Corriere della Sera, 29 aprile 2025
Intervista a Ippolita «Lucy» Baldini
Quando Ippolita Baldini ha comunicato alla sua famiglia che il teatro, in particolare quello comico, non sarebbe stato solo un hobby, ma un lavoro, la reazione non è stata delle migliori. «I miei si sono subito schierati contro questa decisione. Mia madre ha anche minacciato di vendere un quadro fiammingo, La Madonna della Pappa». Una minaccia inconsueta, ma non così tanto se appartieni a una famiglia nobile. «Mamma è una marchesa, come racconto spesso nei miei spettacoli. Finché facevo ridere in casa o a scuola, andava tutto bene. Poi sono arrivate le lotte». Spoiler: alla fine, ha vinto lei: «Adesso che ho 42 anni mia mamma è contentissima e il quadro è ancora al suo posto, in casa».
Quando ha capito che amava far ridere?
«Quando andavo a scuola: mi piaceva far ridere i miei compagni di classe e, in generale, stemperare le situazioni di tensione con la risata. Una cosa che facevo anche a casa, imitando chiunque».
L’ambiente nobiliare, sulla carta, non sembra il terreno più fertile per una giovane comica, no?
«In effetti è un ambiente un po’ ingessato, ma mi sono imposta di rompere presto le barriere e quella strada che pareva segnata, per la quale dovevo diventare soprattutto una brava moglie e una mamma. Ho scelto di riderci su».
È facile, in un mondo così, imporre il proprio destino?
«No. Io all’inizio ho anche provato a mettere da parte questa passione: avevo iniziato a lavorare in uno studio di design, ma poi piangevo davanti al computer perché non riuscivo ad andare alle prove di teatro. Quindi ho capito che non potevo lasciar perdere. Per fortuna il lavoro non è mai mancato e anche se oggi, a 42 anni, non sono madre, mi sento realizzata».
Ama far ridere.
«All’inizio volevo fare l’attrice impegnata, ma poi ai provini mi bocciavano a tutte le scuole di recitazione. Mi sono buttata solo sul comico e lì sono stata ammessa subito. Visto che poi mi divertivo così tanto, mi sono detta: sti cavoli il drammatico».
Ha qualche riferimento, qualcuno che ammira?
«Il mio sogno era tentare il percorso di Paola Cortellesi, per arrivare un giorno anche al cinema, chissà. Ho avuto come insegnante Anna Marchesini, che amavo tantissimo, anche se la mia più grande fonte di ispirazione è stata Franca Valeri. Ho avuto la grande fortuna di esibirmi davanti a lei: mi aveva detto che ero stata brava e mi ha dato il suo numero di cellulare, dicendomi di andarla a trovare. L’ho fatto qualche volta, portando sempre pasticcini per quindici persone anche se eravamo in due. E lei diceva: “Un po’ troppi questi pasticcini” (e imita la voce della grande attrice)».
Dopo il diploma all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico è arrivata la tv: è entrata a Zelig e il suo personaggio, la single Lucy, è esploso.
«Lei nasce da una mia esperienza personale: ero single a più di 30 anni e per questo angosciatissima. Sentivo di dover beccare qualcuno. Durante una vacanza in Grecia ho avuto la grazia di vedermi da fuori osservando un’altra ragazza con quella stessa ansia e ci ho visto del comico. Per il resto, oggi non ho ancora risolto questa cosa, sono ancora single, allucinante».
Cosa è cambiato in questi dieci anni, allora?
«Ho fatto una esperienza di conversione spirituale molto profonda e ho trovato un grande amore nella mia fede. Prima provavo un senso di vuoto immenso, ma un giorno, proprio durante quella stessa vacanza, ho sperimentato una sorta di invasione di luce nella mia stanza: prima non riuscivo ad alzarmi dal letto e poi ho sentito una spinta a farlo, per assurdo per andare a cercare souvenir per le mie sorelle. Forse raccontando semplifico, ma so che Dio lo cercavo da sempre e lì l’ho sentito».
Cosa pensa dei suoi colleghi che scherzano su Dio e sulla religione?
«C’è molta ignoranza, nel senso che ignorano l’esistenza di Dio. Se non sei in una relazione, se qualcuno non è un tuo amico, non lo conosci, allora hai un modo diverso di parlarne e anche di prenderlo in giro. Io, in generale, cerco di tutelarmi dalle cose troppo aggressive».
Non è tra chi pensa che si possa ridere di tutto?
«Sì, lo penso, ho anche scritto uno spettacolo sulle donne del Vangelo. Quindi si può, ma bisogna stare attenti al linguaggio».
Quale è il complimento più bello che le hanno fatto?
«Una persona, per strada, mi ha fermata e con un sorriso enorme mi ha detto: sei di casa, sei di famiglia. Per me, che vivo sola, è stato veramente un complimento bellissimo. Come quelli di chi mi dice che con i miei spettacoli ho regalato un po’ di leggerezza. Del resto, da quando sono piccola, è questa la mia missione».