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 2025  aprile 16 Mercoledì calendario

Intervista a Enzo Paolo Turci

Enzo Paolo Turchi danza da quando a 8 anni entrò nella scuola di ballo del San Carlo di Napoli. Sono passati quasi 70 anni.
Il suo primo ricordo?
«Bello o brutto?».
Scelga lei.
«Cominciamo dal bello. Avevo 6 anni e consegnai un mazzo di fiori a una signora: era il mio primo lavoro, mi pagarono 50 lire».
Non era un po’ piccolo per lavorare?
«A 8 anni pulivo le bische e mi davanti 20 lire al giorno. Poi ho fatto il barista, anzi, il cameriere. Lì guadagnavo solo le mance, potevano lasciarmi 5 o 10 lire».
E il primo ricordo brutto?
«Avevo 4 anni, ero seduto sui gradini del mio palazzo, nei Quartieri Spagnoli di Napoli, di sera, al buio, e aspettavo che tornasse a casa mia madre. Spariva per giorni, non si era mai ripresa dalla morte di due sorelline nate prima di me, investite da un carro armato».
E suo padre?
«L’ho visto tre volte in tutto, la terza da morto».
Chi vi aiutava?
«A Natale un vicino allungava il filo per farci arrivare la luce. Una prostituta ci faceva la spesa con i soldi che le davano gli americani».
È mai tornato per ringraziarla?
«No. Dopo avere avuto successo non sono più riuscito a tornare in quella casa, ho quasi temuto che potesse risucchiarmi».
A 16 anni si diplomò in ballo e solfeggio. A 17 fu nominato primo ballerino. Ha il rimpianto di non essere diventato étoile, come Roberto Bolle?
«No. Ho lavorato in mezzo mondo, sono stato primo ballerino alla Fenice di Venezia con Carla Fracci e a Rio de Janeiro al Teatro Municipal... Bolle merita il successo, ma ha dalla sua i social. Ai miei tempi ci si conosceva solo nel proprio settore».
Nel 1971, grazie al Tuca Tuca, divenne famoso dondolandosi con Raffaella Carrà a «Canzonissima».
«La storia di quel ballo è stranota: eravamo a casa di Raffaella con Gianni Boncompagni e il maestro Franco Pisano. Doveva essere un ballo semplice da rifare in casa: Boncompagni lo chiamò Tocca Tocca; con Pisano, che era sardo, divenne Tuca Tuca».
Un ballo un po’ audace per la Rai di allora.
«Infatti, durante le prove, il direttore generale ci impose di farlo di profilo, in modo che il pubblico vedesse che in realtà non toccavo davvero Raffaella. Autorizzò, inoltre, una sola esibizione. Però la settimana dopo Alberto Sordi, che era stato invitato in trasmissione, rispose che sarebbe venuto solo se avesse potuto ballare il Tuca Tuca con la Carrà. Da lì esplose».
Ci fu mai una storia tra lei e la Carrà?
«Abbiamo condiviso momenti molto belli insieme, posso senz’altro definirla un’amicizia affettuosa».
Litigaste per Lola Falana.
«Io e Lola siamo stati insieme per un anno, e a lei questa cosa non andò a genio. Poi con Lola finì perché non volli trasferirmi in America. Quando ci lasciammo, Raffaella mi chiamò per partire con lei nel tour mondiale».
Disavventure insieme?
«Una volta a Bari avevano venduto più biglietti dei posti disponibili a teatro. Così, mentre arrivavamo a bordo della mia Citroën Pallas nuova di zecca che guidavo io, presero l’auto a calci e pugni, rovinando la carrozzeria. Lo spettacolo fu cancellato».
Era così anche all’estero?
«Sì. In Spagna ci invitarono a una festa di una località di mare che poteva essere come Rimini o Riccione. Io ero già sul palco e cercavo di intrattenere il pubblico, perché Raffaella non arrivava. Alla fine la vidi arrivare in sella a una Vespa, dietro a un vecchietto: il suo autista si era dovuto fermare per il traffico».
È stato amico di Nureyev.
«Mi scelse come controfigura in Giulietta e Romeo al San Carlo quando avevo 16 anni. Io dovevo fare il morto, ma anche così per me è stato come vincere l’Oscar».
Che ricordo ha di lui?
«Siamo rimasti amici negli anni: quando veniva a Roma passava sempre nella mia accademia di danza, e lo faceva in amicizia; gli altri insegnanti l’avrebbero pagato. Dopo, a cena, mi colpiva che ignorasse completamente le donne. Per dire: se nella nostra tavolata ce n’erano quattro, a loro non rivolgeva la parola».
Ha avuto allievi celebri.
«Luca Tommassini, Lorella Cuccarini, Marco Garofalo, Fabrizio Mainini, Pino Alosa...».
Ha lavorato per i grandi.
«In Spagna, all’inizio della carriera, Franco Estil mi chiamò per una coreografia su una canzone di Barry White, il Love’s Theme di C’è posta per te. Pensai che avremmo come base usato una registrazione e invece mi trovai lui al piano: mi tremavano le gambe».
E Frank Sinatra?
«Lui lo incontrai alla Rca a Roma. Doveva registrare un lp, ero lì in caso servisse un aiuto coreografico, c’era l’orchestra dal vivo. Lui arrivò alle 16, chiese subito di bere whisky, salutò i maestri e disse: cominciamo. Cantò di filato dalla prima all’ultima canzone, poi salutò e se ne andò. Tutto in un’ora. Noi eravamo sconvolti! Impiegavamo 4 giorni per una sola canzone».
Con chi avrebbe voluto lavorare, e non le è riuscito?
«Avrei fatto volentieri delle cose con Fiorello. Però lui ha scelto un mio figlio artistico pieno di talento, Tommassini, e sono felice lo stesso».
Con chi le è rimasto il desiderio di fare qualcosa?
«Sarebbe bello fare delle cose ad Amici, con Maria De Filippi. Penso di avere ancora qualcosa da insegnare».
Ha lavorato per anni a Mediaset. Com’era Berlusconi?
«Ho provato tanta ammirazione per lui, prima, e adesso per il figlio: era una persona che vedeva le cose prima degli altri. Generosissimo, quando io e Carmen ci sposammo ci prestò l’aereo privato per far arrivare a Bari i miei ospiti».
Cosa vi regalò?
«Un biliardo antico di fine ‘800».
L’ha appena citata: parliamo di Carmen Russo, sua moglie.
«Ci conosciamo da 45 anni, mi ha salvato la vita. È stata ed è per me madre, compagna, sorella, tutto. Non riesco a immaginarmi senza di lei».
Avete una figlia, Maria. Pure lei ha un talento artistico?
«Maria odia la danza, suona la batteria ed è capitana della squadra di calcio dei Due Ponti, dove è l’unica femmina! Le uniche volte in cui litigo con Carmen è per lei: la mamma dice che le concedo tutto. È vero, ma voglio darle quello che non ho avuto io».
A luglio compie 76 anni, Maria ne ha 12: la preoccupa il tempo che passa?
«Mi mette in crisi solo il pensiero di non poter esserci nei momenti importanti del suo futuro. Ed è la ragione per cui all’ultimo Grande Fratello mi sono voluto ritirare: all’improvviso ho avuto la sensazione netta di perdermi tempo prezioso con lei».
C’è da dire che non ha una grande resistenza nei reality: altre due volte abbandonò l’Isola dei Famosi.
«Nel 2005 fui operato d’urgenza per le emorroidi, sarei morto. La seconda volta, nel 2012, ero con Carmen, ed entrai in crisi quando mi sentii offeso e maltrattato da persone che non avevano un passato artistico. Regredii alla mia infanzia e non ressi lo stress».
Da piccolo è stato bullizzato?
«Beh, può immaginare. Uscivo di casa e avevo il coro che mi accompagnava, “ecco il f... che va a ballare”. Però in fondo li ringrazio: per me è stata come la sigla di un bellissimo programma».
Di quale delle cose fatte è più orgoglioso?
«Non è bello parlare di beneficenza, ma sono stato felice di aver potuto costruire un pozzo a Zanzibar, con Carmen. Eravamo in vacanza in un villaggio e tutti i turisti venivano a chiederci una foto ricordo. Allora abbiamo detto: va bene, ma dovete mettere i soldi in questo cappello. Io e mia moglie abbiamo aggiunto una importante somma e abbiamo fatto felici le persone del posto».
Se oggi potesse dire qualcosa al bambino di 4 anni che aspettava sui gradini il rientro della mamma?
«Gli direi: forza, ce la farai».  E qui si commuove.