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 2025  maggio 01 Giovedì calendario

L’arte perduta del riassunto coltivata da Eco e Calvino

È di nuovo suonata l’ora del riassunto. Come una campanella scolastica le “Nuove indicazioni 2025” per la scuola dell’obbligo della commissione costituita dal ministro Valditara lo propongono quale «esempio di scrittura» per far superare l’ansia del foglio bianco: «Spostando il carico cognitivo sulla scrittura del testo già esistente».
Peccato che gli esperti del ministero non abbiano potuto leggere il libro appena uscito presso le eleganti edizioni Henry Beyle Elogio del riassunto, a cura di Umberto Eco (con disegni di Tullio Pericoli). Si tratta della ripresa di un articolo del settimanale L’Espresso uscito nell’ottobre del 1982, in cui Eco proponeva un piccolo manuale per la realizzazione di un riassunto, a cui allegava dodici riassunti di libri famosi di 15 righe ciascuno, realizzati da scrittori, poeti e saggisti italiani dell’epoca, da Arbasino a Attilio Bertolucci, da Moravia a Cesare Garboli, da Giovanni Malerba a Piero Chiara. A quella pubblicazione era poi seguito un intervento di Italo Calvino sulle pagine di Repubblica, dal titolo Poche chiacchiere!
(22 ottobre 1982). Nelle sue succinte istruzioni per l’uso Eco rimarcava come avesse lui stesso esercitato da neolaureato quest’arte, in Rai, in ambito accademico, come redattore della Rivista di estetica. La tesi del semiologo sembra smentire i consulenti ministeriali perché, dopo aver esordito che riassumere non significa solo selezionare fatti, Eco specifica che farlo significa già compiere un «atto critico».
L’intervento di Calvino, dal canto suo, cercava di approfondire il metodo per riassumere e sulla base di questo formulava dei giudizi sugli esercizi dei colleghi, compreso il proprio (Robinson Crusoe ). Da pedagogo, lo scrittore ligure si dichiara d’accordo sulla componente di giudizio critico, e aggiunge che ogni riassunto è costituito da enunciazioni, pensieri e possibilmente da parole contenute nell’opera di partenza, poiché l’aspetto formale non è meno importante delle trame raccontate. C’è però il rischio, ricorda, di produrre un commento.
E tuttavia, senza scivolare in un elaborato piatto, insipido e falsamente oggettivo, esiste la possibilità di rendere creativo il riassunto. Nel valutare il lavoro dei colleghi- scrittori Calvino boccia Arbasino autore di un commento-divagazione, Moravia per aver scritto un microsaggio, e Malerba per aver abbozzato un “libro parallelo” alla Manganelli. Elogia invece Garboli alla prova con I miserabili, il più bravo di tutti, seppur caduto su un anacronistico «sadomasochista». Anche Chiara è bravo, ma non fa sentire la voce di Manzoni.
Il segreto del buon riassunto, secondo Calvino, consiste nel raccogliere qualche dettaglio per «rappresentare la sostanza espressiva del libro» senza mai usarele «facilità del lessico intellettuale». Il segreto di Pulcinella di questa tecnica di scrittura, conclude, sta nell’ «osservare i testi dal di dentro prima di definirli dal di fuori».
Trent’anni dopo quel dibattito un linguista, Ugo Cardinale, ha pubblicatoun breve ma acuto libretto:
L’arte di riassumere (il Mulino), ancora in catalogo in forma rinnovata. Il linguista spiega che riassumere in prima battuta significa «assumere di nuovo» ed è comunque un’interpretazione, ovvero un atto creativo. Insomma è un’arte e come ogni arte s’apprende, almeno fino a un certo livello, il che significa che può essere insegnata. Un docente liceale novecentesco, Ernesto Bignami (1903-1958), ci costruì sopra una piccola fortuna economica e il suo cognome è diventato una formula, oltre che un quasi sostantivo.
Cardinale poi distingue il riassunto dalla parafrasi applicata alla lettura critica della poesia, che produce ampliamento e ridondanza, là dove invece il riassunto tende alla concisione. Entrambi vogliono comprendere il testo in modo profondo, ma con esiti opposti. Oggi il web è pieno di riassunti, di siti e persone che li offrono a piene mani. Di sicuro questa tecnica mette in stretto rapporto la lettura con la scrittura, impone l’uso della «memoria episodica» e il «controllo della macrostruttura semantica del testo» (Cardinale).
Poco meno di un anno fa il critico letterario Filippo La Porta ha pubblicato un agile volume intitolato L’arte del riassunto. Come liberarsi del superfluo (Treccani). La parola d’ordine che usa è: sfrondare. Naturalmente nelle sue pagine compare ChatGpt. Con l’intelligenza artificiale a portata di mano anche gli studenti aggiornano l’arte del riassunto e insieme a quella dello studio. In ogni scuola di ordine e grado, dalle medie inferiori all’università, la scrittura è sempre più affidata a questo mezzo. Pure La Porta è del partito della “comprensione”, per quanto a differenza di Cardinale non si soffermi sulla rilevanza etica del riassunto: «Educazione al rispetto del pensiero altrui».
Riassumendo. Come sempre nel linguaggio e nell’espressività umana (e non solo) quella che sembra la cosa più facile è anche la più difficile. Sfoltire, spuntare, diradare, eliminare il superfluo è decisivo, eppure non basta. Nel mondo attuale, sempre più complesso e articolato, e insieme polverizzato, riassumere somiglia a un esercizio di yoga: con determinazione e costanza prima o poi anche le posizioni più difficili sembreranno possibili e persino agevoli.