Il Messaggero, 29 marzo 2025
La verità su Francis Scott Fitzgerald: nel 1924 a Roma viene arrestato ubriaco e dà un pugno a un carabiniere
C’è una celebre scazzottata a Roma, in Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald, ritenuta autobiografica: il protagonista Dick Diver, alter ego dell’autore, litiga con il tassista per il prezzo della corsa, viene arrestato e, dopo avere dato un pugno a un agente alla centrale di polizia, finisce per essere pestato a sua volta. Ora Sara Antonelli, docente di letteratura anglo-americana all’Università Roma Tre, ha scoperto dopo tre anni di ricerche come sono andati veramente i fatti, e lo ha raccontato in una nuova biografia, Domani correremo più forte, che esce il 4 aprile per Feltrinelli.
LA RICERCA
«Avevo questa cosa che mi ronzava in testa da anni – ha detto l’autrice al New York Times – il fatto che in tutte le biografie continuassero a dire che ciò che si legge in Tenera è la notte è accaduto veramente. Ma io sono una critica letteraria, non è così che funzionano le cose». Nell’autunno del 1924, racconta Antonelli nel libro, Scott Fitzgerald ha 28 anni e decide di tornare a Roma con la moglie Zelda Sayre. Non è chiaro cosa lo spinga a farlo, perché spesso si esprimeva in maniera piuttosto dura nei confronti della capitale italiana. «So che non mi piacerebbe niente qui – scrive in Tenera è la notte – Mi piace la Francia, dove tutti pensano di essere Napoleone. Quaggiù invece tutti pensano di essere Cristo». In altri frangenti, era stato molto più duro. E spesso senza alcuna ragione, come quando criticò la casa di Keats, «un postaccio lugubre e soffocante». Il suo articolo sul tema costrinse il St. Paul Daily News ad aggiungere una nota per rettificare. Il romanzo di Henry James Roderick Hudson, ambientato a Roma, era piaciuto molto a Zelda, e questo potrebbe averlo spinto a voler emulare l’autore di Daisy Miller. Fatto sta che la coppia parte in macchina e, dopo varie soste a Genova, Pisa, “Aretzo” e “Orivetto” (sic), si stabilsce all’Hotel Quirinale, in via Nazionale. L’idea è di cercare con comodo una casa in affitto, ma l’imminente Anno Santo rende tutto più difficile.
IN CENTRO
Poi, «nella notte tra domenica 30 novembre e il 1° dicembre, un certo “Scott Fitgerat” viene fermato in centro dai carabinieri», scrive Antonelli. A documentare l’accaduto, l’autrice esibisce alcune carte trovate dell’Archivio Centrale dello Stato, in un fascicolo che contiene reati e misfatti avvenuti a Roma e provincia. La notte del 1° dicembre, alle 4 di mattina, hanno fermato Scott Fitzgerald e l’hanno condotto alla caserma dei carabinieri di piazza S. Lorenzo in Lucina. «Essendo alquanto brillo – si legge in un rapporto del 4 dicembre – pretendeva di rientrare nel Caffè Imperiale Corso (in via Borgognona, ndr) dopo che l’esercizio era stato già chiuso. Nella caserma suddetta, lo Scott incominciò a dare in escandescenza per cui i militari di servizio credettero opportuno di mettergli i ferri». Il caso sembra chiuso, “Fitgerat” si calma e assicura che si recherà in albergo. Così, viene rimesso in libertà. «Egli però, prima di andare via, col pretesto di voler salutare l’appuntato Ruffo, che lo aveva fatto ammanettare, riuscì ad avvicinare il detto graduato e lo colpì con un forte pugno alla regione nasale producendogli lesioni giudicate l’indomani guaribili in giorno 25 s.c. (salvo complicazioni)». Dopo questa aggressione improvvisa, «intervennero i militari e una guardia notturna presente, i quali, dopo viva colluttazione, lo ridussero all’impotenza rinchiudendolo in camera di sicurezza».
ASSISTENZA
In suo favore interviene subito la moglie Zelda, che chiede «l’immediata assistenza del consolato generale a favore di suo marito», come si legge in un memorandum firmato da Vincenzo de Masellis, un avocato italiano che lavorava per il Consolato Usa a Roma. Il funzionario compie varie ricerche, al commissariato di polizia di via delle Carrozze 82, telefonando a vari uffici e ospedali. Poi chiede notizie a Epifanio Pennetta, uno dei due commissari di polizia giudiziaria. Sta per andarsene, senza avere raccolto alcuna informazione. Ma a questo punto, «come in un romanzo», scrive Antonelli, «un collega entrò per informare il cav. Pennetta che il gentiluomo di cui aveva chiesto notizie era stato appena condotto alla sua presenza per un interrogatorio preliminare». L’intervento americano si rivela efficace, perché viene prontamente ricostruita la vicenda e, soprattutto, viene posta la sordina su quanto avvenuto. Il memorandum infatti termina con «un trionfo di convenevoli»: «Il cav. Pennetta mi ha chiesto di porgere i suoi omaggi a Mr. Dominian (il console, ndr) e di comunicargli tutto il suo rincrescimento per l’accaduto. Mi ha assicurato che darà immediate disposizioni per avviare un’indagine che identifichi le persone che hanno trattato così male questo signore, affinché vengano punite come meritano». Nessuna parola sul carabiniere colpito da Fitzgerald, l’appuntato Ruffo che aveva subito lesioni guaribili in 25 giorni, quindi non proprio lievissime. E nessuno ritorna sull’accusa mossa dallo scrittore, di essere stato picchiato mentre era ammanettato. Chiuso il caso, contenti tutti.
I GIORNALI
Nelle ricerche sui giornali di quei giorni non si trova traccia dell’accaduto, che viene così cancellato dalla storia. Giornalisti e forze dell’ordine avevano infatti ben altri problemi: la caccia al cosiddetto “mostro di Roma”, lo stupratore e omicida di almeno sette bambine. Proprio in quei giorni, il 24 novembre 1924, viene rapita mentre giocava con delle amiche nel colonnato di piazza San Pietro la piccola Rosina Pelli. Due giorni dopo, Il Messaggero dà la notizia del ritrovamento del suo corpo senza vita, ai piedi di Monte Mario. Per la sua morte fu accusato un innocente, Gino Girolimoni. Ma questa è un’altra, tristissima storia.