La Stampa, 24 aprile 2025
Intervista a Frank Matano
«Ho già doppiato dei cartoon, ma sento questa come una prima volta: perché di mio non c’è solo la voce, ma anche battute e dialoghi, venuti addirittura prima dell’animazione». Così Frank Matano racconta la sua partecipazione alla serie animata Il Baracchino, che debutta il 3 maggio nella sua Napoli al Comicon, per poi arrivare il 3 giugno su Prime Video, prima produzione italiana di questo genere realizzata per Amazon Original.
Ambientata in un club di stand up un tempo celebre ma ormai in disarmo, racconta di un ultimo tentativo di rilancio. Creata e diretta da Nicolò Cuccì e Salvo Di Paola, tra le altre voci Pilar Fogliati, Lillo, Pietro Sermonti, Edoardo Ferrario, Stefano Rapone, Luca Ravenna, Michela Giraud.
Matano è Donato, non un comico ma uno del pubblico, «una ciambella dall’anima sensibile ed entusiasta. Uno che di sé dice «ho un vuoto dentro».
«I cartoon – continua Matano – sono stati la mia bibbia comica: da piccolo vivevo a base di Looney Tunes, Willy Coyote e Tom & Jerry, crescendo sono passato ai Simpson e ai Griffith. Poi c’è stata la fase South Park, di cui porto le conseguenze sotto forma di un tatuaggio di Cartman su una chiappa, peccato veniale di gioventù».
Lei però i club come Il Baracchino non li ha mai frequentati e la gavetta l’ha fatta su YouTube no?
«Sì, però appena posso ci vado da spettatore. Soprattutto in America, dove continuo ad andare spesso. Però una volta...».
Una volta?
«Mi sono iscritto a una serata in un celebre club dove si sono esibiti i più grandi, da Robin Williams a Jim Carrey. Mi sono preparato le battute in inglese e ho fatto la mia parte... Però no, non è il mio terreno. Grande stima per quelli che partono da qui, che per un anno limano le loro battute come una scultura cha va definendosi con le risate del pubblico».
Non ha mai conosciuto il panico da palcoscenico?
«In realtà a me capitava anche in tv se c’era il pubblico. “Ma cosa ci faccio qui?”. Con l’esperienza ho imparato a controllarmi».
Le risate non aiutano?
«Sono il vento che gonfia la vela di ogni comico».
Mai pensato a un suo show?
«Una volta, nel 2020: avevo iniziato a scriverlo ed ero anche a buon punto. Poi è arrivato il Covid e stop. È un rumore di fondo che non mi abbandona. Ma sono cosciente che non è la mia comfort zone. Preferisco prendermi i miei tempi».
Quando ha scoperto che sapeva far ridere e che poteva persino diventare un lavoro?
«Parte come un segreto che alimenti dentro di te, ma che possa essere un mestiere ti pare un’idea un po’ ridicola. Pensi ai grandi della risata che ami... Però a 18 anni, in America dove mi trovavo per l’ultimo anno del liceo, ho scoperto YouTube: era agli albori, il 2006/2007, e là già iniziavano a esserci questi che postavano i loro video. Ho pensato che avrei potuto farlo anch’io. Ho fatto il mio outing: gli scherzi telefonici che avevo sempre fatto. Il resto è venuto di conseguenza».
Il bello di YouTube?
«Sei in una zona protetta, fai quello che ti piace e decidi tutto tu. L’unico termometro sono i contatti: l’equivalente della risata. E per uno timido come me, una situazione meno traumatica: mi esibivo dal salotto di casa».
Alcuni suoi video hanno incamerato nel tempo milioni di visualizzazioni, visti dagli adolescenti di oggi non solo dai suoi coetanei di allora.
«Uno ha superato i 9 milioni... Una cosa magica. In tanti mi dicono “Ti seguo da quando hai iniziato a fare gli scherzi”. Ma non hanno l’età ed è molto che non faccio più video (qualche ricaduta su Instagram)».
Come è uscito da YouTube?
«Mi ha cercato Francesco Facchinetti, che ancora oggi è il mio manager. E poi Gianni Benincasa, uno degli storici autori televisivi. Ma soprattutto mi ha voluto Davide Parenti a Le Iene: per quattro anni mi ha ospitato a casa sua».
Cosa ricorda della prima volta a Le iene?
«La velocità con cui si muovevano tutti. E la mia innocenza: mi rendeva sfrontato e incosciente. Non avevo esperienza ma mi sono buttato».
Recentemente è stato protagonista di un battibecco con Patrizia Pellegrino a Ne vedremo delle belle. Se l’aspettava?
«Era una battuta qualunque, legata alla canzone che aveva cantato, L’importante è finire: “Talvolta è meglio non cominciare”, ho detto e lei non l’ha presa affatto bene».
Ne vedremo delle belle, Lol, Italia’s Got Talent: le piace fare il giudice?
«È un bel modo di fare tv. Italia’s lo faccio da nove stagioni perché mi diverte. Sto registrando la prossima con Alessandro Cattelan che ha la mia stessa ironia, Mara Maionchi che non le manda a dire ed Elettra Lamborghini».
Ha ormai 35 anni: si sente adulto o è sempre il diciottenne dei primi video?
«Sto iniziando a essere adulto, anche se vorrei restare piccolo. Il mio lavoro lo richiede. L’ideale sarebbe crescere come persona e restare bambino da professionista».