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 2025  aprile 10 Giovedì calendario

“Ogni anno 500mila casi di infezioni negli ospedali italiani e 12mila morti, situazione catastrofica”: l’allarme dei medici. Berrino: “Una delle soluzioni è dentro di noi”

Combattere le infezioni ospedaliere e l’antibioticoresistenza pensando a un nuovo modo di sanificare gli ambienti. Non solo, affrontando il fenomeno da una prospettiva che considera altre azioni che sono parte in causa. A partire da un’insufficiente formazione del personale sanitario, l’inquinamento continuo da microplastiche, fino alle scelte dei cibi che mangiamo. È stato questo il filo conduttore del primo Convegno Nazionale SAN-ITA dal titolo “ICA, AMR e il ruolo dell’Ambiente – Le sfide verso il 2050 per Sanità, Salute e Sanificazione”. Organizzato da COPMA, cooperativa che da oltre dieci anni investe in ricerca per offrire soluzioni efficaci – come il sistema PCHS – capaci di ridurre drasticamente la carica batterica e contribuire alla prevenzione delle infezioni collegate all’assistenza ospedaliera e dell’antimicrobico-resistenza.
Cifre impressionanti
Bastano pochi numeri per considerare l’enorme gravità di questa situazione. Per esempio, negli ospedali italiani, ogni anno si registrano circa 500mila casi di infezioni e 12mila morti per mancanza di antibiotici efficaci, un terzo del totale dei decessi per antibiotico-resistenza in Europa. Secondo i dati relativi al 2022-2023 del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie Ecdc, le infezioni ospedaliere (Infezioni correlate all’assistenza – ICA) nel nostro Paese colpiscono il 9,8% dei pazienti ricoverati, il secondo peggior risultato del continente dopo il Portogallo. Le ICA hanno un impatto enorme: 2,7 milioni di posti letto l’anno occupati e costi diretti sui 2,4 miliardi di euro. Tra i vari ospiti del convegno di Bologna, Walter Ricciardi, Professore Ordinario di Igiene e Direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Salute Pubblica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha denunciato con forza l’insufficienza delle misure adottate finora contro le infezioni correlate all’assistenza e l’antimicrobico-resistenza, definendo la situazione italiana catastrofica. Mentre Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, ha presentato una revisione sistematica sugli interventi più efficaci per prevenire le ICA, sottolineando che solo approcci che tendono conto di più cause in gioco, la sorveglianza continua, la formazione del personale e l’osservazione delle linee guida OMS possono garantire risultati concreti e sostenibili nel controllo delle infezioni in ambito sanitario.
Franco Berrino: “Una delle soluzioni è dentro di noi”
Ma l’abuso di antibiotici e la troppa, aggressiva igiene danneggiano alla lunga anche il microbiota intestinale. In particolare, “Il rischio di IBD (malattie infiammatorie croniche dell’intestino (in inglese IBD – Inflammatory Bowel Disease) aumenta linearmente con il numero di trattamenti antibiotici nei primi anni di vita, fino a quattro, cinque volte superiore in chi ha ricevuto quattro o cinque trattamenti – ha spiegato il dottor Franco Berrino, epidemiologo e già Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto Tumori di Milano –. E l’eccessiva igiene? “Si è visto in realtà che vivere in ambienti rurali o avere animali in casa riduce il rischio di ammalarsi. Il parto cesareo, che previene il contatto del nascituro con l’ambiente microbico del canale del parto della mamma, aumenta il rischio di IBD. L’allattamento al seno prolungato, invece, protegge, perché fornisce microbi buoni (in particolare i bifidobatteri) e nutrimento per i microbi buoni”.
Stili di vita errati
Ma ci sono anche altri aspetti del nostro stile di vita che influiscono sul nostro organismo e ci espongono a maggiori rischi, anche infettivi. “La vita sedentaria, che ostacola il buon funzionamento dell’intestino – sottolinea l’epidemiologo -; la scarsa variabilità della dieta occidentale, in particolare delle fibre vegetali, che sono il nutrimento dei batteri protettivi. Le fibre e l’acido butirrico che ne deriva proteggono la barriera intestinale (che impedisce il passaggio di microbi e sostanze nocive dal lume intestinale al sangue) e regolano l’attività del sistema immunitario. L’eccesso di carni e grassi saturi. Le proteine animali sono più ricche di zolfo delle vegetali e nella putrefazione intestinale generano idrogeno solforato (H2S), un gas molto tossico per la mucosa intestinale. E il consumo di zuccheri e bevande zuccherate.
I cibi da scegliere
“In sintesi, se non ci arricchiamo di microbi capaci di produrre acido butirrico, il principale nutrimento di quello strato di cellule che riveste la superficie interna dell’intestino – continua Berrino -, se li sterminiamo con gli antibiotici e se non diamo loro da mangiare il loro cibo, l’intestino si ammalerà e saremo più vulnerabili alle malattie e alle infezioni. Scegliamo quindi alimenti ricchi di fibre che sono anche ricchi di sostanze antinfiammatorie, i cereali integrali, la frutta e verdura. In particolare – conclude Berrino – rivalutare la vera e autentica Dieta mediterranea”.