Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 26 Sabato calendario

Lo studio: così le società russe eludono le sanzioni europee

Fatta la sanzione, trovato l’inganno. Nonostante il giro di vite impresso da una direttiva Ue del 2024, che ha specificato reati e pene per chi viola le misure decise dopo l’invasione dell’Ucraina, le violazioni dell’embargo alla Russia sono andate avanti senza sosta. Le sanzioni restano lo strumento principale per far pressione su chi calpesta il diritto internazionale e i diritti umani, ma riuscire ad applicarle è quasi sempre una questione complicata. Come rilevato dal progetto Kleptotrace – guidato da Transcrime (il centro di ricerca sulla criminalità dell’Università Cattolica), co-finanziato dall’Ue e sostenuto da Europol – esistono veri e propri schemi, ricorrenti e sofisticati, per aggirare i divieti di fare affari con e per conto di Mosca.
In Europa prima della guerra erano ben 9.866 le aziende appartenenti a soggetti poi sanzionati, la maggior parte delle quali con sede proprio in Ucraina (1.664): una sorpresa fino a un certo punto, visto che fra le due belligeranti esistevano solidi rapporti economici. Seguiva il Regno Unito, con 1.197 imprese amiche della Russia, poi Germania (827) e Cipro (817). Oggi la presenza delle imprese inserite in “black list”, sottolinea Kleptotrace, affiora soprattutto nei servizi finanziari, nel commercio all’ingrosso e nel settore immobiliare. Il problema è capire chi è il vero proprietario dietro la facciata di trust, “teste di legno” e scatole cinesi. Spesso sono infatti controllate da reti societarie complesse, che si allungano fino in Paesi extra Ue, molti dei quali offshore. Difficile fare indagini, inoltrare rogatorie e ancor di più colpire il portafoglio degli oligarchi che le possiedono. Su 100 aziende prese in esame, gli esperti di Transcrime hanno constatato che lo schema elusivo prevede il coinvolgimento di circa 7 persone giuridiche, di cui almeno un terzo sono società di comodo. In media, ogni caso prevede le prestazioni di almeno tre intermediari o prestanome. Professionisti dell’illegalità all’avanguardia nelle tecniche, ma ancora piuttosto tradizionali nelle modalità di pagamento: per lo più transazioni bancarie (35,1% dei casi), bonifici (17,5%) e versamenti su conti offshore (12,4%). L’uso delle criptovalute è invece ancora limitato (3,1%). Ma ci sono anche significativi scambi non monetari, effettuati ad esempio tramite immobili e beni di lusso (22,2%) nei casi di violazione delle sanzioni rivolte a soggetti specifici. Le restrizioni che colpiscono interi settori economici, come ad esempio quello militare ed energetico, subiscono l’80% delle violazioni, a causa della maggiore ampiezza (e indeterminatezza) del campo di applicazione. Non c’è però solo la componente del dolo, ma anche un frequente coinvolgimento di imprese inconsapevoli (3.5 in media), perché prive di procedure di controllo adeguate o della necessaria cultura normativa societaria. Si aiuta la Russia insomma anche per sbaglio, non solo per calcolo. Di qui l’urgenza di una formazione specifica per i professionisti che si occupano della materia. I comparti industriali maggiormente a rischio sono quelli dell’elettronica e dei componenti hi-tech (27,8% delle violazioni), dei sistemi meccanici e componenti per velivoli (20,3%), seguiti da altri prodotti militari o “dual use”, cioè che si prestano a un utilizzo “ambiguo”, sia bellico che civile (21,5%). Un “mare magnum” dove è difficile navigare senza incagliarsi in complicità più o meno volontarie.«L’analisi che abbiamo prodotto su aree geografiche, attori e schemi di elusione delle sanzioni ha fornito la base per un approccio più efficiente nelle indagini su questi fenomeni transnazionali – ha spiegato il professor Ernesto Savona, direttore di Transcrime –. Abbiamo tradotto questi dati in indicatori di rischio misurabili e strumenti innovativi per districare queste dinamiche complesse, a vantaggio delle autorità pubbliche ma anche della due diligence nelle imprese». Una bussola affidabile che dovrebbe aiutare i Paesi dell’Ue a capire chi sta seguendo la rotta proibita verso Mosca. Sempre che finisca nelle mani giuste.