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 2025  aprile 27 Domenica calendario

Hamas: “Tregua 5 anni e ostaggi tutti liberi”. Ma Bibi non accetterà

Hamas è disponibile a un accordo per porre fine alla guerra di Gaza, che preveda il rilascio di tutti gli ostaggi rimasti e una cessazione delle ostilità per cinque anni. “Hamas è pronto a uno scambio di prigionieri in un unico gruppo e a una tregua di cinque anni”, ha detto un alto dirigente di Hamas all’Afp, mentre una delegazione del suo gruppo è al Cairo per incontrare i mediatori egiziani.
L’apertura di Hamas è stata poi confermata dal capo del dipartimento per le relazioni nazionali di Hamas, Ali Baraka, alla televisione satellitare libanese Al Mayadeen: “Il gruppo vuole un accordo globale in cui tutti gli ostaggi vengano rilasciati immediatamente e non ci sarà alcun ostacolo (di Hamas, ndr) a un cessate il fuoco di cinque anni”.
Lo scorso 17 aprile, Hamas, che si oppone a un accordo di cessate il fuoco “parziale”, ha respinto una proposta israeliana che prevedeva una tregua di 45 giorni in cambio della restituzione di dieci ostaggi vivi.
Il gruppo ha sempre chiesto che un accordo di tregua porti alla fine della guerra scatenata dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, al completo ritiro israeliano da Gaza, allo scambio di prigionieri e all’ingresso immediato e sufficiente di aiuti umanitari nella Striscia. Ma di disarmo – come chiesto da Israele fra le varie condizioni per la cessazione degli attacchi – Hamas non vuol sentire parlare.
I colloqui avviati da Israele dopo la ripresa degli attacchi aerei e terrestri contro Hamas il 18 marzo, dopo la rottura del precedente cessate il fuoco durato due mesi, non hanno prodotto alcuna svolta. Qatar, Stati Uniti ed Egitto hanno mediato una tregua, iniziata il 19 gennaio, che ha permesso un aumento degli aiuti umanitari, insieme al rilascio degli ostaggi tenuti dai terroristi a Gaza e dei prigionieri palestinesi in custodia israeliana. Ma è crollata a causa di disaccordi sui termini della fase successiva.
Hamas aveva insistito affinché si svolgessero negoziati che portassero alla fine definitiva della guerra, come delineato nel quadro annunciato a gennaio dall’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden, e l’amministrazione Trump aveva spinto Israele ad accettare. Israele, il governo di Benjamin Netanyahu, ha respinto qualsiasi accordo per il rilascio degli ostaggi che preveda la fine della guerra mentre Hamas rimane una forza nella Striscia di Gaza.
La visita della delegazione di Hamas al Cairo arriva dopo che il capo del Mossad David Barnea si è recato giovedì in Qatar, segnando forse il ritorno del capo delle spie israeliane al tavolo delle trattative per la presa degli ostaggi, dopo essere stato sollevato dall’incarico due mesi fa. Barnea avrebbe dovuto incontrare il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al-Thani per discutere degli sforzi in corso per raggiungere un accordo. Su quali basi? Netanyahu non è disposto a trattare, se lo fa perde la poltrona di premier e si aprirebbe per lui un baratro.
I messianici – il ministro Bezalel Smotrich – e i suprematisti ebraici – Itamar Ben Gvir – sono i veri arbitri del suo governo e per loro la questione degli ostaggi non è così importante nella riconquista di Gaza e il suo sfollamento dei palestinesi.
Cinquantanove ostaggi rimangono nella Striscia di Gaza, pregando per un salvataggio che non si intravvede all’orizzonte. La guerra si trascina senza direzione né scopo, i ministri insultano il capo di stato maggiore dell’esercito appena nominato. Il dibattito sugli aiuti umanitari – se consentirli e, in caso affermativo, in che quantità e chi li distribuirà – è lo stesso di un anno fa, così come il dibattito su cosa succederà dopo: un accordo con gli ostaggi e un cessate il fuoco o una guerra infinita, un’occupazione e un governo militare per la Striscia. Netanyahu non ha dubbi, fra un’alternativa diplomatica credibile e una rischiosa soluzione militare lui sceglierà sempre la seconda. Per Gaza, per l’Iran, per la Siria e anche per il Libano.