La Stampa, 11 marzo 2025
Insulti e vendette, l’America brutale
Si comincia dalle parole, come ammoniva George Orwell in 1984, il romanzo distopico per eccellenza. Nella realtà, però, magari non c’è neppure bisogno di un ministero della Verità per creare una Neolingua. Certe volte – come nel caso dell’amministrazione Trump – basta semplicemente chiedere la rimozione di certe parole, limitare o evitarne l’uso. Lo stanno già facendo e la denuncia viene dal New York Times che ha messo in piedi un pool di giornalisti per lavorare su quello che potremmo definire, sempre usando la fantasia orwelliana, il Nuovo Vocabolario Maga. Una lista stilata con l’intento di epurare tutto quello che puzza di «woke» e mandata sotto forma di raccomandazioni ai vari dipartimenti pubblici.
Si comincia così, vietando le parole. Non è un’illusione: proibire certe parole plasma anche il pensiero, sostituisce gli schemi mentali che stanno dietro a quelle parole. Le parole costruiscono la visione del mondo. Se una cosa non la puoi più nominare, in sostanza quella cosa sparisce, almeno nel linguaggio. E se sparisce nel linguaggio – questa l’idea alla base di ogni censura – allora sparisce anche dalla realtà. Benvenuti nel Grande Fratello Trumpiano, dove la più classica delle distopie contemporanee prende forma più velocemente di quanto fosse immaginabile.
Pensavamo che il divieto di usare il nome Enola Gay fosse una battuta. Non lo era. Niente «gay» nella neolingua trumpiana e se l’epurazione fosse questa, resteremmo nel campo del ridicolo. Invece la questione è molto più seria. Il Nyt ne sta raccogliendo a centinaia. Una prima sommaria lista di parole da evitare è già stata resa pubblica, grazie alle ricerche di un pool di giornalisti esperti nell’analisi dei dati sotto la guida di Karen Yourish, da vent’anni esperta di data journalism, approdata al Nyt nel 2013, dopo un decennio al Washington Post. E proprio nel team del Nyt nel 2021 ha vinto il Pulitzer nella sezione dedicata al Servizio Pubblico. Gli altri che firmano l’inchiesta sono Annie Daniel, Saurabh Datar, Isaac White e Lazaro Gamio. Raccolta di dati e segnalazioni che arrivano al giornale, quindi.
Epurare, proibire, censurare. I primi risultati sono agghiaccianti e parlano da soli. È vietato ogni riferimento all’inclusione e alla diversità e quindi è proibito usare parole come “accessibile”, “attivismo”, “onnicomprensivo”, “barriera”, “pregiudizio”, “di parte”, “prevenuto nei confronti di”, “disabilità”, “discriminato”, “discriminazione”, “discriminatorio”, “disparità”, “diverso”, “equo”, “equità”, “inclusione” e “inclusivo”, “minoranza”, “multiculturale”, “onnicomprensivo”, “sottorappresentazione”, “sottorappresentato”. Epurare ogni riferimento o declinazione di razza, che sia “diversità razziale”, “disuguaglianza razziale”, “giustizia razziale”, “segregazione”, “senso di appartenenza”, “razza ed etnia”, “antirazzismo”, “minoranza ispanica”, “nativi americani”, “identità”, “immigrati”. Vade retro, “femminismo”. Da cassare quindi parole ed espressioni come “donne”, “pari opportunità”, “uguaglianza”, “femminile”, “femminismo”, “promuovere l’inclusività”, “disparità di salute”, “equità sanitaria”. Eliminare riferimenti alla teoria di genere (“ideologia”, “identità”), “transgender”, “transessuale”, “omosessualità”, “LGBTQ”. Vietato usare termini come “biologicamente femminile” e “biologicamente maschio”, “discorsi d’odio”, “non binario” e riferimenti al sesso e alle preferenze sessuali. Nella nuova America i sessi sono solo due, immutabili. Diversità, equità e inclusione contrastano con la retorica del “merito”, perché l’ideologia Maga sostiene che iniziative in questo senso hanno avvantaggiato persone non qualificate o non meritevoli.
Sparisce ovviamente anche il Golfo del Messico (questo da includere, forse, nel nuovo mappamondo trumpiano, qualcosa di simile alla palla che Hitler/Charlie Chaplin fa roteare in aria ne Il Grande Dittatore). Qui si entra nel vivo del negazionismo trumpiano: evitare parole e concetti che attengano a “energia pulita”, “crisi climatica”, “scienza del clima”, “inquinamento”. Cancellati anche paragrafi interi che rimandino alla crisi e all’emergenza Covid. Cancellare queste parole cancellerà le centinaia di migliaia di morti? Ovviamente no, ma dà l’idea della modalità con cui gli ideologi Maga intendano rimodellare la realtà plasmandola secondo la loro visione del mondo.
Come spiegano gli autori dell’inchiesta, alcuni dei termini citati sono apparsi in memo governativi, nelle linee guida ufficiali e non delle agenzie federali e in altri documenti consultati dal Nyt. In alcuni casi si ordina la rimozione di queste parole dai siti web pubblici, in altri l’eliminazione di altri materiali, compresi i programmi scolastici. In altri casi si segnalano proposte di sovvenzioni o contratti che potrebbero essere in conflitto con gli ordini esecutivi firmati da Trump. In altri ancora ci sono state già vere e proprie cancellazioni dai siti e dai documenti ufficiali e testi emendati. Per adesso ne sono state identificate più di cinquemila, ma l’elenco è sottostimato e destinato a crescere.
Epurazione, cancellature e censura. I regimi cominciano dalle parole. Non solo quello che dicono o mostrano, ma quello che non dicono.