la Repubblica, 27 aprile 2025
Sciascia: nessuno e centomila. A ciascuno il suo
In uno dei capolavori dell’amato Graham Greene, la chiave del giallo è l’apparizione di un “terzo uomo”. Così, nell’avventura editoriale di Leonardo Sciascia, esiste un “terzo autore” di Racalmuto ancora inedito. Non si tratta di quello noto della casa editrice Sellerio, dove Sciascia fu a lungo scrittore-editore; non è l’altro – successivo e ugualmente conosciuto – della milanese Adelphi, editrice alla quale egli cedette l’intera opera (uscita in precedenza anche per Bompiani e Einaudi). Ma è una terza faccia del caleidoscopico universo sciasciano, pubblicata attualmente da Rubbettino in una collana curata dal nipote Vito Catalano. La collana si chiama “Quaderni di Regalpetra”, citazione delleParrocchie, esordio letterario di Sciascia per Laterza del 1956.
Nove volumi, fino a oggi, graficamente curatissimi («mio nonno prediligeva il libro come manufatto», spiega il nipote), immagini di copertina dedicate a un pittore amato dallo scrittore. L’intento della collana è dichiarato: «Una piccola biblioteca che si propone di presentare libri legati a Leonardo Sciascia». O si tratta di inediti oppure di indagini sui grandi temi a lui più cari. Viene in mente, perciò, la leggendaria collana “La Biblioteca di Babele” che l’editore Franco Maria Ricci convinse Jorge Louis Borges (altra stella polare sciasciana) a dirigere a metà degli anni Settanta e dedicata alla letteratura fantastica. Fatte le dovute proporzioni, va tuttavia riconosciuta ai “Quaderni di Regalpetra” una particolarità ulteriore: quando ci si rifà a un argomento che Sciascia non ebbe il tempo di sviluppare, lo si approfondisce al modo dell’investigazione, con quel tipo di indagine letteraria, storica e quasi poliziesca che lo stesso scrittore siciliano ha adottato nei casi della scomparsa di Ettore Majorana, negli Atti relativi alla morte di Raymond Roussel o ne I pugnalatori, storia di una strage palermitana ottocentesca a colpi di coltello in una sola notte.
Ma c’è anche un tesoro sciasciano in gran parte ancora nascosto che anima la piccola collana. Nella casa palermitana dello scrittore di viale Francesco Scaduto, nello studio ancora intatto, tra una foto incorniciata di Pirandello e un pezzo di zolfo, in ricordo delle miniere della natia Racalmuto, si conservano decine di faldoni. Contengono granparte degli scritti sparsi e ancora mai raccolti in volume: articoli e rubriche per giornali (Gazzetta del Mezzogiorno o L’Ora di Palermo), prefazioni a cataloghi di mostre, interventi politici o civili, interviste.
Come erano arrivati in casa Sciascia? Per via di una omonimia. Il suo primo editore era stato Salvatore Sciascia di Caltanissetta. Con lui l’allora maestro di scuola aveva pubblicato, nell’aprile del 1952, la sua prima antologia, Il fiore della poesia romanesca, con prefazione di Pier Paolo Pasolini (peraltro, era stato quello l’inizio di una ventennale amicizia). L’editore Sciascia era iscritto all’ Eco della Stampa e, grazie al medesimo cognome, riceveva “per caso” anche gli scritti sparsi di Leonardo. «Periodicamente», racconta il nipote, «l’editore Sciascia si presentava a casa di mio nonno e gliene consegnava un pacco, che poi lui conservava». Tesori già pubblicati, dunque, ma esclusivamente in ordine sparso. Afferma Vito Catalano: «Per raccoglierli in volume, ci vorrebbero due o tre Meridiani. E c’è anche da riflettere se dividerli per aree tematiche».
In attesa, dunque, di opere inedite future, proprio i “Quaderni di Regalpetra” hanno già attinto da quel fondo. A cominciare dal primo libro della collana Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia
del giornalista e scrittore inglese Ian Thompson, realizzata a metà degli anni Ottanta e pubblicata sulLondon Magazine, tratta proprio da uno di quei faldoni e tradotta dall’anglista racalmutese Adele Maria Troisi. «La lunga intervista a tutto campo, che tocca gran parte dei temi dell’opera sciasciana e della storia italiana, non era mai stata edita in italiano», sottolinea Catalano. L’ultimo arrivato, invece, Un eroe da dimenticare. Attorno al mistero di Antonio Canepa, firmato da Salvatore Falzone, è stato realizzato con il metodo dell’investigazione. Era stato Sciascia per primo a parlare di questo controverso e rimosso personaggio siciliano, fascista e partigiano, fedele al regime e antifascista, spia inglese e fondatore dell’esercito indipendentista, ucciso infine a 37 anni dai carabinieri. “Il Che Guevara siciliano” lo aveva definitoL’Ora. Falzone ne ha ricostruito la storia partendo proprio dalle interviste sul Giornale di Sicilia e L’Ora,conservate nei faldoni di casa Sciascia, per poi sviluppare il tema del “doppio”, a proposito del quale Sciascia aveva citato Stevenson, Hesse e Pirandello. Vale la pena guardare anche gli altri titoli: il carteggio inedito 71-89 tra Sciascia e lascrittrice Maria Luisa Aguirre D’Amico, la nipote di Pirandello; Paura del registratore di Alejandro Luque, che raccoglie le interviste di Sciascia alla stampa spagnola; Potere e memoria di Alessandro Secomandi, che ricostruisce i rapporti tra lo scrittore e il giornalista messicano Federico Campbell (quest’ultimo diffonderà l’opera sciasciana in Messico, fino alle citazioni di Sciascia in Ossa nel deserto di Sergio González Rodriguez, il libro-inchiesta sui femminicidi a Cuidad Juárez che a sua volta ispirerà2666, l’ultimo capolavoro di Roberto Bolaño). E ancora, le lettere inedite tra Sciascia e l’amico Antonio Motta su Stendhal e un’antologia scolastica, il dialogo a distanza tra Sciascia e Pirandello di Matteo Collura, Il processo di Luigi Cavallero su Sciascia e Tangentopoli, l’inchiesta di Mario Genco Post Scriptum su chi fu il vero giudice che ispirò Sciascia a scrivere Porte aperte.
Dietro ogni libro si nasconde senza mai citarsi Vito Catalano, autore “in punta di piedi” di romanzi storici, figlio della figlia di Sciascia Anna Maria, che con pudore confessa: «L’ombra di mio nonno mi accompagna sempre e non ne soffro. È una compagnia benefica».