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 2025  marzo 22 Sabato calendario

L’evoluzione delle armi letali. Droni a fibra ottica re dei cieli

Da quando sono apparsi sulla linea del fronte hanno cambiato di nuovo le regole d’ingaggio per i soldati. Al momento non ci sono dispositivi in grado di bloccarli e ogni spostamento lungo le strade a ridosso della zona dei combattimenti è diventato una roulette russa. Sono i droni a fibra ottica, il cui impiego massiccio da parte dei soldati di Mosca si è rivelato devastante per la controparte. Nel Kursk e nel Donetsk meridionale hanno avuto un ruolo significativo nelle recenti avanzate russe, contribuendo non solo alla fase offensiva, ma agendo indisturbati dietro le linee ucraine e sulle vie utilizzate per portare rifornimenti al fronte. «Arrivavano anche a gruppi di due tre per volta su ognuno dei nostri mezzi» racconta Maksym, uno dei soldati scampati alla disastrosa ritirata del Kursk, «così il nemico è riuscito a distruggere decine di unità di equipaggiamento» e i relitti dei mezzi hanno «creato una congestione sulle vie di rifornimento».
I droni a fibra ottica sono uguali in tutto a quelli impiegati negli scorsi anni di guerra: si tratta di velivoli pilotati da remoto di varia grandezza ed equipaggiati con cariche esplosive diverse a seconda della potenza. L’innovazione, che per certi versi è in realtà un’involuzione, introdotta in via sperimentale alla fine della scorsa estate e poi replicata in serie, è stata quella di aggiungere una bobina di cavo sottilissimo di fibra ottica che collega il drone al pilota a terra. Un rocchetto simile a quello dei fili di rame che compongono i cavi elettrici. Resistentissimo alla trazione, spezzarlo a mani nude è impossibile e si rischia di farsi tagli profondi come con le lenze da pesca, ma se piegato si spezza con un piccolo «tac». Grazie a delle bobine di centinaia di metri montate sul corpo del velivolo, i piloti ora possono fare a meno dei radiocomandi.
I vantaggi sono molteplici: la qualità delle immagini raccolte è più alta e si possono registrare i video direttamente sul terminale da remoto, senza correre il rischio di perdere tutta la ricognizione se il drone viene abbattuto. Il segnale è molto più stabile e si riesce a colpire oggetti e individui con una precisione ancora maggiore. Inoltre, ed è questa la caratteristica che li ha resi letali, essendo collegati al pilota dal cavo non sono soggetti alle onde di interferenza e, sostanzialmente, non possono essere bloccati dai nemici. I droni ordinari, infatti, funzionano grazie a un radio-comando che invia e riceve onde dal dispositivo in volo sia per le ricognizioni (droni-spia) sia per gli attacchi (droni kamikaze,mavic, Fpv). Con il trascorrere dei mesi e l’aumento vertiginoso del numero di droni utilizzati nell’area del fronte, entrambi gli eserciti hanno avuto necessità di correre ai ripari e sono stati sviluppati dei dispositivi chiamati «Reb».
Sono delle piccole antenne racchiuse in una campana protettiva che inviano costantemente un segnale radio in grado di disturbare (Jam dicono al fronte, con un prestito dalla lingua inglese) le frequenze utilizzate dal dronista per pilotare il velivolo. Il risultato è che dove ci sono i reb in funzione i droni non si avvicinano. Esistono diversi tipi di reb, che hanno un raggio variabile dai 50 metri a 1 km, a seconda del costo. Alcune unità hanno organizzato addirittura delle collette per acquistare i modelli base e potersi permettere degli spostamenti in sicurezza durante le missioni. Alla fine dello scorso anno era difficile vedere uno dei mezzi corazzati forniti dagli alleati occidentali di Kiev senza due o più reb, anche perché il rischio è quello di perdere un mezzo da milioni di euro a causa di un drone che ne costa poche migliaia.
Per aggirare questo problema gli ingegneri russi hanno aggiunto i cavi a fibra ottica. Con una spesa minima, secondo gli ucraini agevolata dalle triangolazioni con aziende cinesi che producono le bobine al chilometro, il drone diventa inarrestabile perché l’unico modo per bloccarlo sarebbe recidere il cavo. Ne consegue che a distanze fino a 2 km si è totalmente in balia del nemico, il quale controlla le arterie strategiche giorno e notte per mezzo di questi velivoli. E la cosa ancor più peculiare è che per provare a difendersi laddove le distanze non sono eccessive, le unità hanno posizionato delle reti simili a quelle per proteggere gli alberi da frutta dagli uccelli tra un palo della luce e l’altro.
Anche gli ucraini hanno iniziato a usarli, ma al momento sono nettamente indietro rispetto ai russi. Diversi analisti, infatti, concordano che fino alla comparsa dei droni a fibra ottica la sfida nei cieli era stata vinta dagli uomini di Kiev. I quali, oltre a ricevere ingenti forniture dall’estero sono riusciti a creare una filiera industriale nazionale efficientissima in poco tempo. Zelens’kyj spesso ripete gli obiettivi di produzione – «un milione di droni l’anno» e ora si parla addirittura di un milione e mezzo – come se fossero battaglie vinte sul campo. Tuttavia, dallo scorso autunno, la situazione è almeno in pareggio, se non addirittura sbilanciata a favore dei russi.
Come per tutti i nuovi sistemi d’arma, a un certo punto si escogiterà qualche tipo di contromisura che permetta di neutralizzare questi giocattoli letali, ma non siamo ancora vicini a quel momento. Per ora restano i video delle picchiate verso i mezzi corazzati lanciati a tutta velocità sulle strade dissestate. A volte, il drone riesce a prendere alle spalle i veicoli e si trova davanti la porticina aperta dalla quale si vedono le facce dei soldati. Sui canali Telegram quei fotogrammi sono il pretesto per un tripudio di commenti euforici e di insulti al nemico, per quei militari è la morte che si perfeziona sempre di più per portarseli via.
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