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 2025  maggio 01 Giovedì calendario

La Storia secondo Putin

«Siamo una nazione di vincitori». Vladimir Putin inaugura il ponte di dieci giorni di festeggiamenti che si concluderà il 9 maggio in piazza Rossa con la sfilata militare per gli 80 anni della resa del Terzo Reich, tracciando paralleli storici più che espliciti. Mentre la propaganda del regime raggiunge vette sempre più assurde, con neonati che nei reparti maternità vengono vestiti con cappellini da soldati con tanto di stella rossa a cinque punte, il Cremlino sembra definitivamente deciso a sovrapporre la Seconda guerra mondiale a quella che oggi la Russia sta conducendo contro l’Ucraina. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov evoca lo spettro di una mobilitazione di massa, perché «un grande Paese è pronto a ergersi in qualunque momento». E il suo principale indica chiaramente il nemico, parlando dei «carri armati con le croci, di produzione tedesca», rappresentanti delle «nazioni sconfitte, che vogliono sovvertire e imporci qualcosa».
Il revival della nostalgia staliniana ha spinto ieri il leader russo a tornare sulla proposta di restituire a Volgograd il nome di Stalingrado. Un’idea che gli abitanti della città sul Volga avevano già bocciato nei sondaggi anche in anni recenti, ma sulla quale Putin nella sua passione per il passato sovietico continua a insistere. Alla vigilia dei festeggiamenti ha ordinato di dare il nome di Stalingrado all’aeroporto cittadino, in una contraddizione abbastanza surreale che però probabilmente considera un passo verso il suo sogno di ribattezzare la città, anche se ieri ha detto che «dovranno decidere gli abitanti», un’indicazione che probabilmente i burocrati locali non mancheranno di seguire a breve. Intanto, la televisione russa trasmette filmati dei soldati russi che decorano con manifesti inneggianti alla vittoria sul nazismo e bandiere – tricolori della Federazione Russa e rosse dell’Unione Sovietica – le rovine quasi disabitate di Bakhmut, la città ucraina conquistata dalle truppe di Mosca dopo mesi di feroci combattimenti.
Una visione della “vittoria” che dovrebbe nelle intenzioni richiamare il trionfo dell’Armata Rossa nella Berlino di 80 fa, e Peskov non a caso ribadisce che la Russia ha «il dovere di vincere» in Ucraina, perché «è un Paese in cui i germi del nazismo hanno iniziato a germogliare più velocemente che in altri Paesi europei», anche se dice che Putin è disponibile a «metodi diplomatici». Mentre Kyiv continua a invitare i russi a una tregua di almeno 30 giorni, la posizione di Mosca appare piuttosto contraddittoria: Peskov insiste sulla disponibilità a trattare senza condizioni, ma il ministro degli Esteri Sergey Lavrov snocciola tutta una serie di condizioni preliminari, tra cui il controllo russo sulla centrale nucleare di Zaporizzhia, che il responsabile dell’agenzia Rosatom Aleksey Likhaciov invece non esclude di poter gestire insieme agli americani, come vorrebbe Washington. Potrebbe essere il segnale di uno scontro interno al Cremlino – Lavrov è stato allontanato dal negoziato con gli Usa perché troppo falco – oppure una operazione di depistaggio degli interlocutori americani. Donald Trump infatti ieri ha ripetuto in un’intervista alla Abc che «Putin vuole fermare tutto questo», anche se non ha escluso che «potrebbe prendermi un po’ in giro». Il repubblicano resta comunque convinto di essere riuscito a impedire «l’occupazione di tutta l’Ucraina», esito inevitabile secondo lui se non fosse per il «rispetto» che il dittatore russo proverebbe nei suoi confronti.
Non stupisce dunque che Putin, a quanto pare, pensa di condurre le danze diplomatiche, e ieri Peskov ha gettato una secchiata d’acqua fredda sugli sforzi di Trump di ottenere un «successo rapido», senza tenere conto della «complessità del conflitto». A Mosca si sta facendo la lista degli ospiti sulla tribuna in piazza Rossa per quello che ormai è l’evento centrale dell’anno politico russo, ancora più rilevante da quando Putin viene boicottato dagli occidentali dopo l’annessione della Crimea. L’ospite d’onore è Xi Jinping, che suggella così l’alleanza con Mosca, ma ci saranno anche il presidente brasiliano Lula e il premier slovacco Fico, in compagnia di una dozzina di autocrati post sovietici, africani e sudamericani. Non è ancora confermata invece la presenza di Kim Jong-un, che ha appena ricevuto da Putin il riconoscimento ufficiale di alleato sul campo, con gli elogi fatti pubblicamente dal presidente russo ai soldati nordcoreani sul fronte di Kursk, dopo che il Cremlino aveva risolutamente negato il loro coinvolgimento nell’invasione dell’Ucraina. In un paradossale ribaltamento della storia, Putin dichiara anche la vicinanza simbolica degli Alleati del 1945, sostenendo che ci sono dei cittadini francesi che «anche oggi condividono i nostri valori e combattono a fianco dei nostri soldati», contrapponendoli al governo francese, uno dei principali sostenitori di Volodymyr Zelensky.