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 2025  marzo 11 Martedì calendario

Bannon e Musk, rissa continua (mentre Trump resta a guardare): «Parla, ma non fa nulla», «Dice di essere un nazionalista? Lo dimostri»

Più volte Steve Bannon ci ha detto nei mesi scorsi che nessuno nell’amministrazione Trump gli ha chiesto di essere meno duro nei confronti di Elon Musk, che a gennaio aveva definito «una persona davvero malvagia» e che punta solo a fare soldi in questa intervista con il Corriere. Ciò suggerisce che Trump, pur vedendo in Musk un alleato formidabile, usi gli attacchi contro di lui per tenerlo al suo posto e dare lui la colpa di eventuali errori. «Abbiamo bisogno dello scalpello, non dell’accetta», ha scritto il presidente sul suo social Truth dopo alcune proteste contro i tagli di Musk.
Secondo il New York Times, a metà febbraio sarebbe stato chiesto a Bannon di allentare i suoi attacchi perché Trump «ha chiarito che vuole tenere entrambi e i loro alleati all’interno del suo movimento». Ma Bannon fino a fine febbraio – durante la conferenza dei conservatori Cpac a Washington – sosteneva che questo non era vero. Le rivelazioni sugli scontri interni al gabinetto di governo (tra Musk e in particolare il segretario di Stato Marco Rubio) non sono sfuggite a Bannon, l’ex stratega di Trump nel 2016 che ora conduce il programma «War Room», in onda online su Real America’s Voice, seguito dal presidente e da molti suoi alleati.
Il New York Times afferma anche che il presidente vuole che Bannon e Musk si incontrino e discutano in privato delle loro divergenza. Quando il Corriere ha chiesto a Bannon durante il Cpac se avesse parlato con Musk, l’ex stratega ha dichiarato solo: «Non dico con chi parlo».
Secondo il New York Times l’incontro non sarebbe ancora avvenuto e non è chiaro se avverrà. È comunque un segnale della forza di Bannon all’interno del movimento Maga, nonostante non occupi un posto nell’amministrazione. Al sondaggio finale del Cpac, Bannon è arrivato al secondo posto come potenziale candidato alla presidenza nel 2028 (anche se distanziato dal vicepresidente J.D Vance che ha avuto il 61% delle preferenze), nonostante – parlando con noi subito dopo – abbia dichiarato che «è solo la prova che la gente vuole una voce populista». Ma alla stessa conferenza, anche Musk (che non può diventare presidente degli Stati Uniti perché è nato in Sudafrica) è stato un protagonista innegabile, apparendo sul palco con una motosega donatagli dal leader argentino Javier Milei.
Bannon, che ha parlato dopo di lui, ha ironizzato: «Che cosa ho fatto per parlare dopo Elon!» e lo ha elogiato definendolo «Superman», ma ha anche affermato che nei libri di Storia nessuno dei due verrà ricordato (ma solo Trump e il movimento Make America Great Again). Entrambi hanno ricevuto un’accoglienza calorosissima dal pubblico.
Musk, secondo persone a lui vicine, sarebbe stato a volte irritato dagli attacchi di Bannon, ma ha smesso di affrontarlo pubblicamente come fece a Natale con esiti disastrosi per il miliardario secondo un sondaggio su X.
«Bannon parla molto, ma non fa granché», ha scritto l’uomo più ricco del mondo su X, il suo social media, lo scorso mese. Trump ha continuato a elogiare Musk e il suo lavoro nel cosiddetto Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge), ma allo stesso tempo nei giorni scorsi lo ha un po’ ridimensionato chiarendo che le scelte sui tagli al personale spettano in fin dei conti ai capi dei singoli dipartimenti. Da allora Rubio ha sostenuto e difeso Musk su X.
Ci sono differenze sostanziali tra Musk e Bannon, in particolare sull’immigrazione (i visti H1B scatenarono il loro primo conflitto aperto). Anche sulla Repubblica popolare cinese, c’è una potenziale distanza: Bannon afferma che il Partito comunista cinese è una gravissima minaccia in politica estera, mentre non è chiaro cosa ne pensi Musk (e alcuni dei seguaci dell’ex stratega trumpiano sospettano che il miliardario pensi agli interessi economici). Per Bannon, alla fine dei conti Musk è un globalista, non un nazionalista populista. Al New York Times, l’ex stratega di Trump ha detto che la distanza «è probabilmente insormontabile».
Bannon riconosce il potere di Musk in termini di denaro (l’assegno da 250 milioni di dollari che ha staccato per Trump in campagna elettorale) e di influenza tramite X (le definisce «due armi nucleari») e dice pure che gli piace l’approccio «choc e terrore» che il miliardario sta infliggendo all’amministrazione federale, incluso il Pentagono. Parlando con noi e con una giornalista americana a margine del Cpac, lo ha anche definito «una forza della natura» che, a differenza di Zuckerberg o altri ha «una grossa personalità». E ha aggiunto: «Giura di essere un nazionalista populista, voglio che lo dimostri». Poi ha suggerito che se potesse «trasformarlo in un nazionalista populista», allora «sarebbe una forza per il bene». Quando gli abbiamo chiesto se quindi voglia parlare con lui o convincerlo, però ha negato. «Voglio solo che veda che cos’è il nazionalismo populista».