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 2025  aprile 30 Mercoledì calendario

Sicurezza, 3mila firme per l’appello dei giuristi «Quel decreto è pericoloso e incostituzionale»

Sono già 3.500, in continuo aumento, le firme in calce all’“appello per una sicurezza democratica” lanciato da un gruppo di 236 giuristi, fra cui tre presidenti emeriti della Consulta, contro il “decreto legge sicurezza” per i profili di incostituzionalità che ancora conterrebbe, malgrado le modifiche dopo la sua trasformazione dall’iniziale ddl.
Il testo aperto alla firma di intellettuali ed esponenti della società civile, vede la convergenza di tutte le forze di opposizione. «Ci sono momenti nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni».
Il riferimento è al testo cambiato in corso d’opera del ddl sicurezza, che «dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone».
Il decreto, come si ricorderà, era stata la soluzione di ripiego che la maggioranza aveva escogitato, mentre l’iniziale proposta di legge, già approvata dalla Camera era in seconda lettura al Senato ma emergevano dagli uffici giuridici del Quirinale dei punti critici – che la maggioranza accettava di correggere – in relazione ad esempio alla “stretta” sulle detenute madri e al divieto ai migranti irregolari di detenere delle “sim” telefoniche. La Lega accettava la soluzione del decreto in quanto il testo, sebbene emendato, sarebbe diventato immediatamente operativo, inclusa la previsione per la copertura delle spese legali per le forze dell’ordine sotto processo. Il testo ha avuto il via libera del Quirinale ma la promulgazione del capo dello Stato (che, come Mattarella ha già avuto modo di chiarire in riferimento alla legge sulla autonomia differenziata, non comporta di per sé condivisione del contenuto, e non pregiudica l’esame di legittimità costituzionale, che compete alla Consulta) non chiude il caso. Per i firmatari del documento il decreto, definito «l’ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere», presenta una serie di «gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere, attraverso un plateale colpo di mano del Governo».
Il documento reca la firma dei presidenti emeriti della Consulta Zagrebelsky, Silvestri e De Siervo, degli ex vicepresidenti Cheli e Maddalena, dell’ex procuratore capo di Milano Eugenio Bruti Liberati, dell’ex procuratore Antimafia Franco Roberti, dell’ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno, dell’ex procutare di Torino Armando Spataro, figura di punta della lotta al terrorismo. Ai giuristi si sono aggiunti intellettuali come i filosofi Massimo Cacciari, Mauro Ceruti ed Eugenio Mazzarella, gli storici Agostino Giovagnoli e Alessandro Barbero, lo storico dell’arte Tommaso Montanari, l’economista Gianfranco Viesti, la politologa Nadia Urbinati, il sociologo Nando Dalla Chiesa, don Virginio Colmegna, il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia.
Poi è stata la volta dei politici. A Giuseppe Conte che ha parlato di norma «liberticida», si è aggiunto il verde Angelo Bonelli, per Avs che ci vede un «modello di repressione delle libertà democratiche». Fra le firme quella del leader di +Europa Riccardo Magi e, in area dem, Giorgis, Alfieri, Toia, Tarquinio e Castagnetti.
Le critiche nel merito si intrecciano con quelle sul metodo: i firmatari vedono «un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso» e, per di più «un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali che – sostengono i giuristi – sconsiglierebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza, dal momento che il principio di colpevolezza richiede che chi compie un atto debba poter sapere in anticipo se esso è punibile come reato mentre, al contrario, l’immediata entrata in vigore di un decreto legge ne impedisce la preventiva conoscibilità». Inoltre, viene denunciata la violazione di svariati principi costituzionali, da quello di uguaglianza, alla libertà personale, alla libera manifestazione del pensiero. Il principio di uguaglianza, in particolare «non consente in alcun modo di equiparare i centri di trattenimento per stranieri extracomunitari al carcere o la resistenza passiva a condotte attive di rivolta». In contrasto con l’articolo 13 della Costituzione e la tutela della libertà personale viene invece considerato «il cosiddetto “daspo urbano” disposto dal questore che equipara condannati e denunciati», ma anche» la previsione con cui si autorizza la polizia a portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dal servizio». Nel mirino anche la genericità dell’aggravante «che l’illecito avvenga “in occasione” di pubbliche manifestazioni».
Viene denunciata una vera e propria «torsione securitaria», una «limitazione del dissenso», e «un’impostazione autoritaria, illiberale e antidemocratica mirante a farsi sistema. Confidiamo – conclude il documento – che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra Costituzione».