Nato il 24 settembre 1949 a Sorengo, in Svizzera, è cresciuto come luterano a Lund, in Svezia. Si è convertito al cattolicesimo nel 1969, all’età di 20 anni, a Malmö ed è entrato nel monastero carmelitano di Norraby nel 1971, professando i voti perpetui a Bruges, in Belgio, sei anni dopo. È stato ordinato sacerdote a Malmö l’8 settembre 1979. Arborelius è stato nominato Vescovo di Stoccolma da Papa Giovanni Paolo II nel dicembre 1998, diventando il primo vescovo svedese cattolico dopo la Riforma protestante.  Dal 2005 al 2015 è stato presidente della Conferenza Episcopale della Scandinavia, di cui è stato eletto vicepresidente nel 2015. È stato anche membro della Commissione di Presidenza del Pontificio Consiglio per la Famiglia dal 2002 al 2009. Nel 2017, Papa Francesco lo ha elevato al cardinalato. Il Cardinale Arborelius ha conseguito un Master in Lingue Moderne presso l’Università di Lund e ha studiato Teologia e Filosofia a Bruges e a Roma, dove ha conseguito la Licenza in Spiritualità presso la Pontificia Facoltà Teologica Carmelitana (Teresianum). È membro di diversi dicasteri vaticani, tra cui quelli per il Clero, i Vescovi, le Chiese Orientali, la Promozione dell’Unità dei Cristiani e il Consiglio per l’Economia. Nel giugno 2022, gli è stata conferita una medaglia dal Re di Svezia per il suo contributo alla vita della Chiesa. È autore di diversi libri in svedese, incentrati sulla spiritualità e sulle biografie di importanti figure religiose. Prelato dai modi gentili e riflessivo, il Cardinale Arborelius nutre devozione per la Santa Eucaristia, è ortodosso negli insegnamenti e coltiva una sincera devozione alla Beata Vergine Maria. Sostiene gli insegnamenti della Chiesa sulla vita, difende il celibato sacerdotale e si oppone all’ordinazione delle donne. È stato anche schietto nelle sue critiche al Cammino Sinodale Tedesco e ha difeso con forza la natura universalmente applicabile e immutabile dell’insegnamento morale della Chiesa, in particolare per quanto riguarda l’etica sessuale e di genere. Il Cardinale promuove come il dialogo interreligioso e l’ecumenismo, che promuove, sebbene si opponga alla ricezione dell’Eucaristia da parte dei non cattolici. Come molti suoi connazionali, nutre una fervente preoccupazione per l’ambiente, arrivando a sostenere una legge internazionale contro l’"ecocidio”. Si allinea con Papa Francesco sull’immigrazione. In materia di liturgia, ha sorpreso molti con l’attuazione della Traditionis Custodes, sopprimendo il vetus ordo (la Messa in latino antico) in alcune parrocchie. Nonostante il dilagante secolarismo in Svezia, la sua diocesi ha registrato una leggera crescita del numero di vocazioni durante il suo mandato episcopale e un aumento della frequenza alle funzioni religiose, in gran parte favorito dall’aumento dell’immigrazione nel Paese. Arborelius è una persona genuinamente mite e umile. Questo gli ha fatto guadagnare il rispetto sia dei cattolici che dei non cattolici. La santa preferita del cardinale è Teresa di Gesù Bambino. Predilige la preghiera silenziosa e senza parole e ama i romanzi gialli e la cucina. È un linguista esperto, avendo conseguito un master in lingue moderne presso l’Università di Lund. Oltre allo svedese, sua lingua madre, parla fluentemente inglese, spagnolo, francese, tedesco e olandese. Contrario all’ordinazione femminile e al clero uxorato, non si è espresso sulle benedizioni alle coppie dello stesso sesso. Favorevole al cammino sinodale e alle restrizioni al rito antico, ha una posizione riservata sugli accordi tra Vaticano e Cina.
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Carlotta Verdi, Cds

Anders Arborelius, 75 anni, incarna la semplicità dell’Ordine a cui appartiene. Il carmelitano svedese citato tra i papabili successori di Francesco ripete più volte: «È piuttosto fantasioso che scelgano me come Papa». Nella cattedrale di St. Erik, a Stoccolma, il cardinale prepara la partenza per Roma e risponde pacato ai giornalisti svedesi che non sanno bene come rivolgersi a lui e spesso lo chiamano vescovo. Lui non ci fa caso. Saio marrone e sandali neri, prima di diventare vescovo di Stoccolma e poi primo e unico cardinale del Nord Europa dai tempi della riforma luterana, Arborelius ha vissuto 27 anni nel monastero carmelitano di Norraby, nella Svezia meridionale. Nato a Sorengo, Canton Ticino, da genitori svedesi, è stato battezzato luterano ed è cresciuto a Lund (sud della Svezia). A 20 anni la conversione al cattolicesimo.

La sua chiesa conta circa 130 mila fedeli, meno dell’1,5% della popolazione svedese, per lo più provenienti da altri Paesi. «In una parrocchia cattolica in Svezia ci sono tra le 50 e le 100 nazionalità», spiega. Arborelius condivide la linea di papa Francesco sulla migrazione e da sempre sostiene politiche di integrazione. In un Paese secolarizzato come la Svezia, nel 2017 era persino stato eletto svedese dell’anno dalla rivista Fokus.

Che cosa pensa della sua candidatura a Papa?

«È opportuno ricordare che non esistono veri e propri candidati. In ogni caso è illusorio pensare che venga scelto qualcuno proveniente da questa parte del mondo. Se mai dovesse succedere, mi rivolgerò allo Spirito Santo per sapere in che direzione andare».

Vescovo di Stoccolma dal 1998, nel 2017 è stato nominato cardinale. Perché il Papa l’ha scelta?

«Era tipico di Francesco scegliere persone che provengono dalla periferia, e noi siamo una periferia. Quando sono stato nominato cardinale, eravamo in quattro provenienti da Paesi dove non c’erano mai stati cardinali: insieme alla Svezia, Mali, Laos ed El Salvador. Il Papa voleva che la Chiesa si espandesse anche nei contesti più piccoli, ed è molto stimolante pensare che anche le piccole Chiese locali, povere e trascurate, siano una realtà viva. Fa parte della visione cattolica includere, non escludere».

Per Francesco la Chiesa doveva essere povera e per i poveri. Pensa che le sue riforme debbano proseguire?

«Noi crediamo che Gesù sia venuto proprio con una buona novella per i poveri. Bisogna anche considerare che la “povertà” ha diversi significati. Nella nostra parte del mondo si tratta spesso di povertà spirituale, di coloro che hanno perso la speranza e si sentono completamente abbandonati. Questo significa che la Chiesa, in ogni epoca, deve riconoscere chi ha più bisogno di grazia. E questo vale anche per il lavoro di riforma: la Chiesa deve fare attenzione a non rimanere intrappolata nelle logiche del potere e della ricchezza. Deve mantenere viva la fiamma interiore».

E qual è il bisogno più grande nella nostra epoca?

«Ogni cultura ha bisogni diversi. Nella nostra cultura occidentale, dove è radicata una visione materialista e individualista, c’è bisogno di una riscoperta del mondo spirituale. Di Gesù che ci libera dall’attaccamento al materiale, al potere, alla gloria».

Lei non sembra un tipico cardinale. Come si descriverebbe?

Non esistono veri candidati

Ed è illusorio pensare che venga eletto qualcuno proveniente

da questa parte del mondo

«Sono stato formato nella tradizione monastica, ho vissuto 27 anni in un monastero. Forse la sorpresa più grande per me è stata proprio quella di diventare prima vescovo, poi cardinale. Ma fa parte anche della visione di papa Francesco, che voleva riflettere il più possibile la varietà della Chiesa: dalla vita religiosa alle origini nazionali. La Chiesa è così ampia che può superare le divisioni, come quelle tra chi vive nel mondo e chi vive in monastero».

Chi sosterrà durante il Conclave?

«Non ho un favorito in particolare. Ma credo che sarebbe molto naturale scegliere qualcuno proveniente dall’Africa, dall’Asia o comunque da quelle parti del mondo dove la Chiesa è in qualche modo più viva, più dinamica e con più futuro. Lo Spirito Santo ci aiuterà a trovare la persona più adatta».

Dovrebbe essere qualcuno più liberale o più conservatore di papa Francesco?

«Credo che queste etichette non significhino molto nel nostro contesto, perché la Chiesa non è un gruppo politico. Certo, esistono opinioni diverse, ma la Chiesa ha bisogno di qualcuno che stia al di sopra delle classificazioni politiche, in modo da non rimanere troppo legata al modo in cui il mondo valuta le cose. Serve qualcuno che sappia riconciliare, creare unità».

Che eredità lascia Francesco?

«Ha voluto dare voce ai poveri e ha lottato per l’ambiente. Temi che riguardano l’interesse generale e oggi vengono messi in discussione. Diretto e spontaneo, ci ha restituito un’immagine più positiva della Chiesa. Non aveva paura delle verità scomode e voleva costruire la pace. Uno dei pochi che riusciva a superare la polarizzazione, così forte nel nostro tempo. Una degli ultimi che ha incontrato è stato il vicepresidente degli Usa JD Vance, con cui è stato piuttosto diretto ma anche rispettoso. Questa era il Papa: voleva dialogare con tutti, ma anche dire chiaramente quando qualcosa non era giusto».

Come ha accolto la notizia della sua scomparsa?

«È stato uno choc perché pensavamo che stesse meglio. Provo dolore ma soprattutto gratitudine. A Pasqua ci ha voluto salutare un’ultima volta. Probabilmente ha ignorato le raccomandazioni dei medici quando è uscito in Piazza San Pietro, ma per lui era più importante stare tra la gente».

Qual è il suo ultimo ricordo con papa Francesco?

«L’ultima volta che l’ho incontrato è stato a gennaio, per caso, nella mensa di Casa Santa Marta. C’era con noi anche la pastora Catharina Segerbank, e i suoi collaboratori, che avevano lavorato per donare una delle chiese più grandi di Stoccolma alla Chiesa cattolica. Il Papa ha voluto esprimere personalmente la sua gratitudine. L’ho visto anche in occasione del pellegrinaggio nordico, a febbraio, quando 1200 cattolici scandinavi hanno visitato Roma. Arrivò con un’ora di ritardo all’udienza. Non aveva la puntualità svedese, aveva ricevuto un altro gruppo prima. Sembrava molto stanco e provato, ma non appena incontrava le persone si illuminava».
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Franca Giansoldati, Messaggero

Nel 2017, quando Papa Francesco si affacciò dal palazzo apostolico per l’Angelus e al termine fece l’annuncio a sorpresa di voler creare a breve cinque nuovi cardinali, tra cui il vescovo di Stoccolma, Anders Arborelius, il suo nome risuonò per la prima volta con grande meraviglia di tutti. Era sconosciuto ai più e per giunta non c’era mai stato prima un cardinale in Svezia. Per quale bizzarro motivo veniva premiato quel frate carmelitano devoto a Santa Teresa del Bambin Gesù in un paese ormai scristianizzato e dove i cattolici rappresentano solo l’1,5% della popolazione? Il fatto è che l’anno precedente andando a Lund, a celebrare il 500esimo anniversario della riforma luterana, Bergoglio ebbe occasione di fare una approfondita radiografia di quel vescovo testardo e carismatico, apprezzato tanto dai conservatori che dai progressisti svedesi, capace di farsi strada su terreni politici a dir poco impervi come l’immigrazione. Gliene avevano parlato bene in diversi.

Colto, poliglotta, con un buon percorso teologico alle spalle, Arborelius si era concentrato molto sull’ecumenismo, sul dialogo con l’islam e per sua natura sembrava incapace di erigere steccati con il prossimo al punto che Francesco, in una conversazione con dei gesuiti, risalente a tre anni fa, tracciò di lui l’identikit di un potenziale successore. Disse: «Un uomo che è un modello di guida: non ha paura di nulla. Parla con tutti e non è contro nessuno. Punta sempre al positivo. Credo che una persona come lui possa indicare la strada giusta da seguire».

Il pre Conclave
Da allora il nome di Arborelius ha preso a circolare seriamente negli inner-circle del deep-state della Chiesa, anche perché proprio in quel periodo partiva la prima onda del pre-conclave a causa dei problemi di salute del pontefice. Oggi a chi chiede ad Arborelius – 75 anni – se si sente un papabile lui risponde sgomento che purtroppo quando i mass media imboccano questa strada non c’è niente da fare. Peccato però che a lanciarlo in questa direzione sia stato lo stesso Francesco dopo avere preso visione in loco degli incredibili risultati raggiunti al Nord. La Svezia resta l’avamposto dell’Europa scristianizzata, considerata terra di missione a ragion veduta per l’esiguo numero di battezzati. Tuttavia i progetti sull’evangelizzazione avviati da Arborelius hanno portato a un progressivo numero di battesimi, anche adulti. Segnali incoraggianti raggiunti curando in prima persona le comunità straniere. Nel frattempo per i 30 mila cattolici caldei provenienti dall’Iraq e dalla Siria Arborelius ha acquistato tre ex chiese luterane dismesse e ha iniziato a programmare attività pastorali in varie lingue, tra cui inglese, francese, spagnolo, coreano, italiano e vietnamita. I battesimi sono arrivati come conseguenza. L’analisi di Arborelius sul cristianesimo in Svezia può essere applicata benissimo all’Europa intera. «La società svedese tende ad essere molto segregata tra svedesi e immigrati ma se siamo disgregati anche tra noi non è un buon segno. Dobbiamo dimostrare che siamo uniti in Cristo e che ci preoccupiamo gli uni degli altri, che ci rispettiamo e impariamo reciprocamente».

Arborelius è stato consacrato vescovo da Giovanni Paolo II nel dicembre 1998. Dal 2005 al 2015 è stato presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia. Nel 2017, Francesco lo ha promosso cardinale, strabiliato dal lavoro pastorale, politico e sociale fatto in Scandinavia. Il cardinale quando non è in giro a visitare le varie comunità, nel poco tempo libero ama leggere dei polizieschi e la buona cucina.

Ha trascorso diversi anni sui libri, prima si è laureato in lingue moderne all’università di Lund e poi teologia e filosofia a Bruges e a Roma, dove ha conseguito una laurea in spiritualità al Teresianum. Dopo il cardinalato è stato chiamato in curia come consultore in diversi dicasteri primari: clero, vescovi, chiese orientali, promozione dell’unità cristiana. Siede anche nel Consiglio per l’economia. Nel 2022 gli è stata conferita una medaglia dal re di Svezia per i contributi alla vita della Chiesa. È autore di diversi libri sulla spiritualità. Gli amici lo descrivono con un carattere riflessivo e accomodante sebbene sui principi sia granitico. Ha suscitato enormi consensi quando si è opposto pubblicamente agli eccessi delle riforme sinodali volute dalla potente Chiesa tedesca. Arborelius difende il celibato sacerdotale ma si oppone alle donne prete. Inoltre si è fatto notare anche quando ha recentemente pubblicato un corposo documento sull’etica sessuale e il genere. Praticamente una road map per limitare gli eccessi ideologici del movimento arcobaleno «quando veicola – si legge – un’immagine della persona umana che dissolve l’integrità corporea dell’individuo, come se il sesso biologico fosse qualcosa di puramente casuale. Per questo contestiamo che tali opinioni vengano imposte ai bambini come non fossero ipotesi audaci, ma fatti accertati; quando viene imposto ai minori il peso opprimente di dover determinare la propria identità senza che siano attrezzati per farlo». Una chiara (e pesante) critica anche alle politiche decise da Bruxelles. Cosa che ha sollevato l’immediato plauso di gran parte del Collegio Cardinalizio.

Il motto episcopale di Arborelius è: In Laudem Gloriae (A lode della gloria). «La trovo un’espressione di tutto ciò che sono. Penso che il primo dovere e il nostro privilegio sia di onorare e glorificare Dio, ed è una cosa che è stata un po’ dimenticata. L’uomo non viene mai ridotto da questo aspetto, ma al contrario, cresce, diventa più libero e più felice. Uno dei miei più grandi desideri è aiutare le persone a scoprirlo».