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 2025  aprile 25 Venerdì calendario

Il Consiglio d’Europa torna a bocciare i Cpr italiani «Uso eccessivo della forza e ricorso a psicofarmaci»

Il quadro del sistema carcerario italiano è preoccupante e soprattutto a preoccupare è il modello italiano di detenzione migratoria in particolar modo nella sua applicazione in contesti esterni come i Cpr in Albania. Dei luoghi che il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa valuta di visitare in prima persona, dopo aver comunque sollevato alcuni interrogativi nel rapporto. Il comitato era già stato in Italia, in una visita ad hoc, nell’aprile 2024 per analizzare le condizioni dei Cpr di quattro città, riscontrando «episodi di maltrattamenti e uso eccessivo della forza da parte delle forze di polizia, oltre alla somministrazione di farmaci psicotropi non prescritti». Nel rapporto viene denunciata in modo particolare l’assenza di un monitoraggio indipendente e rigoroso sulle azioni delle forze dell’ordine all’interno dei Cpr, e la mancanza di registrazioni accurate delle lesioni riportate dai detenuti. Particolarmente critico è il caso del Cpr di Potenza dove, secondo il Consiglio d’Europa, si fa ricorso sistematico a psicofarmaci senza prescrizione. Le condizioni materiali nei Cpr sono definite perciò «carcerarie», con infissi metallici e aree esterne simili a gabbie e non rispettose dei diritti umani. Le strutture soffrono anche di carenze igieniche, alimentari e di accesso ai beni di prima necessità. «I detenuti sono di fatto parcheggiati», scrive il comitato, segnalando che le attività previste nei capitolati d’appalto sono spesso disattese, con conseguenti inchieste giudiziarie. Anche l’assistenza sanitaria risulta carente, per questo si raccomanda che solo medici esperti in contesti detentivi valutino l’idoneità alla detenzione, migliorando lo screening sanitario all’ingresso e limitando l’uso di psicofarmaci.
Fin qui i centri in Italia. Ma partendo proprio dalle condizioni di Cpr nel nostro Paese, il Cpt mette quindi in dubbio anche la validità del modello dei centri in Albania. Il rapporto infatti segnala che «le conclusioni, in particolare in relazione alle pessime condizioni materiali, all’assenza di un regime di attività, all’approccio sproporzionato alla sicurezza, alla qualità variabile dell’assistenza sanitaria e alla mancanza di trasparenza nella gestione dei Cpr da parte di appaltatori privati, mettono in discussione l’applicazione di tale modello da parte dell’Italia in un contesto extraterritoriale, come in Albania». Ecco perché, hanno detto durante la presentazione del rapporto a Strasburgo il presidente del comitato, Alan Mitchell, e il segretario esecutivo Hugh Chetwynd, «non si esclude di esaminare la situazione nei centri rimpatri italiani in Albania». Aggiungendo poi che la questione di questi centri è stata discussa durante l’incontro avuto con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, lo scorso ottobre a Roma e che il comitato, «viste anche le discussioni in atto in altri Paesi sull’esternalizzazione dei centri rimpatri, sta mantenendo un occhio vigile su quelli in Albania». Chetwynd ha ricordato inoltre che l’organo ha pubblicato alla fine del 2024 un rapporto molto critico sui centri rimpatri in Italia e ha osservato che «tenuto conto del fatto che questo modello in una certa misura è stato esportato in Albania, credo sia chiaro qual è la posizione del Cpt anche senza esserci ancora stati».
Posizioni nette che nel nostro Paese trovano il Pd a fare da grancassa. I dem infatti sottolineano, con la senatrice Sandra Zampa, come anche il Consiglio d’Europa di fatto «demolisce il modello Albania» facendo «un attacco durissimo» ai centri di permanenza per i rimpatri. Mentre a Bruxelles gli eurodeputati Pd e Verdi hanno scritto una lettera a Michael O’Flaherty, commissario per i Diritti umani, e ad Alan Mitchell, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, per chiedere quanto prima una ispezione nei Cpr in Albania.
Non va meglio il giudizio dell’organismo sulle carceri italiane, dove a preoccupare è il sovraffollamento e il peggioramento delle condizioni di vita, l’aumento della violenza e un numero record di suicidi tra detenuti e personale nel 2024. Da qui la necessità di riforme strutturali e investimenti adeguati, tema affrontato dal Cpt anche durante un incontro con il ministro Carlo Nordio. Magari guardando alla Spagna che – sottolinea ancora Chetwynd – a differenza di Roma che ha usato un’amnistia e ha ancora un problema di sovraffollamento, «ha revisionato le proprie leggi e ridotto il numero di carcerati da 75mila a 55 mila, riuscendo a mantenere stabile questo abbassamento».