Corriere della Sera, 4 aprile 2025
Corsa contro il tempo per i bimbi rapiti dai russi «Molti non torneranno»
Il ritorno nelle ultime ore alle loro famiglie di 11 bambini ucraini sequestrati dai soldati russi nelle zone occupate nel 2022 ripropone la questione delle brutalità commesse dal regime di Mosca contro le popolazioni civili. «L’invasione russa dell’Ucraina include la campagna sistematica dello spostamento forzato di minorenni mirato a rieducarli, disconnetterli completamente dalle loro radici ucraine, tagliarli fuori dalle loro famiglie, dalla lingua natale, dalle tradizioni, per farne tanti soldati indottrinati in nome del patriottismo russo», si legge in un lungo rapporto reso noto il 17 marzo dalla School of Medicine dell’università di Yale. Il documento era parte del programma di monitoraggio delle violazioni russe nelle regioni ucraine occupate sin dal 2014 condotto dalle associazioni umanitarie statunitensi, che è appena stato bloccato per scelta esplicita del presidente Trump nel contesto del taglio radicale delle spese governative.
Larga parte di quelle ricerche sono adesso condivise dalle organizzazioni ucraine, che le rilanciano aggravate dalle testimonianze dirette delle vittime. «I soldati russi rapiscono gli orfani, cercano i figli delle famiglie disagiate, i bambini più fragili. Capita che convincano le madri sole e con pochi mezzi ad affidare i loro figli alle autorità d’occupazione, che ricorrono al pretesto di organizzare le vacanze estive per le scuole in colonia sulla spiagge della Crimea. Poi però quei bambini non fanno più ritorno», ci raccontavano gli anni scorsi i profughi che riuscivano ancora ad abbandonare il territorio russo per raggiungevano i centri raccolta ucraini a Zaporizhzhia e Kharkiv. Il problema è noto e va comunque valutato con attenzione. Un classico della propaganda di guerra, in ogni conflitto, è infatti proprio quello dei bambini rapiti, abusati, indottrinati dal nemico.
Ma i numeri forniti dagli ucraini sono coerenti ormai da parecchio tempo e confermano le voci dal campo. Secondo la sociologa Kateryna Rashevska, del Centro Regionale per i Diritti Umani a Kiev, sono stati identificati ad oggi 19.546 bambini di età compresa tra i pochi mesi e 17 anni rapiti nelle zone occupate e deportati in Russia. Tra questi 1.243 sono poi stati rimpatriati dopo lunghe ricerche e immense difficoltà, cui si aggiungono gli 11 delle ultime ore. «Quelli più difficili da recuperare si trovano nei cosiddetti campi di rieducazione, organizzati dal governo di Mosca con l’obbiettivo specifico di russificarli», ci ha detto la sociologa il 28 marzo durante una conferenza stampa al Media Center di Kiev.
Il dato più sconcertante si riferisce alla politica di metodica e coerente ingegneria sociale ordita dalla Nomenklatura che fa capo a Vladimir Putin per trasformare i piccoli ucraini in volenterosi patrioti russi. Un’operazione che ricorda da vicino i grandi piani di sovietizzazione propagandati da Stalin negli anni Trenta, o i programmi di costruzione dell’«uomo nuovo» fascista e nazista voluti rispettivamente da Mussolini e Hitler. Secondo il Centro Almeda per l’Educazione Civica di Kiev, al momento vivono oltre un milione e 600mila minorenni nelle zone occupate dai russi a partire dal 2014 e che includono la penisola di Crimea, gran parte del Donbass, quasi il 90 per cento della regione di Zaporizhzhia, la regione di Kherson a est del fiume Dnipro e tutta la costa del Mare di Azov sino a Mariupol.
A detta della direttrice del Centro, Mariina Sulianina: «Questi bambini rappresentano circa il 16 per cento degli scolari ucraini, ma sono soggetti a programmi di intensa russificazione militante, che includono corsi per l’utilizzo di armi da guerra, di guida dei droni da combattimento e lezioni di dottrina della tradizione russa. A loro viene insegnato che il nazionalismo ucraino è il male assoluto paragonabile al nazismo». L’educatrice Valentina Potapova specifica che i più difficili da riportare all’identità originaria sono i 500.000 giovani della Crimea e 200.000 delle province di Lugansk e Donetsk, sotto occupazione ormai da 11 anni. Gli altri 900.000 residenti nelle zone occupate tre anni fa sono invece relativamente più facili da raggiungere. Ma anche per loro ogni giorno che passa l’influenza di Mosca aumenta. L’anno scorso oltre 65.000 seguivano da remoto i programmi scolastici ucraini diffusi via web dal ministero dell’Educazione di Kiev, oggi sono scesi a meno di 45.000 e il numero diminuisce di mese in mese.