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 2025  aprile 24 Giovedì calendario

La fuga di cervelli dagli Stati Uniti: il 32% degli scienziati sta cercando di lasciare il Paese dopo i tagli alla ricerca di Trump

Valerie Niemann e Xiao Wu sono una ingegnera chimica e un biostatistico. La prima si è trasferita dall’Università di Stanford in California per un post-doc all’Università di Berna. Il secondo studia dati per mitigare i danni del cambiamento climatico sulla salute all’Università della Columbia ma teme che in futuro si sentirà costretto a fare la stessa scelta. Ciò che li accomuna è la delusione per i tagli alla ricerca del governo statunitense guidato da Donald Trump.
Un’analisi della rivista scientifica Nature svela ora i primi dati sulla fuga di cervelli già iniziata dagli Stati Uniti: gli scienziati statunitensi hanno presentato il 32% in più di domande di lavoro all’estero tra gennaio e marzo 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024 mentre le visualizzazioni per opportunità di lavoro nel settore della ricerca fuori dal paese da parte di utenti americani sono cresciute del 35%.
I numeri
Più di 200 sovvenzioni federali per la ricerca su HIV e AIDS sono state bruscamente cancellate. Sono stati tagliati anche i contributi agli US National Institutes of Health per la ricerca sul Covid-19 mentre i fondi alla Columbia University sono stati ridotti di 400 milioni a causa delle proteste del campus a sostegno dei palestinesi nel conflitto con Israele.
Solo a marzo, mentre l’amministrazione intensificava i suoi tagli alla ricerca, le views di annunci per posti di lavoro sono aumentate del 68% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Secondo un sondaggio di Nature, 3 ricercatori su 4 negli Usa desiderano lasciare il paese per motivi di lavoro.
D’altra parte, il calo di interesse e di domande per posti negli Usa, per James Richards, a capo del team Global Talent Solutions di Springer Nature, «è senza precedenti». Per fare un esempio, le domande di ricerca canadesi per posti di lavoro negli Stati Uniti sono diminuite del 13%. Cresciute del 41% invece le richieste per emigrare in Canada.
A febbraio, un sondaggio sui membri della National Postdoctoral Association (NPA) ha rilevato che il 44% dei 293 intervistati ha descritto la propria posizione come minacciata. Il 35% ha detto che la loro ricerca è in ritardo o in pericolo e il 9% ha dichiarato di non poter parlare liberamente al lavoro.
Il direttore esecutivo dell’NPA Tom Kimbis afferma che i tagli ai finanziamenti, le minacce alla diversità e le preoccupazioni sull’immigrazione stanno danneggiando il lavoro e la vita dei ricercatori post-dottorato.
L’opportunità per l’Europa
Ciò sta creando una crescita di views e applications verso gli atenei europei. Le domande degli Stati Uniti per riempire i posti vacanti europei, secondo la bacheca di Nature Careers, sono aumentate del 32% a marzo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e le visualizzazioni sono aumentate del 41%. Nel frattempo, le domande verso le istituzioni statunitensi da parte di ricercatori in Europa sono diminuite del 41%. Gli atenei del vecchio continente, di rimando, mostrano interesse.
All’inizio di marzo, ad esempio, l’Università di Aix-Marsiglia, in Francia, ha lanciato l’iniziativa Safe Place for Science rivolta ai ricercatori statunitensi che sono stati licenziati, censurati o ostacolati, nel loro lavoro, dalle azioni dell’amministrazione Trump. L’ateneo ha stanziato 15 milioni di euro per sostenere 15 ricercatori che lavorano su clima, salute, ambiente e scienze sociali. Sono state 298 le domande presentate (il 70% provenienti dagli Usa) e quasi 400 le richieste di informazioni. «Quello che sta accadendo è terribile per la ricerca americana», dice il rettore di Aix-Marsiglia, Éric Berton, che aggiunge: «Abbiamo sentito che era nostro dovere fare il possibile per mostrare agli scienziati che nel sud della Francia c’era una speranza per essere molto più liberi».
La Max Planck Society, uno dei principali centri di ricerca tedeschi, ha ricevuto richieste da parte di alcuni dei suoi ricercatori americani per rimanere in Germania più a lungo a causa dei tagli alla ricerca. Così ha annunciato la formazione del Max Planck Transatlantic Program, un’iniziativa che stabilisce piani per creare centri di ricerca in collaborazione con istituzioni con sede negli Usa, oltre a fornire ulteriori posti di formazione post-dottorato e posti extra per ricercatori junior nelle 84 sedi del centro di ricerca.
Ma se Atene piange, Sparta non ride perché secondo l’Associazione europea delle università, «i recenti tagli ai finanziamenti pubblici in diversi paesi [europei] e le continue tensioni politiche globali indicano una volatilità che sfida il modello di ’crescita’ prevalente sperimentato dal settore universitario fino a ora». Inoltre, la crescita economica europea l’anno scorso è aumentato dell’1% rispetto a una media globale del 3,2%. Il rischio è quindi quello di sprecare almeno in parte l’opportunità che si sta creando.
L’interesse dell’Asia
Anche altri paesi, oltre al vecchio continente, hanno registrato un aumento delle domande di lavoro. E attrarre scienziati statunitensi li ha subito interessati. Un gruppo di reclutatori cinesi, ad esempio, ha pubblicato annunci sulle piattaforme di social media rivolti agli studiosi americani licenziati, esortandoli a «perseguire lo sviluppo della carriera e l’imprenditorialità a #Shenzhen, #Cina», come riporta Politico.
Nel primo trimestre di quest’anno, le visualizzazioni con sede negli Stati Uniti degli annunci di lavoro cinesi pubblicati su Nature Careers e le loro domande sono aumentate rispettivamente del 30% e del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Allo stesso tempo, l’interesse degli statunitensi per le opportunità di carriera in altri paesi asiatici è cresciuto del 34% (per visualizzazioni) e del 39% (per candidature inviate).