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 2025  marzo 11 Martedì calendario

Amanda Sandrelli: «Io e Giovanni, il figlio di Gino Paoli, fratelli inseparabili. Ci siamo innamorati a prima vista a 8 anni»

«Sono cresciuta con Giovanni dagli 8 ai 13 anni, eravamo sempre appiccicati, dormivamo in due letti a castello, stavamo insieme da mattina a sera. Quando sei così legato a qualcuno negli anni della crescita, ne conosci a fondo il cuore. Lui conosceva il mio, io il suo», Amanda Sandrelli è scossa: come tutti, non si aspettava questa fine improvvisa per infarto. Dice: «Ho quattro fratelli, li amo tutti allo stesso modo e con ognuno ho un rapporto speciale, ma con Giò la cosa speciale era aver condiviso quei cinque anni, eravamo diversi ma complementari, io casinara, viva, aperta, lui timido, intelligentissimo, più bravo di me a scuola. Io ero una pippa in matematica, lui un genio, l’unico che riusciva a farmi capire qualcosa di numeri anche da grande».
Avevate tre mesi di differenza, figli di mamme diverse. Giovanni raccontava che un giorno, era il 1972, vostro padre gli disse «domani ti porto a conoscere tua sorella». E lui: «Non sono figlio unico?». Poi, da Milano, vennero in auto a Roma e, in una villa sulla Salaria, vide sulle scale una bambina bellissima. Quella bimba era lei e fu un colpo di fulmine. Lei come ricorda quel giorno?
«Iniziammo subito a parlare fitto fitto, innamorandoci l’uno dell’altro all’istante. Eravamo diversi, ma molto compatibili ed entrambi avevamo bisogno di un fratello o di una sorella. Io ne avevo appena avuto uno da mamma, ma era un neonato, invece, Giò era un coetaneo, una cosa forse unica al mondo. Stavamo in classe insieme, eravamo compagni di banco. Papà ci portava a scuola tenendoci per mano, Anna ci portava su un’auto sportiva, gialla, decappottabile: è stata un po’ la mia seconda mamma, la ricordo vivace, solare, con milioni di persone che la amavano. Lei e Giovanni mi hanno accolta in casa loro, sapevano solo che ero la figlia di Gino e questo è stato sufficiente per aprirmi le porte con affetto, in un momento che per me, piccola e lontana da casa, era molto difficile».
Che rapporto avete poi avuto lei e suo fratello?
«Sapere che lui c’era era una sicurezza, sapeva dire sempre una cosa bella al momento giusto. Era la persona più buona e generosa che abbia mai conosciuto. Aveva grandi talenti e capacità dal punto di vista musicale e della scrittura, ma era schivo, troppo buono, disinteressato alla competizione e per questo ha avuto meno di quanto avrebbe meritato. Mi dispiace questo, oltre alla sua fine ingiusta. Però, penso a mio padre e a sua madre, che hanno 90 e 87 anni: a quell’età, si è fragili e io ora devo tenere la barra diritta per loro».
Gira, in queste ore, una foto di vostro padre steso sulla sabbia e voi due piccoli seduti sulla sua schiena. Se la ricorda?
«Eravamo nella cala di Joncols in Spagna. Una vacanza bellissima. Papà era sub, lo accompagnavamo sempre in questi viaggi di immersioni in cui ci annoiavamo perché stavamo sempre a girare col canotto aspettando che riemergesse, ma quella volta il posto era selvaggio e potemmo rimanere in spiaggia con dei suoi amici simpaticissimi».
Altre immagini felici?
«La nostra prima vacanza di studio a Londra. Eravamo alloggiati in famiglie diverse, io ero disperata che Giovanni non fosse con me e lui aveva un host che gli preparava dei panini stupendi, mentre a me davano delle schifezze orrende che buttavo via. Allora, Giò mi portava parte dei suoi panini».
L’ultimo incontro?
«A fine gennaio: eravamo felici perché ci siamo detti che, a maggio, avremmo passato insieme qualche giorno, perché sarei stata a Milano in teatro. Mi faccia approfittare di questo spazio per ringraziare i tanti che gli hanno voluto bene e ci stanno testimoniando il loro affetto in queste ore. Se lo meritava tutto».