corriere.it, 11 aprile 2025
Quando Djokovic giocò a tennis a Monza: «A 18 anni non poteva permettersi il ristorante, mangiava pane e formaggio»
Quattromila partite arbitrate da Wimbledon agli Australian Open, da Roma al Roland Garros. Una carriera di oltre 20 anni come arbitro internazionale e oggi direttore dell’Atkinsons Monza Challenger ATP in corso fino a domenica al circolo dove è di casa. Giorgio Tarantola, 56 anni, si racconta in un attimo di pausa: «Sono davvero orgoglioso di aver portato il grande tennis nella mia città, nel circolo che è da sempre una seconda casa».
La passione per il tennis la divide con quella dei libri: il bisnonno Battista aveva aperto una libreria a Monza al ponte dei leoni nel 1920, ma la prima licenza in famiglia è del 1859. Suo nonno Umberto ha fondato l’omonima libreria a Sesto San Giovanni di cui ancora si occupa. «A diciotto anni giocavo a tennis con ogni tempo —racconta – ma soprattutto leggevo di tutto e volevo conoscere bene il regolamento. Mi sono iscritto a un corso per arbitri, ma non pensavo certo di farne una professione». Invece a 23 anni si è trovato ad arbitrare a Milano per sostituire un collega bloccato a Dubai. «Erano gli anni di Lendl e McEnroe – ricorda —, l’arbitraggio andò molto bene. Atp mi ha fatto il primo contratto e ho iniziato a girare il mondo. Il primo grande torneo in Tasmania, poi tutti i più importanti». Nel 2008 ha deciso di fermarsi, ma ha iniziato a organizzare tornei a Lugano con Wawrinka e Federer, poi Genova. Entrambi vincitori del premio per la migliore organizzazione.
A Monza ricorda il periodo dal 2005 al 2012 quando il Circolo aveva già ospitato un torneo Atp seppur di livello inferiore. Del 2005 ha il ricordo nitido di un giovane diciottenne già fenomenale che varcava il portale neogotico a Monza. Il suo nome era Novak Djokovic. «Era accompagnato dai genitori – ricorda Tarantola – e un giorno la madre mi chiese dove fosse il supermercato più vicino per comprare pane e formaggio al figlio. Non potevano permettersi il pranzo al ristorante».
Ora guardando i campi si chiede chi sarà il prossimo grande campione: «Sono certo che Atp confermerà Monza anche nei prossimi anni e sarà un appuntamento fisso in calendario». La data per il Challenger al Villa Reale è arrivata solo tre mesi fa ed è stata una corsa contro il tempo: «Il comitato promotore mi ha detto di accettare. In pochissimo tempo abbiamo raccolto i fondi necessari e rivoluzionato il circolo. Siamo gli unici ad aver installato perfino l’occhio di falco». Se Monza è il torneo di casa, Wimbledon è nel cuore: «È unico, si respira la tradizione. Ricordo l’emozione di entrare da solo sul campo centrale. Amo molto anche l’Australian Open per il contesto in cui si inserisce e Roma per quei pini marittimi e le statue del campo centrale». Con un po’ di sano campanilismo si guarda intorno e dice che anche Monza, con il parco e la villa Reale a fare da sfondo alle tribune, è davvero un luogo incantevole.
Con alcuni dei big che ha arbitrato è rimasto in contatto come con Ivan Lendl che ha invitato a Monza a giocare a golf all’interno del parco. Chi sfiderebbe però a tennis? «Mi piacerebbe giocare con Henri Leconte – sorride —, era un grande creativo, mai un colpo prevedibile».