lastampa.it, 30 aprile 2025
L’Fbi e la macchina della verità per stanare le gole profonde all’interno del governo statunitense
Le agenzie per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump stanno intensificando le indagini sulle presunte fughe di notizie ai media, ricorrendo persino alla macchina della verità per scovare le gole profonde all’interno del governo. Misure estreme che stanno creando un clima di paura e intimidazione. Nelle ultime settimane, l’FBI ha infatti iniziato a utilizzare il test del poligrafo per identificare le fonti delle fughe. Un uso da parte del governo che ha pochi precedenti per mettere alla prova l’integrità dei propri dipendenti e scoprire chi possa aver rivelato notizie alla stampa.
«La gravità delle fughe di notizie in questione ha spinto l’FBI a ricorrere al poligrafo, poiché comportava potenziali danni ai protocolli di sicurezza dell’FBI», ha affermato un suo portavoce. Oltre all’FBI, anche il Dipartimento di Sicurezza Nazionale e altre agenzie hanno iniziato a utilizzare il poligrafo. Il Pentagono sta valutando tale possibilità. Nel frattempo, l’uso del poligrafo esaspera una situazione già tesa all’interno della comunità d’intelligence di Washington.
Chi ha lasciato il governo ma è ancora a libro paga – persone che solitamente non hanno problemi a parlare – preferisce evitarlo, mentre anche gli individui più esterni al governo affermano di non poter correre rischi nel caso in cui, al prossimo test del poligrafo, gli fosse chiesto se hanno avuto contatti con i giornalisti.
Tutto ciò segue la recente decisione del Dipartimento di Giustizia di citare in giudizio le comunicazioni dei giornalisti con le proprie fonti e intraprendere procedimenti penali contro le fughe di notizie non solo di materiali classificati, ma anche d’informazioni privilegiate o sensibili.
Per l’amministrazione Trump si tratta di una questione di sicurezza nazionale: una caccia alle gole profonde, anche quelle che denunciano l’inettitudine e la cattiva gestione delle agenzie, come ad esempio il recente susseguirsi di scandali che ha coinvolto il Segretario della Difesa, Pete Hegseth.
Allo stesso tempo, c’è la volontà di zittire chi non garantisce una lealtà cieca all’attuale amministrazione. A inizio aprile ha fatto molto discutere il licenziamento senza alcuna spiegazione del generale Timothy Haugh, direttore della National Security Agency. Haugh era stato accusato da Laura Loomer – un’attivista di estrema destra molto vicina a Trump – di essere sleale. Sempre Loomer aveva esortato il presidente, in un insolito incontro alla Casa Bianca, a rimuoverlo. Questo mese, Loomer ha invitato apertamente la direttrice dell’intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, a “sottoporre alla macchina della verità ogni singolo dipendente dell’intelligence”, in particolare coloro che hanno prestato servizio sotto l’amministrazione Biden, al fine di “ripulire la casa” dai leakers, i cosiddetti informatori. «Perché stiamo aspettando che accada qualcosa di brutto?», ha scritto Loomer su X.
Tuttavia, i poligrafi non sono macchine sempre affidabili, poiché sono rilevatori di stress e una persona, nonostante dica la verità, potrebbe comunque essere accusata di affermare il falso, solo perché il battito del suo cuore è aumentato di fronte a una domanda perturbante. Molti sono i falsi positivi e negativi. Per l’amministrazione Trump, tutto ciò sembra essere di poca rilevanza. Indipendentemente dalla verità, ciò che conta davvero in questo momento è la lealtà. Se confermata da un poligrafo, pure meglio.