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 2025  aprile 25 Venerdì calendario

L’Ue in trincea per Kiev Un’offerta a Trump "Compriamo il tuo gas"

Il futuro dell’Ucraina, la trattativa sui dazi e le politiche energetiche. A margine del funerale di Papa Francesco potrebbero giocarsi tre partite cruciali per gli equilibri globali e Ursula von der Leyen spera di trovare lo spazio per scendere in campo, sfruttando l’occasione per un primo scambio con Donald Trump che al momento resta ancora soltanto un’ipotesi. La reazione europea agli ultimi attacchi del presidente Usa all’Ucraina è stata netta, per ribadire il massimo sostegno a Kiev e alla sua integrità territoriale: «Non è negoziabile». Lo hanno sottolineato anche il presidente francese Emmanuel Macron e l’Alto Rappresentante Ue, Kaja Kallas. Al tempo stesso, però, la presidente della Commissione è determinata a porgere a Trump una doppia offerta: la promessa che l’Ue azzererà gli acquisti di gas dalla Russia e, di conseguenza, che aumenterà quelli dagli Stati Uniti.
Sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina, la Commissione ha spinto gli Stati membri a chiudere tutti i canali energetici con la Russia, che fino a quel momento rappresentava il principale fornitore di combustibili fossili: 45% del gas, 50% del carbone e 30% del petrolio. Se lo stop all’acquisto di carbone è stato approvato senza troppi problemi e quello per il petrolio è passato con una serie di limitazioni, il discorso per il gas è stato molto più complicato. Le forniture di metano via gasdotto sono state gradualmente interrotte, ma restano quelle di gas naturale liquefatto che continua ad arrivare nei porti europei. Ora però la Commissione vuole azzerare tutti gli acquisti di combustibili fossili dalla Russia nel giro di due anni, a prescindere dall’esito delle trattative per la fine della guerra in Ucraina.
Von der Leyen ha annunciato ieri da Londra che il prossimo 6 maggio verrà svelata «una tabella di marcia con misure concrete per eliminare gradualmente tutte le importazioni di combustibili fossili russi, in modo da non dipendere più da una potenza ostile per il nostro fabbisogno energetico». Una mossa che avrà inevitabilmente un impatto sugli eventuali negoziati per mettere fine al conflitto. «Finché la Russia non si siederà al tavolo delle trattative e non accetterà un cessate il fuoco completo e incondizionato, dobbiamo ridurre le entrate energetiche che continuano ad alimentare le casse di Putin» ha aggiunto, al suo fianco, il premier britannico Keir Starmer.
Senza il gas russo, però, serviranno alternative, se è vero che – come ha ricordato ieri la stessa von der Leyen – «nel 2024 la domanda di energia è cresciuta di quasi il doppio rispetto alla media recente» a causa «dell’aumento dei consumi in settori come la mobilità elettrica, l’aria condizionata e l’intelligenza artificiale». E l’Unione europea, nonostante gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal Green Deal, guarda ancora al gas come ciambella di salvataggio. In particolare a quello americano, con un’offerta che – spera la presidente della Commissione – potrebbe addolcire la Casa Bianca nella partita sui dazi. «Non abbiamo dimenticato come gli Stati Uniti siano immediatamente intervenuti con il Gnl quando ne avevamo bisogno durante la crisi» ha puntualizzato la presidente della Commissione, ricordando che le partnership energetiche siglate in questi anni, «comprese le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti, rimangono di importanza strategica per l’Unione europea».
Ma se sul fronte energetico l’Ue tende una mano a Trump, sul dossier ucraino rimane ferma sulla sua posizione che non è per nulla allineata a quella della Casa Bianca. «È la Russia il vero ostacolo alla pace, non l’Ucraina» ha replicato ieri Kaja Kallas, in risposta agli attacchi di Trump a Zelensky.
Dal suo viaggio in Madagascar è intervenuto anche Emmanuel Macron, che ha invitato Putin a «smettere di mentire» perché mentre dice di volere la pace continua a bombardare l’Ucraina e dunque «non possiamo aspettarci che Zelensky accetti il cessate il fuoco mentre Kiev viene bombardata». Così il presidente francese ha risposto alle accuse di Trump: «La frustrazione degli americani» per un mancato accordo «deve essere rivolta soltanto contro una persona: il presidente Putin». Il capo dell’Eliseo è quindi tornato sulla questione dell’integrità territoriale e in particolare sulla Crimea che Trump aveva ormai dato per persa. La questione dello statuto della regione, ha detto Macron, «non si pone ora». E anche se il presidente americano «descrive uno stato di fatto», questo «non significa che dovremmo dare carta bianca alla Russia». —