Il Messaggero, 1 maggio 2025
Celeste Dalla Porta: «Quanta invidia per il mio successo. I pettegolezzi su me e Sorrentino voci meschine che mi imbarazzano»
Ventisei anni, un solo film in curriculum, Parthenope, e mille tappe bruciate alla velocità della luce: il tappeto rosso di Cannes lo scorso maggio, un David come “rivelazione italiana” a dicembre e uno in predicato come miglior attrice, che si contenderà fra una settimana con le colleghe Barbara Ronchi, Romana Maggiora Vergano, Martina Scrinzi e Tecla Insolia.
Eppure da due anni la milanese Celeste Dalla Porta – nipote d’arte del nonno fotografo Ugo Mulas – è felicemente prigioniera del suo personaggio, la seducente musa Parthenope, intorno alla quale Paolo Sorrentino ha costruito il suo ultimo film: «Spero di tornare a recitare, sono ferma da tanto», dice. E respinge con fermezza il gossip secondo cui lo sposatissimo Premio Oscar avrebbe perso la testa per lei: «Gossip meschino, frutto di invidia».
Un film e subito ai David: che effetto fa?
«È tutto nuovo e sorprendente. Sono molto onorata».
Ha definito il film di Sorrentino “un nuovo percorso di vita”. Dove l’ha portata?
«In tanti posti del mondo, mi ha fatto viaggiare. E mi ha offerto, spero, consapevolezze più salde».
Consapevolezza di cosa? Del suo talento?
«Difficile dirlo. Sento molte aspettative nei miei confronti, ma per stare dietro alla promozione sono rimasta ferma per due anni. Che sono tanti. Ho molta voglia di tornare a recitare, mi manca».
Ha ricevuto molte proposte nel frattempo?
«Sinceramente no».
C’è qualcosa che l’ha sorpresa in positivo di questa esperienza?
«Sapevo che la mia vita sarebbe cambiata nel momento stesso in cui Sorrentino mi ha scelta».
E in negativo?
«Se fai un film così, capisci che le persone che ti restano vicine sono quelle che ti vogliono veramente bene».
Che intende?
«C’è molta invidia, purtroppo, soprattutto nel giro delle amicizie del cinema. Non sapevo che un giorno avrei dovuto scegliere di chi fidarmi. Ci sono persone che non vedono l’ora di sputtanarti».
Quindi oggi di chi si fida?
«Ascolto i consigli di mia mamma (l’artista Melina Muras, ndr), che è il mio punto di riferimento. E delle mie coinquiline di Roma, sono meravigliose».
Fanno le attrici?
«No. Però lavorano nel cinema».
Gira la voce secondo cui avrebbe fatto perdere la testa a Sorrentino. C’è del vero?
«L’ho sentita girare, questa voce, e non so che dire: sono in imbarazzo. Come dicevo prima, c’è chi non vede l’ora di trovare una scusa per sminuire il prossimo. Sento una forte invidia, come se dovessi giustificare questa fortuna. Ma in fondo me lo aspettavo».
Perché?
«Perché ho fatto un film delicato, che Paolo ha dedicato a Parthenope. Si sente tutto il suo amore per il personaggio. Ma... io non sono Parthenope. Anzi, sono molto diversa da lei».
Però quel personaggio l’ha resa molto desiderabile: Parthenope è simbolo di gioventù e bellezza. È a suo agio in un ruolo così seduttivo?
«Se la richiesta di Paolo era quella di diventare desiderata e desiderabile, sono felice di esserci riuscita. Ma il pubblico di questo film è molto discreto: ho ricevuto messaggi meravigliosi, ma nient’altro».
Teme di restare imprigionata in Parthenope? Come pensa di “uscirne”?
«Mi sono tagliata la frangia, subito dopo, per dare un segno. Ma in fondo questo personaggio così iconico penso che resterà sempre con me. E non mi dispiace».
Cosa sogna di fare adesso?
«Vorrei scoprire se riesco davvero a fare altro. Ci sto pensando, a cosa fare. Ma caratterialmente sono lenta. Ho i miei tempi, un’indole poco occidentale: non ho fretta di fare o di andare chissà dove. Voglio finire con calma e onorare questo grande periodo della mia vita. Poi, certo, mi piacerebbe andare all’estero, lavorare in una serie».
Invidia “positiva”. Quali attrici italiane le piacciono ?
«Mi piace tanto Linda Caridi, ha una carriera davvero interessante, la trovo molto brava. Al maschile, Luca Marinelli. Faccio parte di una generazione di attori interessantissima. E poi c’è Valeria Golino: fantastica non solo come attrice».
Che fa, pensa alla regia?
«Di certo mi affascina, mi piacerebbe scrivere un soggetto e dirigerlo. Ma la verità è che ogni volta che penso a una storia, mi ci vedo dentro. Finché succede, vuol dire che non sono pronta. Lo farò solo quando riuscirò a liberarmi di me».