Avvenire, 29 aprile 2025
Gli stabilimenti Volkswagen nel mirino di Rheinmetall per costruire carri armati
La spesa militare tedesca nel 2024 è aumentata del 28% rispetto all’anno precedente. E la grande industria dei settori auto e siderurgico è pronta a convertire stabilimenti e a collaborare con la più grande azienda bellica tedesca ed europea, la Rheinmetall, per aumentare la produzione di armi. Secondo un rapporto, pubblicato ieri dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), la spesa per la difesa della Germania lo scorso anno è aumentata di oltre un quarto. In totale le spese nel settore sono arrivate a 77,6 miliardi di euro, 88,5 miliardi di dollari. La Germania ha anche allentato le regole sul rapporto deficit/Pil ancor prima degli altri Paesi e fatto ricorso all’indebitamento per le spese militari. «L’obiettivo nel 2025 e negli anni seguenti è portare la spesa per la difesa della Repubblica federale tedesca al 3% del Pil», ha ribadito recentemente il ministro della Difesa, il socialdemocratico Boris Pistorius, che dovrebbe mantenere il suo ministero anche nella prossima legislatura. Centrando l’obiettivo del 3%, la Germania porterebbe la spesa totale nel settore bellico e della difesa sopra i 100 miliardi annui. L’economia tedesca, ormai da oltre due anni, è in recessione o ristagna, la grande industria, in particolare i settori automobilistico, siderurgico e chimico, è caduta in una crisi profonda, molte aziende hanno annunciato tagli e chiusure di stabilimenti. Ma intanto il settore bellico vola: Rheinmetall, Diehl Defence, Thyssenkrupp Marine Systems e Mbda, quattro appaltatori della difesa con una forte presenza in Germania, hanno aggiunto, negli ultimi tre anni, più di 16.500 dipendenti, con un aumento di oltre il 40%. Prevedono di assumerne circa 12.000 in più entro il 2026. Rheinmetall prevede di aumentare il dividendo del 42% nel 2025, Hensoldt, altra azienda del settore bellico, del 25% e il produttore di scatole del cambio per carri armati Renk del 40%. «Rheinmetall è un’azienda a partecipazione statale, la cui quota azionaria aumenterà nei prossimi anni – ha sottolineato l’amministratore delegato dell’azienda che ha sede a Düsseldorf Armin Papperger –. Se stiamo usando i soldi dei contribuenti tedeschi per la sicurezza, allora bisogna creare posti di lavoro anche in Germania». Papperger ha confermato l’interesse dell’azienda a rilevare potenzialmente stabilimenti automobilistici in esubero. Il mese scorso una delegazione di Rheinmetall ha visitato lo stabilimento Volkswagen a Osnabrück, nella Germania nord-occidentale, ormai destinato alla chiusura secondo i piani dei vertici della Vw, approvati anche dal sindacato Ig Metall. Ma la produzione di carri armati e le munizioni potrebbero salvare centinaia di posti di lavoro, anche per questo Rheinmetall è pronta a rilevare lo stabilimento di Osnabrück. Il colosso bellico tedesco, inoltre, insieme al produttore di radar e sensori Hensoldt, si è anche impegnato ad assumere circa trecento lavoratori licenziati da Continental e Bosch, due dei maggiori fornitori di componentistica di automobili in Germania. Nella corsa al riarmo potrebbero essere coinvolte decine di aziende, anche del cosiddetto indotto. L’ultima in ordine di tempo è la Alstom, azienda di Görlitz nell’est della Germania che produceva treni a due piani per la Deutsche Bahn. A partire dal prossimo anno, la fabbrica di treni, da 176 anni guidata e gestita dalla famiglia Liebig, inizierà a produrre componenti per i carri armati Leopard II e i veicoli da combattimento per la fanteria Puma. L’appaltatore della difesa franco-tedesco Knds è intervenuto per rilevare il sito e gli stabilimenti che Alstom aveva deciso di chiudere. Il boom di investimenti statali e industriali nel settore bellico richiederà anche un aumento di personale e militari. Nella prossima legislatura non si esclude la reintroduzione della leva obbligatoria. Intanto nel 2024, secondo l’Ufficio federale della Bundeswehr, sono state registrate oltre 52.000 domande per entrare nelle forze armate, circa il 20% in più rispetto all’anno precedente.