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 2025  aprile 25 Venerdì calendario

Notti “brave” di Carl Brave. Risse, alcool e incontri leggendari

Io ho il magnete per attirare gli stronzi. So’ pennellone, grosso, con la faccia da buono…
Che accadde quella volta, Carl Brave?
Trastevere, San Calisto. Ero a bere in compagnia. Arrivano ’sti coatti in macchina, techno a palla. Si piazzano in mezzo. Uno mi fa: ‘Te ne devi anna’.
E lei?
Me ne vado, poi torno con tutti gli amici. Rissona fuori dal pub.
Diventa un duello.
Facevo muay thai. Botte da orbi. Ci avvinghiamo. A un tratto lui rompe una bottiglia e fa per infilzarmi. Avevo da poco smesso basket, un salto indietro e mi divincolo.
Lì?
Spunta una vecchia trasteverina: ‘Aho, menateve quanto ve pare, però con le mani e basta’. Ne aveva viste mille così: la sua sortita fu decisiva. Di recente l’ho ribeccata.
Nel nuovo album Notti Brave – Amarcord ha omaggiato la signora come una salvatrice.
Tutto quel che racconto è autobiografico. Un disco in bianco e nero, concepito da solo in libertà, con il bottone del reverse su quei tempi delle scorribande giovanili a Roma.
Come l’altro episodio dello scontro con dei fasci.
In realtà erano dei buttafuori, una festa a San Lorenzo. Quasi mai era colpa mia.
Quasi?
Intervenivo se c’era da difendere un amico. Califano insegna.
Sempre a San Lorenzo, in una di queste canzoni descrive l’incontro con Remo Remotti.
Aveva uno spettacolino in un pubbetto, pareva un pazzo, faceva cose tipo ‘Te puzza la fre…’, era formidabile, stradaiolo, amava parlare con i ragazzi. Gli proposi di fare insieme un pezzo scritto per lui.
E Remotti?
‘Se mi porti una cassa di Peroni…’. Andai con le 66. Mi recitò la sua immortale Roma addio. Peccato sia morto pochi giorni dopo. Il brano è Flash, sul mio disco. Nel testo dico: ‘Mi ha lasciato una poesia sporca di saliva’, sputava sul foglio, eravamo ubriachi. Poi sua figlia mi ha contattato per il rifacimento di Roma addio, con Mannarino, Verdone e tanti altri. Che onore.
In un’altra canzone voleva andare ‘a tirare le uova a Richard Benson’.
Sono felice che non sia accaduto. Mi affacciai a un paio di suoi live, senza riuscire a entrare: ero sempre l’ultimo della fila. Gli lanciavano di tutto. Uno s’era portato una testa di maiale.
In un verso, “Le bombe delle sei fanno male” osa contraddire Venditti.
Dipende di che parliamo: dei bomboloni alla crema o di fumo?

Notti brave – Amarcord è il godibile spaccato di una Roma notturna, una mappa di personaggi e di locali che non ci sono neppure più. In pochi anni la Capitale è cambiata o siete cresciuti voi?
È peggiorato il mondo intero, e siamo diversi noi. Finita quella spinta collettiva, ci scopriamo boomeroni.
Ha 36 anni: archiviata qui la poetica generazionale, che farà da grande?
Spero di non cadere nella banalità. L’amore sembra la tematica ricorrente nel mercato. Vorrei comunque che la gente vedesse me e basta nelle mie canzoni. Non se ne può più di quelle confezionate da mille autori.
Con Franco 126 non prevede collaborazioni come ai vecchi tempi?
Credo proprio di no. Il giro delle amicizie è cambiato. Non c’è più l’energia di quando andavamo in giro a bere o stavamo in soffitta tutti insieme, Franco, Ketama e gli altri della posse. La magia del momento in cui uscivano ‘cose de core e de panza’ e la prima è buona.
Però nel nuovo disco rispunta Alì, il fotografo di strada, che rendeste celebre in Polaroid.
E dire che nella copertina del vecchio album non c’era lui ma un altro: Alì aveva fatto qualche soldo, era tornato in Bangladesh. Lo incontro ancora, con la Fujifilm gli davi 3 euro e ti faceva ritratti storici.
I 126 scalini tra via Glorioso e via Dandolo sono diventati leggendari, nella scena artistica romana. Ci sono vostri epigoni oggi lì?
Vedo nuovi pischelli, però non rappano da delirio come noi. Le guardie li tengono a bada.
La musica per lei è stato un piano b.
Giocavo a basket ad alti livelli, guardia e play. Ero in B1 con la Montecatini, purtroppo quell’anno la società fallì. Scesi in C a Benevento, i maligni dicevano che se giocavi male ti sfasciavano l’auto. Falso, ma mi stufai della disciplina dello sport, imparai a fare le basi e scelsi la libertà del rap.
Meglio l’NBA o un Grammy Award?
A ’sto punto il Grammy.
Nel disco cita le sconfitte europee della Lazio e le vittorie della Roma. Si è giocato mezzo pubblico.
Ed è la prima volta che parlo della Lazio… Vabbè, ho fatto autogol, vorrà dire che allo stadio non andrò a cantare, ma a tifare.
L’indie è morto?
Pare ricicciato, ultimamente. Però nessuno sa cosa sia davvero l’indie.