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 2025  aprile 30 Mercoledì calendario

Destro o sinistro per il vaccino? Un braccio non vale l’altro

Se vi siete vaccinati contro Covid o influenza vi sarà capitato di sentirvi chiedere: “Dove facciamo l’iniezione? Sul braccio destro o sul sinistro?”. La risposta che avete dato, senza dubbio, è stata influenzata dalla necessità di proteggere dagli effetti post-vaccino il braccio che più utilizzate nella vita di tutti i giorni. Ma quella visione delle cose sta cambiando grazie a uno studio australiano che dimostra come, scegliere il braccio destro o il sinistro per la vaccinazione, non sia la stessa cosa. Anzi, può fare la differenza per gli effetti, più rapidi e potenti che, se il braccio è quello ‘giusto’, il nostro sistema immunitario può sviluppare. Lo studio è stato condotto dal Garvan Institute of Medical Research e dal Kirby Institute, alla Unsw Sydney e pubblicato sulla rivista Cell.

Un braccio non vale l’altro
Gli scienziati di Sydney si sono messi al lavoro per verificare se il sito che si sceglie per la vaccinazione possa giocare un ruolo negli effetti che questa produce. E hanno rivelato perché la somministrazione di un vaccino di richiamo nello stesso braccio su cui si è fatta la prima dose possa generare una risposta immunitaria più efficace e rapida.
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che quando viene somministrato un vaccino, cellule immunitarie specializzate, chiamate macrofagi, vengono “innescate” all’interno dei linfonodi. E sono proprio questi macrofagi a indirizzare il posizionamento delle cellule B della memoria per rispondere in modo più efficace al richiamo quando viene somministrato nello stesso braccio.
Un sistema geniale messo a punto dalla natura
“I risultati, ottenuti sui topi e convalidati sulle persone che hanno preso parte alla ricerca, forniscono prove per perfezionare gli approcci vaccinali e offrono un nuovo promettente approccio per migliorare l’efficacia dei vaccini”, spiegano gli autori dello studio. E il professor Tri Phan, direttore del programma di immunologia di precisione al Garvan, nonché coautore senior, aggiunge: “Si tratta di una scoperta fondamentale sul modo in cui il sistema immunitario si organizza per rispondere meglio alle minacce esterne: la natura ha ideato questo sistema geniale e solo ora stiamo iniziando a comprenderlo”.
La scelta del sito di vaccinazione
Per capire come un punto del nostro corpo in cui fare l’iniezione possa fare la differenza rispetto ad un altro, bisogna capire cosa accade quando ci si vaccina. Quello che entra nel nostro organismo è una versione innocua di un agente patogeno, nota come antigene vaccinale, che viene filtrata attraverso i linfonodi, veri e propri ‘campi di addestramento’ immunitari che addestrano appunto l’organismo a combattere il vero agente patogeno. Tutto ciò diventa ancora più importante considerato che i ricercatori in precedenza avevano scoperto che le cellule B della memoria, cruciali per generare risposte anticorpali quando le infezioni si ripresentano, rimangono nel linfonodo più vicino al sito di iniezione.
I macrofagi in stato di allerta
Utilizzando imaging intravitale all’avanguardia (tecnica di microscopia che consente di visualizzare la struttura e la funzione cellulare in tempo reale all’interno di un organismo vivo) il team ha scoperto che le cellule B della memoria migrano verso lo strato esterno del linfonodo locale, dove interagiscono strettamente con i macrofagi che si trovano in quel punto. Ed è emerso il fatto che, quando un richiamo veniva somministrato nello stesso braccio, questi macrofagi ‘preparati’, ossia già in stato di allerta, catturavano efficacemente l’antigene e attivavano le cellule B della memoria per produrre anticorpi di alta qualità. In sostanza il vaccino risultava più veloce ed efficace nell’agire.
"È noto che i macrofagi inglobino i patogeni e rimuovano le cellule morte, ma la nostra ricerca suggerisce che anche quelli presenti nei linfonodi più vicini al sito di iniezione svolgono un ruolo centrale, la volta successiva, nell’orchestrare una risposta vaccinale efficace – precisa il dottor Rama Dhenni, coautore principale dello studio -. Quindi il sito che si sceglie per vaccinarsi ha la sua importanza”.
Lo studio su 30 volontari
Rispondeva alla necessità di confermare la rilevanza dei risultati ottenuti sugli animali per i vaccini umani, il passo successivo che il team del Kirby Institute ha deciso di fare. I ricercatori hanno condotto uno studio clinico su 30 volontari ai quali è stato somministrato il vaccino mRNA anti-Covid di Pfizer-BioNTech: venti partecipanti hanno ricevuto la dose di richiamo nello stesso braccio della prima, mentre 10 l’hanno avuta nel braccio opposto.
Cos’è risultato lo spiega la dottoressa Alexandra Carey-Hoppé, co-prima autrice e dottoranda al Kirby Institute: “I pazienti che hanno ricevuto entrambe le dosi nello stesso braccio hanno prodotto anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 in modo significativamente più rapido, entro la prima settimana dopo la seconda dose”. “Questi anticorpi, provenienti dallo stesso gruppo di controllo, si sono rivelati anche più efficaci contro varianti come Delta e Omicron – ha sottolineato la dottoressa Mee Ling Munier, coautrice senior e responsabile del gruppo di immunogenomica vaccinale al Kirby Institute -. Entro quattro settimane, entrambi i gruppi presentavano livelli anticorpali simili, ma questa protezione precoce potrebbe essere cruciale durante un’epidemia”.
Gli effetti nel tempo
Gli scienziati avvertono però che “se si sono ricevute vaccinazioni anti-Covid su braccia diverse, non bisogna comunque preoccuparsi perché la ricerca dimostra che con il tempo la differenza di protezione diminuisce”. “Tuttavia – precisano – durante una pandemia quelle prime settimane di protezione possono fare un’enorme differenza a livello di popolazione. La strategia del vaccinarsi sullo stesso braccio potrebbe contribuire al raggiungimento dell’immunità di gregge in tempi più rapidi: un fattore particolarmente importante per i virus in rapida mutazione, dove la velocità di risposta è fondamentale”.
Lo studio italiano
Ma quello dei ricercatori australiani, non è l’unico tentativo di definire l’impatto, in termini di rapidità di azione ed efficacia del vaccino, che il punto del corpo scelto per l’iniezione possa determinare. “Già 15 anni fa avevo indagato sull’argomento – spiega il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano –. Quando, in caso di vaccinazione, ancora qualcuno preferiva l’iniezione sul gluteo, avevo accertato la differenza nello scegliere l’alternativa del deltoide (braccio). Ed era emersa la differenza: tra gluteo e deltoide è meglio quest’ultimo perché la presenza di tessuto adiposo nel primo disperde l’antigene, ossia la sostanza iniettata, in ruoli meno aggrediti”.
“È possibile che una risposta immunitaria localizzata abbia effetti sui linfonodi che la dirigono, visto che essi hanno un punto di riferimento – conclude Pregliasco -. Quindi, quella scaturita dalla ricerca, è un’osservazione interessante, probabilmente collegata a un’attivazione dei linfonodi delle vie linfatiche di riferimento, che in qualche modo riescono a dare una risposta più rapida ed efficace”.