la Repubblica, 24 aprile 2025
Argentina Dopo Maradona la morte di Bergoglio lascia il Paese senza eroi
Quasi alla fine del mondo scivola un dolore languido e romantico, scende nel pomeriggio tra i vicoli di Caminito e si allarga nella città fiorita e tiepida:Francisco è tornato a Buenos Aires, finalmente. Non è vero che non fosse venuto più. Lo hanno messo sugli altari delle bancarelle dove sacro e profano non si vergognano di sé e ballano il tango, strettissimi: le statuine del Papa insieme a quelle di Maradona in un compianto che non finisce mai, un po’ preghiera, un po’ mercato.Qui, dove il grande amore si chiama per nome e il nome è Francisco, il nome è Diego. Da quasi cinque anni dura il pianto, da quando Maradona se ne andò, e adesso l’Argentina dice addio all’altro suo grande capitano.
Il silenzio immane di una città sottovoce è spezzato alla Boca, il quartiere degli “Xeneizes”, i genovesi, dove i turisti si fanno un selfie con la statua di cartapesta di Bergoglio oppure del Diego. Un sosia di Gardel stringe una rosa tra le labbra. Ed è tutto eccessivo ma profondo, in un cordoglio che scavalca Peron e arriva fino a Milei, passando da Menem e Cristina Kirchner, l’ex presidentessa che con Francesco ebbe da ridire però adesso sussurra: «Lui teneva i piedi sulla terra e gli occhi al cielo».
Tutto e popolare e quasi tutto è populista in un lutto mai così nazionale, se non per Maradona, appunto. Il funerale anticipato di Francesco lo stiamo vedendo qui, prima che in Vaticano. Davanti alla Cattedrale, sulle dodici colonne dove hanno appeso fotografie, disegni fatti dai bimbi, colombe di carta, la maglia a righe del San Lorenzo, mentre a terra si sciolgono candele. Qui dentro, due giorni fa la vicepresidente Victoria Villarruel si è presa i fischi, invece in Parlamento hanno firmato una tregua. «Oggi si realizza quell’unità che lui sognava», esclama infatti il deputato Eduardo Valdes, amico di Bergoglio, issando il vessillo a mezz’asta. Rinviato il dibattito sulla corruzione. A Bergoglio intitoleranno la Sala Bianca e la stazione della metropolitana, davanti alla Casa Rosada.
Eppure è così irreale questo silenzio di Buenos Aires, città dai mille frastuoni, per il suo “hermano”, il suo fratello. “Hasta siempre compañero” c’è scritto su un poster dove il Papa sorride. «Hai piantato un seme, grazie» è la frase di una ragazza su un bigliettino celeste. Il funerale di Baires è pieno di scarpe che corrono, quasi come quelle nere di Francesco, e di autobus come quelli che prendeva lui, sempre in giro, trafelato. Ed è la preghiera delle baraccopoli, le Villas Miserias dove i bambini cercano cartone e metallo frugando trai rifiuti. Anche a Villa Fiorito si recita il rosario di strada, qui al margine estremo della città dove nacque Maradona: Diego e Francesco ne avevano parlato insieme, perché anche lì il prete Bergoglio (gli argentini lo pronunciano con la “g” dura, “Bergòghlio”) e poi il cardinale avevano consumato le suole, Diego lo sapeva bene.
È tornato a Buenos Aires, padre Jorge Mario che un bel giorno prese un nome diverso e immenso. Ma alla sorella Maria Elena di dodici anni più giovane, l’amata Mariela inferma dal 2023 in un ricovero di suore per colpa di un ictus, nessuno ha avuto il coraggio di dire che Jorge non c’è più. Il Papa la chiamava tutte le settimane, prima che lei si ammalasse, e quasi ogni giorno ne ascoltava la voce registrata su un’audiocassetta. Di Mariela, il fratello custodiva anche un oggetto particolare, una scultura donatagli dall’artista Gustavo Masò: il calco della mano sinistra della donna. Mariela aveva sempre aspettato Jorge, forse lo aspetta ancora.
In strada non esiste edicola senza almeno una foto di Francesco, senza un adesivo, un opuscolo, un magnete per il frigorifero, è una processione irrituale che non deve offendere. E il nostro ricordo torna al corteo funebre che a fine novembre 2020 si snodò proprio da qui, davanti alla Casa Rosada, dopo l’infinita camera ardente. Se la gente potesse, ora andrebbe tutta a Roma e si metterebbe in fila, alcuni più fortunati lo faranno: è già piuttosto lunga la lista dei politici e dei “rappresentanti del popolo” in partenza. Danya Tavela, deputata radicale al Parlamento argentino, è severa: «Sono in troppi a volere artigliare i biglietti per l’Italia». La tregua nel nome del Papa vacilla.
Torniamo in Cattedrale, dove scorrono i video di un giovane Bergoglio in tonaca nera che parla animatamente. Il picchetto d’onore presidia la grande immagine del Papa listata a lutto: scorre gente per lasciare una firma o qualche parola sul libro. Su un foglio appeso un po’ in obliquo, sotto l’icona di una Vergine seria che non guarda il Bambino ma l’orizzonte, c’è scritto: “Recibir la vida como viene”. Poche ore fa, religiosi di diverse confessioni si sono radunati nella lunga navata che accolse le prime omelie del cardinale Bergoglio. La sua tiara episcopale è adagiata su una sedia, vicino ai paramenti viola.
«Giocavo con lui a pallone, abbiamo appena un mese di differenza, Jorge era già prete e quando veniva il momento si levava la tonaca e s’infilava i pantaloncini corti». Anche Maximo Lera, 88 anni a novembre, amico storico di Bergoglio e cofondatore del Centro Comunutario “Padre Conforti”, è venuto a portare il suo cordoglio. «Lui era sacerdote nel profondo e non ha mai smesso di esserlo. Nel 2017 aveva deciso di venire in Argentina, lo aveva promesso a me e a qualche amico. Poi ci riprovò, ma la pandemia e la salute precaria non lo resero possibile. Anche da Papa, Jorge mi rispondeva sempre al cellulare, e ridendo mi chiamava “negro”, è il mio soprannome fin da bambino. Mi chiedete chi era Jorge Mario Bergoglio, e io vi dico che era un uomo buono, sempre dalla parte degli umili e dei lavoratori. Ed era una persona lieta: il suo sorriso mi accompagna da tutta la vita».
Due operai puliscono le fontane in Plaza de Mayo, davanti al monumento e alla teca con i sassi che portano i nomi dei desaparecidos. Ogni minimo gesto sembra più solenne, e nessuno alza la voce. «Lo sente, signore?, pure i clacson fanno meno baccano oggi», dice il tassista di origini piemontesi, pure lui come il Papa che non c’è più. E chissà se è una suggestione, oppure se è vero. Forse è soltanto una diversa forma di preghiera, insieme a quella che nel pomeriggio siascolta a Flores, la prima parrocchia di padre Bergoglio, vicino alla piazza delle partite con la palla di stracci. Ci saranno lunghe veglie fino alle esequie di sabato,quelle ufficiali s’intende. Le altre proseguono con un sorriso e qualche fisarmonica, qui alla Boca dove il sosia di Gardel accenna un passo di danza e quello di Diegopropone un selfie, offerta libera. Quanto dolore, quanto amore. La fine del mondo è un mondo che non finisce mai.