Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 28 Lunedì calendario

All’università di Pisa il corso in diritto spaziale

(…)
Euspil, che sta per European space policy international law and sustainability, è l’interessantissimo progetto Jean Monnet sulla politica spaziale dell’Unione europea che ha come titolare una professoressa di diritto internazionale dell’università di Pisa, Claudia Cinelli.
Immaginate questo. Un corso universitario. Con gli orari da incastrare tra costituzionale e amministrativo (molto più accattivante di amministrativo che ci siamo capiti), con le dispense, con le lezioni (in inglese), col titolo international law, outer space and European union. All’ateneo pisano, nel prossimo anno accademico, per gli studenti del ciclo magistrale, sarà realtà (e sarà realtà anche un programma di seminari che vedranno la partecipazione pure degli studenti di dottorato).
«Con l’aumento esponenziale di satelliti e missioni spaziali», spiega proprio Cinelli, «l’importanza di un solido quadro normativo per le attività oltre l’atmosfera terrestre non è mai stata così centrale ed è necessario evitare che lo spazio diventi un far west tecnologico, altrimenti rischiamo di compromettere la cooperazione internazionale e la sostenibilità per le generazioni future». Fino a ieri le facoltà di legge insegnavano lo “spazio territoriale” (reminiscenze di una vita fa: la terraferma e il terreno sottostante senza limiti, dodici miglia marine dalla costa, lo spazio aereo), a parte qualche (obbligatorio) corso internazionale ci si fermava lì: ora no. Giustamente si punta più in alto.
Al momento il diritto extra-atmosferico ha come punto di riferimento un trattato (l’Outer space treaty) redatto in piena guerra fredda, cioè nel 1967, e arricchito da convenzioni estemporanee come quella sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali. Ma da una parte l’evoluzione delle tecnologie che ogni giorno se n’inventano una e dall’altra un mercato che non è più solo legato agli Stati nazionali rendono questi studi un punto di svolta. «Il diritto internazionale nello spazio extra-atmosferico», conferma l’esperta, «è già stato codificato molti anni fa». Come a dire: non è una novità del ventunesimo secolo: «I trattati, nati sotto l’auspicio delle Nazioni unite, hanno dato una prima base di regolamentazione che verte su un principio di libertà degli Stati nello spazio extra-atmosferico, in quanto non appropriabile da parte di nessuno. Nessuno Stato può rivendicare sovranità su nessun corpo celeste». Ma quei documento «codificano attività spaziali pensate in un’epoca diversa». Oggi le sfide sono cambiate. E il diritto deve starne tenersi in pista.