il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2025
Balneari, salta la proroga: un’estate di cause in arrivo
Dovevano bloccare le gare, poi fare ordine nelle gare, poi prevedere indennizzi per chi perde le gare… Siamo alla fine di aprile 2025, con la stagione balneare alle porte, e per quanto riguarda le concessioni balneari, non c’è nulla di tutto ciò. Vuoto normativo, tribunali che decidono chi gestirà i lidi, sindaci costretti a crearsi regole da soli e sentenze che mandano all’aria i piani dei Comuni. Nonostante un decreto legge che a novembre 2024 – dopo due anni di attesa e insistenze di operatori e sindaci – ha prorogato le concessioni in essere fino al 30 settembre 2027 (con obbligo di avviare le gare entro giugno dello stesso anno), sulle spiagge italiane regna ancora il caos e, date le ripetute sentenze del Consiglio di Stato e della Corte europea, quella proroga governativa va bene, ma non benissimo.
Lo ha appreso sulla sua pelle l’amministrazione di Lignano Sabbiadoro (centrodestra, Udine), che forte del decreto governativo, a fine 2024 ha revocato le gare in corso, in attesa di normative più chiare sugli indennizzi per gli uscenti. Cinque mesi dopo, del decreto sugli indennizzi ancora non c’è traccia, mentre il Comune friulano si è trovato con tutto da rifare: il Consiglio di Stato, con una sentenza del 4 aprile, ribaltando il parere del Tar ha chiarito che le gare devono andare avanti, e l’attesa dei decreti non giustifica la revoca delle gare avviate. “È indispensabile porre subito rimedio, chiarendo il quadro normativo e riportando equilibrio tra tutela della concorrenza e stabilità degli investimenti” ha commentato il presidente di Federbalneari Marco Maurelli. Lignano si è trovata a dover riavviare immediatamente le gare, con una spiaggia lunga chilometri che sarà aperta con proroghe più che precarie (anche se, di norma, i Tar concedono la gestione temporanea, pur di non far chiudere i servizi).
In effetti il caos c’è, ma il Consiglio di Stato continua a ripetere la stessa cosa da un decennio, e in particolare dalla sentenza del 2021 che ha sgomberato il campo alla possibilità di ulteriori proroghe: la direttiva europea Bolkestein impone gare subito. Per questo a maggio 2022 (ddl Concorrenza, governo Draghi) era stato previsto per legge che il governo entro sei mesi avrebbe dovuto emanare decreti attuativi su come regolare le gare – con, tra le altre cose, premialità per i concessionari locali e limiti al numero massimo di concessioni –, e su come indennizzare gli uscenti. La legge dava anche un anno in più, fino al 31 dicembre 2024, per fare le gare. Tempo buttato. I sindaci sono stati lasciati soli: e dopo tre anni, non c’è traccia di quel decreto Indennizzi che, per legge, avrebbe dovuto essere emanato entro la fine del 2022.
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La proroga del novembre 2024, insomma, alla luce del diritto europeo vale poco. Anche i Tar della Puglia e della Liguria – prima della sentenza su Lignano – avevano confermato che i sindaci che avevano avviato le gare, ignorando la proroga al 2027, erano nel giusto. Il Consiglio di Stato, quando è stato chiamato a esprimersi, ha mantenuto la linea. Lo ha ribadito anche al Comune di Roma, dandogli ragione: il Tar del Lazio aveva sospeso le gare, accordando ai ricorrenti la proroga, il Consiglio di Stato a metà mese le ha fatte ripartire. Nove tratti di mare di Ostia sono stati aggiudicati in fretta e furia il 24 di aprile (la stagione apre il 1º maggio): o meglio, sei di nove, per gli altri nessuna offerta, quindi saranno gestiti da Zétema, la società partecipata del Comune nata per occuparsi di musei ed eventi, che ormai si occupa un po’ di qualsiasi cosa.
Non è poi un’eccezione: anche Venezia, e decine di altri Comuni più piccoli, hanno da decenni spiagge in concessione a grandi società partecipate pubbliche, che poi stipulano convenzioni con altri gestori per chioschi e lidi.
Stringi stringi, la giurisprudenza sta dando ragione a quei sindaci che nel 2023, senza attendere i tempi del governo, hanno avviato le gare. A partire da Christofer De Zotti, sindaco di Jesolo (Venezia), di FdI: ricorsi su ogni arenile aggiudicato, ma per ora il Tar continua ad avallare le scelte del comune. La stagione 2025, dopo quella 2024, si aprirà di nuovo con spiagge su cui pendono ricorsi, ma senza sentenze contro. Tanti altri invece hanno scelto di prorogare, contando sul decreto governativo: è il caso di Rimini e Riccione, tra gli altri. Ma anche qui, in ordine sparso: Riccione vuole avviare le gare presto, nel 2025. Rimini si prende più tempo, punta al 2027 e per questo s’è trovata un esposto di “Mare Libero” contro la proroga. Anche Terracina (Latina) ha provato a prorogare, ma il Tar ha già detto no: vada per l’estate 2025, ma poi le gare vanno avviate subito. I sindaci procedono ancora in ordine sparso, senza regole nazionali. La proroga c’è, ma non si vede.