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 2025  marzo 14 Venerdì calendario

Omicidio Marzia Capezzuti, il racconto dell’orrore al processo: «Costretta a bere pipì e le spegnevano le sigarette sulla pelle»

È un racconto dell’orrore quello che i giudici della Corte d’Assise di Salerno hanno ascoltato nell’udienza del processo a carico di Maria Barbara Vacchiano e Damiano Noschese per la morte di Marzia Capezzuti, la ragazza milanese per tre anni segregata e seviziata a Pontecagnano – in provincia di Salerno – dalla famiglia del suo ex fidanzato che avrebbe dovuto accoglierla. In aula parla l’avvocato Stefania De Martino, addetta allo sportello antiviolenza di Pontecagnano, la prima a denunciare a inizio 2021 che quella ragazza era in pericolo, torturata dai suoi aguzzini.
«Dormiva e mangiava a terra – ha raccontato De Martino – tutti erano violenti con lei in quella casa. E le spegnevano le sigarette sulla pelle. Barbara le urinava addosso. Marzia era costretta a bere la pipì». L’addetta dello sportello anti-violenza, come anticipato dal Mattino, ha rivelato molti particolari agghiaccianti di quegli anni di sofferenza per la 29enne milanese, uccisa nel marzo del 2022. «La richiudevano in uno sgabuzzino – continua nel racconto – la massacravano di botte ed era fisicamente distrutta. Ho avvisato più volte i carabinieri e i servizi sociali». Così come aveva denunciato, sempre ascoltato in aula ieri, Giuseppe Liguori. Che ha raccontato di aver saputo delle sevizie da una coppia alla quale lui consegnava abitualmente dei pacchi alimentari.
La vita di Marzia, che è stata anche al centro di diverse puntate di «Chi l’ha visto», non è stata mai facile. I genitori si sono separati poco dopo la sua nascita e lei ha vissuto per diverso tempo in una casa famiglia. A Pontecagnano arriva nel 2017. La giovane milanese si trasferisce perché innamorata del fratello di Maria Barbara Vacchiano, Alessandro, conosciuto sui social tre anni prima. Ma lui muore due anni dopo: il suo cadavere viene ritrovato vicino piazza Garibaldi, a Napoli. È deceduto per una overdose.
Ma la 29enne milanese non torna a casa. Resta a vivere con la sorella e il marito del suo fidanzato. Probabilmente interessati anche alla pensione di invalidità che Marzia percepisce, perché riconosciuta invalida per «un ritardo mentale di media gravità». Ma è anche l’inizio di un calvario che la porterà alla morte. «L’amm affugat», l’abbiamo affogata – traduzione letterale dal dialetto che equivale a confermare che era stata strangolata – aveva detto alla sorella in un video su Instagram il figlio all’epoca 15enne di Barbara Vacchiano e Damiano Noschese. Che ora sta scontando la condanna a 16 anni di carcere in attesa di sapere anche la sorte giudiziaria dei suoi genitori.