Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 29 Martedì calendario

Armi, no della Lega al deficit. Il rischio “bocciatura” Nato

Da qui alla fine di giugno, quando all’Aia si terrà il vertice della Nato, gli uffici di Palazzo Chigi, del ministero della Difesa e dell’Economia proveranno a trovare una quadra sul raggiungimento di un obiettivo: la spesa per la Difesa dovrà raggiungere il 2% del Pil. Questo è stato l’impegno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella sua visita alla Casa Bianca e questo dovrà essere l’obiettivo minimo che l’Italia porterà al vertice con gli altri componenti dell’Alleanza. Per arrivarci (oggi la spesa è pari all’1,5%) i tecnici dei ministeri interessati si stanno riunendo settimanalmente ed è ormai noto lo scontro tra il ministro della Difesa Guido Crosetto che chiede investimenti seri prima di quella data e quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti che invece ritiene che l’Italia abbia già raggiunto il 2% attraverso un meccanismo di calcolo che conteggi tra le spese per la Difesa anche voci oggi non calcolate come la guardia di Finanza, i carabinieri, la guardia costiera e i servizi meteorologici. Nello specifico, al ministero dell’Economia ritengono che manchi un vero piano di investimenti nel settore della Difesa e Giorgetti non sembra intenzionato a voler spendere soldi solo per ingrossare l’esercito e per l’assistenza dei militari, a partire dalle loro pensioni. Inoltre Giorgetti non ha ben chiaro quali siano i piani di acquisto di armi: un conto sarebbe favorire le imprese italiane, un altro continuare a foraggiare quelle americane, è il ragionamento che si fa in via XX Settembre. Per questo i dissidi nel governo porteranno a un primo risultato: prima del vertice dell’Aia l’esecutivo non dovrebbe approvare alcuno scostamento di bilancio, cioè il meccanismo con cui prima il Consiglio dei ministri e poi il Parlamento devono autorizzare il governo a fare ulteriore deficit. Sia per una questione di conti pubblici, sia per un motivo politico: al momento la Lega non vuole sentire parlare di nuove spese militari, tanto più che il Carroccio è in risalita nei sondaggi. Ieri il leader della Lega Matteo Salvini ha attaccato la Germania che è stato il primo Paese europeo a chiedere di attivare la clausola di salvaguardia per investire nel riarmo: “Una follia”, ha detto il vicepremier del Carroccio, mentre Antonio Tajani ha parlato di scelta “saggia”. Lo scontro nel governo porterà ad aspettare fino al vertice Nato: niente scostamento di bilancio (per cui servirebbe anche la maggioranza qualificata), né richiesta all’Unione europea seguendo quanto fatto dalla Germania. Uno scenario, però, che presenta un rischio concreto: che i funzionari della Nato che arriveranno a giugno in Italia per “controllare” il raggiungimento degli obiettivi possano avere qualcosa da dire sul nuovo meccanismo con cui il governo italiano vuole raggiungere il 2%.
Intanto, in attesa di possibili sviluppi dopo il faccia a faccia in Vaticano tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, l’Italia non si ferma negli aiuti a Kiev, come gli altri Paesi europei. Mercoledì prossimo, prima del premier time di Giorgia Meloni al Senato, Crosetto presenterà l’undicesimo pacchetto di aiuti militari al Copasir che dovrebbe contenere, tra le altre cose, munizioni per il sistema di Difesa anti-aerea Samp-T. L’Ucraina ha chiesto all’Italia di potersi difendere dagli attacchi russi nelle sue città, in attesa della trattativa con Washington.