Avvenire, 17 aprile 2025
Deportazioni e violenze: qui Tunisia
C’è anche la Tunisia tra i Paesi indicati dalla commissione come “sicuri”. I cittadini dei quali, cioè, richiedenti asilo giunti in Italia (e negli altri Stati membri) potranno essere più facilmente rimpatriati, grazie alla procedura accelerata. La stessa cioè che viene applicata nei centri albanesi. Il Paese nordafricano alla ribalta nelle ultime settimane per la deportazione e la caccia ai migranti subsahariani risulta quindi “sicuro”, malgrado le numerose denunce arrivata da più parti e anche dalle Ong (poche) ormai presenti sul territorio. Ma non ci sono solo i subasahariani nel mirino dell’esecutivo di Tunisi: ci sarebbero infatti anche gli oppositori al regime ai quali non vengono certo fatti sconti. Nello stesso giorno in cui la Commissione ufficializza l’elenco dei Paesi sicuri, la Ong Human Right Watch pubblica un rapporto sul Paese in cui denuncia “la detenzione arbitraria che schiaccia il dissenso”.
«Il governo tunisino ha trasformato la detenzione arbitraria in una pietra angolare della sua politica repressiva, volta a privare le persone dei loro diritti civili e politici – afferma Human Rights Watch nel rapporto pubblicato ieri –. Le autorità dovrebbero porre fine alla repressione contro chi li critica e rilasciare tutti coloro che sono detenuti arbitrariamente, in molti casi solo per aver esercitato i loro diritti umani». Il rapporto di 42 pagine, “Tutti cospiratori: come la Tunisia usa la detenzione arbitraria per schiacciare il dissenso”, documenta l’uso ormai dominante del governo tunisino della detenzione arbitraria e dei procedimenti giudiziari politicamente motivati per intimidire, punire e mettere a tacere i suoi oppositori. Human Rights Watch in particolare ha documentato i casi di 22 persone detenute, accusate di terrorismo, in relazione alle loro dichiarazioni pubbliche o attività svolte. Tra loro ci sono avvocati, oppositori politici, attivisti, giornalisti, utenti di social media e anche un difensore dei diritti umani. Almeno 14 detenuti potrebbero essere condannati alla pena capitale se condannati. A gennaio 2025 oltre 50 persone erano detenute per motivi politici o per aver esercitato i loro diritti.
«Era dai tempi della rivoluzione del 2011 che le autorità tunisine non scatenavano una tale repressione», commenta Bassam Khawaja, vice direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa di Human Rights Watch. «Il governo del presidente Kais Saied ha riportato il paese a un’era di prigionieri po-litici, derubando i tunisini delle libertà civili duramente conquistate».
Sul fronte della caccia ai migranti, c’è il racconto drammatico di una volontaria in contatto con i gruppi di subsahariani presenti sul territorio tunisino. «Ho fatto un video su TikTok per denunciare la scomparsa di diversi migranti uccisi, o che si sono rivolti agli ospedali, cui sarebbero prelevati gli organi e venduti per i trapianti, compreso Moustapha, il maliano scomparso dopo un presunto ricovero, dapprima smentito, poi confermato con una fattura che indicava una cifra assurda», spiega. La versione ufficiale racconta che «il paziente era stato “mandato” a fare degli esami (con le ferite di 12 mini-pallottole e dopo un’emorragia consistente) ed era scappato dall’ospedale». «Due altri guineani sono scomparsi nel nulla – aggiunge – Diversi parenti hanno riferito di non aver potuto vedere i corpi dei loro congiunti deceduti all’ospedale. Si parla di cadaveri ritrovati senza gli organi». I migranti si nascondono in casa o per strada per sfuggire agli arresti nelle campagne di Sfax.
«Non si hanno più notizie di quelli saliti sugli autobus» conclude la volontaria. Sono i “deportati” nel deserto e lì abbandonati.