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 2025  aprile 30 Mercoledì calendario

Candidati sindaci con la divisa Il boom delle “liste farlocche”

A leggere le liste elettorali presentate in vista delle prossime amministrative di Senerchia, piccolo centro di 700 abitanti delle aree interne dell’Irpinia, potrebbe sembrare che tutti o quasi in paese abbiano deciso di darsi alla politica. Magari per provare a risolvere il drammatico problema dello spopolamento, parecchio sentito. Sono ben 20 le compagini che infatti si sfideranno, a sostegno di altrettanti candidati sindaco, in occasione delle elezioni previste a fine mese. L’inusuale boom di liste depositate nel Comune irpino e anche in altri tre piccoli paesini della provincia di Salerno, nei quali è possibile individuarne altre 31, è però dovuto più semplicemente a un fenomeno noto come quello delle cosiddette “liste farlocche”.
Prendiamo in esame il caso di Senerchia: solo 2 tra i magnifici 20 aspiranti alla carica di sindaco e 2 formazioni a loro collegate sono riconducibili a persone attive nella vita politica del paese. Il resto? Tutte liste fittizie. Militari o appartenenti alle forze dell’ordine ne creano una con altri colleghi, candidandosi a consigliere comunale e scegliendo tra loro un candidato sindaco, in un Comune al di sotto dei mille abitanti che sta per andare al voto, proprio come Senerchia. Dietro la loro candidatura non c’è alcuna grande passione civile e nemmeno avida sete di potere, bensì la possibilità di poter godere di un mese e più di aspettativa retribuita a discapito delle casse pubbliche, come dimostrano anche i voti che racimolano alle urne: sempre prossimi o pari allo zero.
La storia si ripete puntualmente a ogni tornata elettorale, soprattutto in piccoli Comuni delle aree interne della Campania, del Lazio e del Mo-lise: paesini in cui a scontrarsi sarebbero tutt’al più un paio di candidati sindaco e due o più liste (molto spesso accade anche che i cittadini siano chiamati a votare un solo aspirante primo cittadino). Chi milita nelle liste farlocche non commette tuttavia alcun illecito, piuttosto sfrutta la possibilità di ottenere il congedo retribuito per esercitare l’elettorato passivo, offerta dal combinato disposto di due norme. La prima di queste prevede che, nel caso di elezioni in Comuni al di sotto dei mille abitanti, non ci sia l’obbligo di raccogliere firme per presentare liste. L’altra è l’articolo 1484 del Codice dell’Ordinamento militare, in base al quale «militari candidati a elezioni per il Parlamento europeo, a elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attività politica e di propaganda al di fuori dell’ambiente militare e in abito civile. Essi – dispone la norma − sono posti in apposita licenza straordinaria per la durata della campagna elettorale».
Non un reato commesso da chi peraltro dovrebbe garantire il rispetto delle leggi da parte dei cittadini, dunque, bensì un privilegio. Basti pensare, infatti, che un dipendente pubblico che voglia candidarsi può sì chiedere l’aspettativa, ma non sarà retribuita. Per Marco Bussone, presidente dell’Uncem (Unione nazionale Comuni ed enti montani), il fenomeno delle liste farlocche rappresenta «una stortura della democrazia» e «una presa in giro per le comunità».
L’Uncem chiede da tempo al Parlamento di «mettere un argine alle liste che arrivano nei Comuni ma che sono totalmente “esterne” a essi, con candidati che mai vi hanno messo piede». Una proposta di legge, già approvata dal Senato ma ferma alla Camera, imporrebbe – se entrasse in vigore – un numero minimo di firme (10 o 15, perfino 5 nei centri con meno di 500 abitanti) per la sottoscrizione delle liste elettorali. Questa è anche la soluzione al problema auspicata dall’Uncem. Intanto, la Prefettura di Avellino ha sospeso una delle 20 liste che si presenteranno alle affollatissime Comunali di Senerchia perché nel suo simbolo c’è il fascio littorio, richiamo fascista vietato dalla Costituzione e dalle leggi vigenti. Va bene fannulloni − almeno per il momento −, ma fascisti proprio no.