Corriere della Sera, 29 aprile 2025
La tartaruga Sally e le 4 mila salvate dai biologi del Cestha
C’è fermento per l’arrivo della tartaruga che si scoprirà essere la vecchia conoscenza Sally. I pescatori hanno telefonato dicendo di averne trovate due nelle reti che hanno trascinato a lungo nel Mare Adriatico: si tratterà di capire attraverso lastre ed esami del sangue se il periodo trascorso fuori dall’acqua è stato tale da danneggiare qualche organo interno. Trascorrere una mattina a Marina di Ravenna con i biologi del Cestha (Centro sperimentale per la tutela degli habitat) significa vivere una esperienza intensa. Specialmente per chi ama il mare, va da sé. Ma non solo.
La prima suggestione deriva in effetti dalla struttura all’interno della quale si è sempre tenuta l’asta per il pesce. All’interno del padiglione concesso in uso dai pescatori della località ravennate si trova ancora l’arena semicircolare degli anni Venti dove sino al 1990, premendo un pulsante quando su una ruota appariva il numero del pesce corrispondente, si fermava il prezzo di acquisto. Dietro e davanti a questo teatro delle contrattazioni sono state collocate le vasche in cui Simone D’Acunto e gli altri sei biologi mettono a dimora le testuggini – una sessantina quando c’è il sold out, cioè praticamente sempre – cadute nelle reti a strascico. «Sette su dieci di quelle che arrivano qui – racconta D’Acunto – necessitano di cure. Abbiamo fatto molti progressi negli anni. Per esempio possiamo applicare un carapace stampato in 3D oppure ricorrere a terapie studiate in laboratorio contro i funghi. Non dipendiamo da alcun ente statale, ci autofinanziamo partecipando a progetti internazionali e bandi per la sostenibilità ambientale. Purtroppo vi è molta concorrenza tra istituti come il nostro, quando basterebbe agire in armonia. Sempre a titolo di esempio: adesso restaureremo alcune strutture sempre qui nella zona del porto di Marina di Ravenna, nel quale ospitare biologi in residenza e sarebbe davvero un sogno realizzare un piccolo museo del mare».
Il progetto
D’Acunto è nato a poche strade di distanza dal Cestha, e sta dedicando l’intera sua vita alla sopravvivenza di questa organizzazione non profit capace di occuparsi della salute di circa 400 tartarughe marittime ogni anno dentro al magazzino che i pescatori, convinti della bontà del progetto e dell’importanza di agire in sinergia con i biologi che proteggono il mare, hanno volentieri concesso a questo team di ricercatori scientifici. Essi accolgono le scuole e consentono ad alcuni tirocinanti di apprendere i rudimenti di questa professione entusiasmante e impegnativa. «Io ho scritto lettere al Cestha da quando frequentavo le Scuole Medie – dice Leonardo Berloni che oggi affianca i biologi – e lavorare qui era diventato il mio desiderio più grande dopo una visita con i miei compagni di classe. Adesso, quando sollevo queste tartarughe pesanti in media settanta chili, sento di fare qualcosa di prezioso per l’habitat marino».
La missione
Alcuni turisti lasciano piccole testuggini, mentre tra poco inizierà la stagione dei cavallucci marini, a loro volta bisognosi di cure. Con l’innalzamento delle temperature dell’acqua, sarà più facile per i biologi del Cestha recuperare posti liberi in questo loro ospedale da campo, poiché le tartarughe guarite potranno essere rilasciate. Sara Segati, collega di D’Acunto, intanto richiama tutti all’attenzione: è arrivata la tartaruga che viene scaricata dalla vettura, e i ragazzi del Centro la riconoscono immediatamente per la targhetta col suo nome e numero che le era stata già applicata in passato. È la 301, Sally appunto. Visitata dal veterinario, le vengono ripulite alcune concrezioni rimaste sulla pelle, dalle prime lastre sembra in buone condizioni, i polmoni sono sani. Si può tirare un sospiro di sollievo.