Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  marzo 30 Domenica calendario

La regia di Napolitano dietro il flop della sfiducia al Cav e il declino di Fini

 Per gentile concessione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo un estratto del libro Quella meteora a destra. Fini contro Fini: il caso di Futuro e libertà al tempo di Giorgia, (Kimerik, 2024). Nel testo riportato di seguito, l’autore ripercorre il modus operandi dell’allora capo di Stato, Giorgio Napolitano, in occasione della mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi.presentata a fine 2010 dall’opposizione e votata anche dal partito dell’ex alleato Fini, allora presidente della Camera.


 
Fu Re Giorgio a suggerire la sfiducia all’ultimo governo Berlusconi contenuta in due mozioni, una del Pd e l’altra del Terzo polo? Forse no non esplicitamente; ma non escludo si sia espresso con i suoi interlocutori, soprattutto con Gianfranco Fini, facendo intendere quale fosse la via da seguire; di certo dimostrò consenso e vicinanza. O così fu percepito. [... ] Voglio essere chiaro: in politica non ha senso la categoria del tradimento; comunque non poteva lamentarlo, in quella circostanza, Silvio Berlusconi. A parte ogni altra considerazione su merito e demerito, va annotato che di rotture e abbandoni come quelli di Fini, il Cavaliere fu costretto, negli anni, a registrarne molti altri, alcuni tra i quali erano stati i più implacabili verso l’ormai prossimo fon datore di Fli e i più affettati verso il premier, durante l’ora fatale del «C-h·e fai mi cacci». (…)
Il primo capo dello Stato post-comunista interpretava in modo singolare le sue funzioni secondo il modello schmittiano, non esattamente progressista: il che spiega perché Napolitano sia stato così differente, così interventista così «potente» come nessun suo predecessore e il suo stesso successore, nell’esercizio di prerogative che riteneva amplissime, quasi senza limiti: fu un presidente «borderline»? Sì, molto e molto rischiosamente «borderline». (…) Partecipe in qualche modo all’iniziativa della sfiducia, Napolitano, in seguito preoccupato dall’ordito che aveva assentito (ormai abbastanza scoperto), concesse a Berlusconi il tempo per organizzarsi: tra Fini e Berlusconi scelse di aiutare il presidente del Consiglio con quello stratagemma del rinvio; facendo ben pesare sulla sponda del Pdl, di avere dato al premier la carta per salvarsi. E così fu: grazie a quell’indebito intervallo, l’operazione di recupero dei voti mancanti fu portata a compimento, con mezzi persuasivi e senza risparmi, da Denis Verdini; il quale si mise, uno per uno, sulle tracce e sui bisogni dei deputati finiani più ’’fragili”, oltre che su quelli di alcuni parlamentari “responsabili” dell’opposizione, mettendo in atto uno spregiudicato shopping: ricorse al «gli farò un’offerta che non potrà rifiutare», che Francis Ford Coppola mette in bocca a don Vito Corleone. Alcuni non rifiutarono e Denis salvò il premier. I fatti sono noti: la sfiducia fu così respinta per soli tre voti; per Fini e i suoi fu una cocente sconfitta. E, forse, ribadisco col senno di poi, fu meglio così, perché «Un successo eventuale della manovra contro il governo, non solo non avrebbe ridotto, ma avrebbe anzi acuito l’ostilità verso Fli di gran parte dell’elettorato di centrodestra: Fini sarebbe stato bollato una volta per tutte come il cavallo di Rroia che aveva riportato la sinistra al potere». l... ] Napolitano non mancò di «Coprirsi» con un apparente «precedente» che tale non era: riguardava la fine di un altro governo Berlusconi; il primo, nel 1994, quando al Quirinale c’era Oscar Luigi Scalfaro. E richiamò quel «precedente» posticcio per rinviare la discussione delle mozioni di sfiducia. Il motivo, ora sollevato dal Pdl, era quello di non stravolgere i lavori parlamentari, in modo da rispettare la scadenza «inderogabile» dell’approvazione della legge di bilancio; cosi «d’altronde ci si regolò analogamente nelle vicende di fine anno 1994», concordò con una nota ufficiale Napolitano. In realtà, nel 1994, la situazione era stata ben diversa: c’erano alcune forze politiche che chiedevano le dimissioni dell’esecutivo, dopo il clamoroso avviso di garanzia da parte della Procura di Milano a Berlusconi; ma non era stata presentata ancora alcuna mozione di sfiducia. [... ]
Tutt’altro tono e anche ben altra questione: imparagonabile con mozioni sottoscritte e depositate; Berlusconi, ormai privo di una maggioranza a causa dell’abbandono della Lega, nel 1994 si dimise dopo il varo della finanziaria, ma il «precedente» richiamato non era tale. Tanto è vero che alcuni anni dopo la vicenda del 2010, precisamente il 2 ottobre 2013, con Napolitano an~ cora sul Colle, il rinnovo della fiducia al governo Letta – che aveva mutato pelle con la nascita del Ncd di Alfano, in rottura con Berlusconi – non fu posposto all’approvazione della legge di stabilità; eppure il provvedimento va presentato annualmente dall’esecutivo entro il 15 ottobre in Parlamento e ancor prima a Bruxelles. Inoltre, la condizione econo1nica e sociale dell’Italia era ancora più grave di tre anni prima se, come si disse, il governatore della Bee Mario Draghi (lo ricordo a suo merito) intervenne su un’agenzia di rating per impedire il drammatico declassamento dei titoli italiani. La verità è che stavolta il presidente aveva fretta di legittimare Enrico Letta e la fuga di Alfano dal Pdl: usava principi e regole a convenienza. Ebbi personalmente occasione, un po’ di tempo dopo il fatto di dichiarare pubblicamente questa mia tesi critica con Napolitano. E accadde che a una delegazione del Terzo polo convenuta al Quirinale, stupita e quasi divertita, il capo dello Stato si presentasse con il take di un’agenzia di stampa, sottolineato in rosso e blu dalla matita del presidente: Napolitano era molto arrabbiato, per la mia garbata, ma precisa, («contestazione» sulla questione del rinvio. li che per me fu una conferma definitiva: con collaudata astuzia Re Giorgio aveva rifilato quella tesi ingannevole a Fini, il quale disapprovò quella mia uscita critica col Quirinale. E di lì a non molto «l’ultimo comunista» avrebbe riservato lo stesso trattamento a Berlusconi. [... ] Eppure Fini, nel suo libro, dedica a Ciampi solo un cenno, e inspiegabilmente gli preferisce Napolitano, oggetto di un apprezzamento esagerato e immotivato. In ordine alla sfiducia, scrive inoltre Fini che «non è vero che sia stato Napolitano a fissare la data. Egli convocò ufficialmente i presidenti delle Camere e chiese al presidente del Senato, dove era in discussione, quanto tempo sarebbe stato necessario per l’approvazione della legge di stabilità... Il presidente Schifani rispose senza esitazione che il Senato avrebbe impiegato non meno di tre settimane per approvare l’importante adempimento finanziario». E possibile che Fini non avesse capito che di fatto fu Berlusconi, per il tramite di Schifani, a decidere il rinvio della sfiducia? E che Napolitano era già d’accordo? [... ] Così.in quella sede Napolitano, con  la scusa della finanziaria, concesse al Cavaliere il rinvio di un mese. Secondo me il presidente della Repubblica [... ] ]non se la sentì di mettersi contro sia il suo «vice» sia il premier e determinò il rinvio della sfiducia. [... ] Chi può credere che un uomo con l’esperienza parlamentare del capo dello Stato, che era stato anche presidente della Camera, non avesse previsto come sarebbe andata rinviando il voto sulla sfiducia di un mese? Un mese in politica è un’eternità. E Napolitano lo sapeva bene.  
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859905 -1073732485 9 0 511 0;}@font-face {font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; panose-1:2 2 6 3 5 4 5 2 3 4; mso-font-alt:"Times New Roman”; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859921 -1073711039 9 0 511 0;}@font-face {font-family:"Ü_˘¯oò4502738_Ô027AA“F”; panose-1:2 11 6 4 2 2 2 2 2 4; mso-font-alt:Calibri; mso-font-charset:77; mso-generic-font-family:auto; mso-font-pitch:auto; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:30.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman”,serif; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:30.0pt; mso-ansi-font-size:30.0pt; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; mso-fareast-language:EN-US;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}