Avvenire, 25 aprile 2025
«Lo cerco in tutte le fotografie sul Web»
«La mia giornata non inizia con il caffè. Comincia consultando cento canali Telegram, sia russi sia ucraini, e guardando ogni foto. Con un solo obiettivo: trovare il volto del mio Oleg. Ingrandisco le immagini se non sono nitide, comprese quelle dei militari caduti, e gioisco nel cuore quando non lo individuo tra i morti». Tetiana Tantsiura è la moglie di uno dei “desaparecidos” di guerra. Civili e soldati che nei tre anni di conflitto in Ucraina sono svaniti nel nulla. Dispersi nelle zone occupate da Mosca o sui campi di combattimento. Nessuno sa se morti o vivi, feriti o in prigionia. «Per questo ci ferisce la domanda “Speri che i tuoi cari siano sopravvissuti?”. Tutta la nostra vita è scandita dalla speranza che tornino a casa. Ma anche dal rimorso di non fare abbastanza per loro. E poi da una certa incomprensione: perché gran parte della società non capisce che cosa sperimentiamo sulla nostra pelle e che cosa può fare», aggiunge lei. Sono 55mila gli scomparsi dall’inizio dell’invasione russa, certifica il registro unico nazionale di Kiev. Uomini e donne di cui si sono perse le tracce «in circostanze particolari», come li definisce la burocrazia. Persone comuni e militi “ignoti” da mesi o da anni. «I giorni e le settimane sono nel segno dell’attesa. E anche dell’impegno a tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica su un dramma che riguarda migliaia di famiglie», chiarisce la donna. Come fa lei che scende in piazza insieme ai parenti della 115ª Brigata fucilieri motorizzata che si sono riuniti in anche un’associazione guidata da Yuliia Sharapanuk che ha il fratello introvabile. Alle manifestazioni uniscono appelli, lettere aperte, incontri pubblici. «Se una persona è stata catturata, deve essere rilasciata. Se è morta, il suo corpo deve essere restituito per darle una degna sepolta – sostiene Tetiana –. Avere una tomba su cui piangere è tutto ciò che chiedono le famiglie che hanno perso un parente al fronte o negli attacchi. Purtroppo in molti casi non hanno nemmeno quella perché i resti si trovano in chissà quale steppa del Donbass».
Il caso della 115ª Brigata rientra nelle “sparizioni di massa” avvenute durante gli oltre mille giorni di guerra. «Secondo i dati pubblici, c’erano tra i 400 e gli 800 arruolati nel battaglione. Ad oggi circa 60 sono deceduti ufficialmente mentre più di 600 sono stati dichiarati dispersi in azione». Fra loro il marito di Tetiana, Oleg Naradko. Trentuno anni entrambi. «Da un anno e nove mesi non so più niente di lui. Aveva indossato la divisa nel luglio 2022 ed è scomparso il 18 luglio 2023 nella regione di Donetsk, in una zona che adesso è sotto il controllo di Mosca. So solo che c’è stato un assalto alle loro postazioni e che sono state conquistate dai russi». Ucciso o catturato: è la domanda che, da un lato, le dà la forza di continuare nella sua battaglia di giustizia e, dall’altro, la tormenta. «Le autorità competenti dicono che un terzo dei rilasciati dalla prigionia russa era considerato disperso», afferma la donna. Finora sono 4.552 gli ucraini finiti nelle mani del Cremlino che sono stati rimpatriati, tra civili e militari. L’ultimo scambio fra Kiev e Mosca risale alla vigilia di Pasqua quando 277 soldati, molti dei quali nati dopo il 2000, sono stati riconsegnati all’Ucraina in quello che è stato il 63° ritorno dal febbraio 2022. «Quasi in ogni scambio ci sono persone ritenute scomparse. Questo ci dà conforto – prosegue Tetiana –. In altre parole c’è una schiera di quanti sono classificati come dispersi che probabilmente si trovano nei centri di detenzione russa. Ma Mosca non lo conferma perché non permette di accedere ai luoghi di prigionia e si rifiuta di creare commissioni mediche miste». Inoltre le “permute” sono tutt’altro che a portata di mano. «I nostri prigionieri sono sottoposti a tortura. Quindi, certo che il numero di scambi andrebbe aumentato. Però le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti. E queste operazioni sono influenzate da molti fattori: dalla situazione sul terreno di battaglia al contesto geopolitico mondiale. Come famiglie siamo grate ai Paesi che agiscono come mediatori negli scambi. Vorremmo che accadesse più spesso». Un pensiero va a papa Francesco morto lunedì. «Lanciava appelli per la liberazione dei prigionieri e ha agito anche in prima persona – sottolinea Tetiana –. Abbiamo sempre auspicato che le sue parole venissero ascoltate. In circostanze ideali dovrebbe esserci uno scambio “tutti per tutti” fra Russia e Ucraina. Ma non ci sono ancora le condizioni adeguate». È quello che aveva chiesto Bergoglio a Pasqua 2024: riconsegnare ciascun detenuto all’altro Paese. Ed è uno dei punti che Kiev vorrebbe fossero inseriti in un’intesa negoziale per il cessate il fuoco.
Fra i temi che la diplomazia vaticana ha portato avanti nelle due capitali c’è anche quello della riconsegna delle salme. Sono settemila i cadaveri di soldati ucraini che Mosca ha restituito al Paese invaso. «Lo scorso 28 marzo abbiamo avuto il rimpatrio più consistente con 909 corpi. La Russia collabora ma sono necessari anche accordi per consentire le indagini nei territori occupati. Ad esempio il luogo della scomparsa di mio marito si trova oltre le linee nemiche». E Tetiana torna alla sua ossessiva ricerca di Oleg. «Controllo il Web ogni giorno, più volte al giorno. E mi arrabbio quando non vedo la sua foto tra i prigionieri di guerra che i russi hanno pubblicato».